‘Rappare non è un delitto’

Con queste parole si apre la canzone ‘Los Borbones son unos ladrones’ [ndr ‘i Borbone sono dei ladri’], pubblicata una settimana fa da un gruppo di artisti hip hop spagnoli per protestare contro quella che è considerata la grave situazione della libertà di espressione in Spagna.

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le condanne nei confronti di rappers e artisti (addirittura due burattinai), accusati di apologia del terrorismo o del reato di ingiurie alla Corona. Le più recenti riguardano il rapper Valtónyc e l’artista Santiago Serra, la cui opera d’arte “Prigionieri politici nella Spagna contemporanea” è stata ritirata dall’esposizione alla Fiera dell’Arte Contemporanea di Madrid 2018.

Non solo, le condanne riguardano anche comuni cittadini, rei di aver twittato o postato su Facebook una battuta di troppo. In un rapporto pubblicato il 13 marzo 2018, Amnesty International riporta il caso, tra gli altri, di una studentessa di 22 anni condannata per apologia del terrorismo ad un anno di carcere, più sette anni di astensione dagli incarichi pubblici, per aver pubblicato una battuta sull’attacco terroristico che uccise Carrero Blanco, primo ministro in epoca franchista, portato a termine dall’ETA. L’imputata è stata poi assolta dalla Corte Suprema.

#NoCallaremos (dal nome del collettivo catalano No Callarem) e #BorbonesSonLadrones sono i due ‘trending topic’ di lunedí 9 aprile: al grido di ‘libertà di espressione’ più di 13 giovani artisti spagnoli e catalani hanno deciso di sfidare gli articoli 491 e 578 del Codice Penale e cantare il proprio disaccordo con le recenti condanne, giudicate un tentativo di reprimere il dissenso politico.

borbones_ladrones_spagna_censura_libertà_espressione_amnesty
[Kaos en la red]

“Lo schiaffo inaspettato di questo che vive a Torrejón (ndr Valtónyc), ha fatto arrossire la facciata e la corona di Borbone.
Vergognatevi, per dar spazio alla menzogna nelle leggi e punire con il carcere la verità.”

A pensarla così non sono solo i cittadini spagnoli.

In un altro rapporto, pubblicato nel gennaio 2017, Amnesty International esprime una certa preoccupazione per la situazione delle leggi anti-terrorismo in Europa. Negli ultimi tre anni, questo tipo di provvedimenti, che ha come obiettivo la sicurezza dei cittadini europei, si è rivelato spesso un bavaglio alla libertà di espressione dei cittadini.

Considerate “pericolosamente sproporzionate“, le leggi e gli emendamenti emanati a partire dal 2015 sono spesso discriminatori, scrive Amnesty International. Quanto più estesa questa tendenza, tanto più è preoccupante: il clima securitario e di auto-censura ci sta portando verso “il pericolo di creare società nelle quali la paura è la regola e la libertà è un’eccezione.

Nel caso della Spagna, gli emendamenti alla Ley de Seguridad Ciudadana (comunemente detta ‘legge bavaglio’), approvati con la maggioranza assoluta del Partito Popolare nel 2015, hanno reso sempre più difficile manifestare e riunirsi pacificamente, aumentando il potere della polizia. Da un lato è stato l’effetto domino degli attentati di Parigi, dall’altro l’inasprimento della situazione in Catalogna: sempre Amnesty International condanna l’uso eccessivo della forza durante le cariche della polizia del 1 ottobre e l’incarceramento preventivo di alcuni membri di partiti indipendentisti catalani, con la vaga accusa di ‘sedizione’.

La vaghezza delle leggi è proprio il cuore del problema. Cosa distingue la satira dall’apologia del terrorismo? L’ironia dalla diffamazione? Secondo molti giuristi è questa ambiguità a permettere l’uso politico del Codice Penale. Del resto, la maggior parte delle condanne per apologia del terrorismo fa riferimento a gruppi terroristici della Penisola Iberica non più in attività (Eta, Grapo), e quindi difficilmente possono intendersi come incitamento alla violenza o come reazione al terrorismo internazionale.

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[Kaos en la red]

“Lo Stato legittima l’erede di Franco”

La questione delle ingiurie alla Corona ci dà un’altra pista per capire la situazione spagnola. Oltre alla questione generale per cui  “La Spagna è l’emblema della preoccupante tendenza che vediamo in diversi stati europei, di limitare indebitamente la libertà di espressione col pretesto della sicurezza nazionale e togliere diritti con la scusa di difenderli”, con le parole di Eda Seyhan di AI, queste condanne sembrano nascondere un’altra questione.

Il problema dell’eredità storica del franchismo non è da sottovalutare. A meno di 50 anni dalla morte del generale Franco, sembra che la Spagna stia ancora lavorando per portare a termine il processo di democratizzazione. La ‘Transizione’, cioè il periodo immediatamente successivo alla caduta del franchismo, potrebbe non essere stata il successo che si sperava.

Ancora Amnesty denuncia la chiusura da parte delle autorità spagnole di decine di casi riguardanti crimini contro l’umanità avvenuti durante la Guerra Civile e il franchismo, dimostrando che le forze conservatrici del paese non sono pronte a fare chiarezza. La questione della monarchia, un altro punto caldo, considerato che il padre dell’attuale re, Juan Carlos I (che ha abdicato solo pochi anni fa), fu scelto personalmente da Franco. I repubblicani criticano inoltre l’impunità della famiglia reale, implicata recentemente in uno scandalo di corruzione (condannato a sei anni il cognato del re mentre è stata assolta l’Infanta Cristina).

“Né giudici, né fiscali, né Borbone. Questo è per la libertà d espressione, per tutti quei e quelle ‘rappers’ che stanno scrivendo la loro rabbia in una canzone.”

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[El Español]
Claudia Tatangelo

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