Vicino più che mai l’accordo sul nucleare all’assemblea di Vienna tra Iran e e le sei potenze mondiali del 5+1 (Usa, Russia, Gb, Francia e Germania) dopo un anno e mezzo di contrattazioni tra le parti per trovare un accordo sul programma proposto da Tehran.

Che qualcosa si stesse muovendo lo si era intuito qualche giorno fa, quando dopo 2 settimane di intensi negoziati sono giunti a Vienna anche i ministri degli Esteri russo e cinese. Il segretario di Stato Americano John Kerry aveva espresso positività per la direzione che stavano prendendo le trattative.

Nelle prime ore della giornata grande ottimismo, dopo che il documento di 100 pagine, originariamente di 80, è passato al vaglio delle nazioni coinvolte in assemblea. Alcuni punti spigolosi sono stati smussati: ci sarà una sola centrale, quella di Natanz, con massimo 5mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, il trasferimento all’estero del plutonio prodotto dal reattore di Arak e “ispezioni frequenti e trasparenti” per garantire il rispetto degli accordi da parte di Teheran. Il tutto in cambio dell’immediato stop alle sanzioni nei confronti della Repubblica Islamica dell’Iran. C’è soddisfazione, lo conferma stamattina il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Zarif: “I negoziati non proseguiranno a lungo: dovremmo aver finito. Ci vorrà solo poco tempo ancora perchè abbiamo del lavoro da finire”, auspicando una chiusura dell’accordo però nelle giornate di lunedì o martedì, escludendo un’ulteriore estensione delle scadenze.

Dagli Stati Uniti però arriva la frenata all’ottimismo, con la dichiarazione di un alto funzionario di Stato, che ha espresso perplessità su una chiusura così rapida dell’accordo, richiamando alla calma e alla pazienza e rinviando a qualche settimana le firme. Non si è però in nessun modo esclusa la volontà politica di chiudere il contenzioso.

Più duro l’intervento di Israele con Netanyahu che già 3 giorni fa dichiarava: “L’accordo mette in pericolo la stessa pace mondiale”. Il leader israeliano ha supportato oggi a Vienna il suo pensiero mostrando un filmato del 1994 in cui il presidente Usa Bill Clinton annunciava di aver raggiunto un accordo che, a suo parere, garantiva che la Corea del Nord non avrebbe potuto in alcun caso dotarsi di armi nucleari e che eventuali nazioni dissidenti potevano vivere nella tranquillità. È storia che Pyongyang anni dopo avrebbe ripreso i propri test atomici.

Lo storico accordo sul nucleare iraniano è, nonostante tutto, in arrivo e sembra cancellare la possibilità che Teheran, nei prossimi dieci anni, possa costruire la bomba atomica. Un punto d’incontro che il Presidente Usa ha inseguito per anni e che è stato messo in cima all’agenda del governo americano. Se l’accordo arrivasse permetterebbe ai due Paesi di intavolare anche una cooperazione nella lotta allo Stato Islamico in Iraq, con il governo di Hassan Rouhani disposto a continuare a fornire combattenti e gli Usa che, pur non impegnando militari sul suolo iracheno, garantirebbero all’Iran maggiore protezione al confine con l’Iraq per bloccare l’avanzata di ISIS.

Vincenzo Palma

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