Trasformare un’ipotesi in qualcosa di realmente fattibile comporta un grande lavoro di ricerca che possa confortare le proprie sensazioni ovvero modificarle migliorandole. Nella stesura del mio 4° comandamento per un’Italia migliore mi è capitato di dovermi ricredere su alcuni concetti che trovano il radicamento nella mia vita lavorativa ma che, confrontati con la realtà, non hanno avuto un riscontro positivo. Se infatti la mia esperienza professionale mi portava a credere che una maggiore concentrazione potesse garantire un livello di efficienza superiore, i dati empirici mi hanno dimostrato che la realtà recita numeri differenti.

Sebbene il risultato di questa analisi continui a lasciarmi qualche dubbio, mi sono impegnato ad essere il più oggettivo possibile e quindi, in assenza di nuove informazioni, il 4° comandamento si trasforma in:

“accorpamento dei comuni con meno di 5.000 abitanti”

Per comprendere quale sia il perimetro dell’argomento trattato è necessario innanzitutto avere una fotografia chiara dell’attuale situazione iniziando dalla distribuzione demografica degli 8.047 comuni italiani (fonte ISTAT 2014).

Classi demografiche Numero Comuni Popolazione residente (Istat 2014)
v.a. % v.a. %
0 – 1.999 3.516 43,69 3.339.789 5,49
2.000 – 4.999 2.113 26,26 6.809.612 11,20
5.000 – 9.999 1.186 14,74 8.376.862 13,78
10.000 – 19.999 712 8,85 9.830.074 16,17
20.000 – 59.999 415 5,16 13.636.528 22,43
60.000 – 249.999 93 1,16 9.511.378 15,65
> 250.000 12 0,15 9.278.425 15,26
 Italia 8.047 100% 60.782.668 100%

Stabilendo il limite ai 5.000 abitanti l’iniziativa impatterà il 69,95% del totale dei comuni ma solo il 16,69% della popolazione.

La valutazione economica relativa ai possibili risparmi deve considerare 3 macro aree di spesa:

  1. Funzionamento
  2. Personale
  3. Costi della politica

Per chi volesse approfondire i dati che seguiranno consiglio di leggere lo studio fatto dal Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali dal Ministero degli Interni che è anche la fonte primaria dei numeri a supporto della mia tesi basati sul costi 2013

Funzionamento.

Iniziamo dai costi generali al netto del personale. Come si evince dalla tabella che mostra i costi complessivi dei comuni (oltre 81mld) e la relativa distribuzione pro capite, al netto delle spese di personale e del rimborso di prestiti, il picco più basso è individuato in corrispondenza delle fasce di abitanti comprese tra i 5.000 e i 10.000 abitanti.

1

Alla prima visione di questa curva, che può meglio essere apprezzata nel grafico seguente, sono sorti i miei dubbi sull’utilità di accorpare i comuni fino a 20.000 abitanti. Sebbene per me sia ancora incomprensibile, ma spero che qualcuno possa aiutarmi nella valutazione del fenomeno, come sia possibile una perdita di efficienza al crescita delle dimensioni, appare subito evidente che la massima ottimizzazione si otterrebbe garantendo dimensioni demografiche non inferiori ai 5.000 e non superiori ai 20.000.

2

Nello studio del dipartimento si procede quindi anche a valorizzare il risparmio ottenibile, attraverso una serie di calcoli che mi pare inutile riportare in questo documento, quantificabile in oltre 3,5mld annui. Lo studio si è anche preoccupato di valutare le possibili minori entrate tributarie, quantificate in quasi 1mld, che comunque lasciano un saldo positivo di oltre 2,5mld

Personale

Attraverso valutazioni simili lo studio analizza anche i benefici delle fusioni ottenibili da un miglior utilizzo del personale. In questo caso è però doveroso ricordare che i risparmi saranno solo teorici nell’immediato se non si procedesse ad una ricollocazione del personale in esubero oppure futuri bloccando le nuove assunzioni fino al termine del ciclo riorganizzativo. È comunque interessante osservare il grafico seguente in cui si nota come la curva che disegna il rapporto tra dipendenti ed abitanti abbia un andamento ancora più marcato di quella precedente raggiungendo il picco massimo nelle fasce di popolazione più ampie. Rimanendo il mio atroce dubbio su come questo sia possibile trovo l’unica risposta nell’incapacità, o forse più ancora nel disinteresse, manageriale della PA di curare il bene comune così come fanno per i propri.

3

Il risparmio possibile è valutato in questo caso in oltre 350mln.

Costi della politica

Attualmente i comuni con meno di 3.000 abitanti possono avere al massimo, oltre al Sindaco, 2 assessori e 10 consiglieri; per i comuni fino a 10.000 abitanti sono invece previsti 4 assessori e 12 consiglieri. Secondo i dati Ancitel 2014 parliamo quindi di oltre 5.600 Sindaci, 58.600 consiglieri e 13.500 assessori, quindi un esercito di oltra 70.000 persone i cui costi (oltre 300mln) oggi sono a carico di cittadini che probabilmente sarebbero felici di ridurre l’interminabile e sfibrante prelievo forzoso dalle loro tasche.

Appare chiaro che l’accorpamento dei comuni genererebbe quindi un significativo risparmio per i cittadini e probabilmente, grazie ad una concentrazione di competenze, gli effetti benefici si avrebbero anche in termini di qualità di funzionamento generale.  Purtroppo la millenaria e cieca difesa dell’identità storica blocca il cambiamento forse più ancora dell’ostinata tentazione politica di non ridurre la propria area d’influenza; i retaggi territoriali non tengono conto delle nuove necessità organizzative e di funzionamento che trovano fondamento in un contesto economico e sociale completamente differente rispetto a quello storico geografico e che comunque non sarebbero di ostacolo all’individuale senso d’appartenenza al proprio territorio.

Corrado Rabbia

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