Murale realizzato ad Andria da Daniele Geniale per riflettere sulla tematica delle migrazioni. Foto: Tpi

Automobili, treni, aerei, navi: il nostro è un mondo fatto per spostarsi. Ci si muove, lo si è sempre fatto, fin dalle origini. Benché l’uomo abbia trovato, infine, una stabilità e sia diventato perlopiù sedentario, la necessità di spostarsi costituisce, ancora oggi, un nodo importante della sua vita. Ci si sposta per ragioni economiche, formative, sociali, spesso ci si sposta anche soltanto per riuscire a guardare il mondo da una prospettiva diversa e, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato a far fronte all’esigenza di mettere in valigia le cose essenziali, dare un bacio ai familiari e partire. Da questa concezione delle migrazioni umane nasce l’idea di realizzare un murale ad Andria, in Puglia. Il murale sorge sulla fiancata di un palazzo di periferia, nelle vicinanze della stazione degli autobus e raffigura il corpo di un giovane seduto su di una valigia, con uno zaino in spalla e uno smartphone in mano. Il giovane è raffigurato senza volto, quasi come a non volergli attribuire un’identità precisa. Accanto a lui appare un messaggio con su scritto «Ritornerai?». Per comprendere meglio il significato dell’opera, abbiamo intervistato Daniele Geniale, giovane artista pugliese che ha realizzato il murale e che da anni si occupa di visual art e street art.

Il murale “Ritornerai?”che hai realizzato ad Andria è diventato da subito l’emblema di una vasta categoria di persone, quelle che vanno via dal proprio paese d’origine per questioni di lavoro, di studio o di avventura, abbandonando gli affetti e i luoghi d’infanzia. Quando e come è nata l’idea di realizzare questo murale?

«L’idea è nata da un bando, pubblicato dalla Regione Puglia, che destina dei fondi ad alcuni progetti di street art finalizzati a riqualificare le periferie pugliesi. Il bando dava la possibilità di scegliere una fra le seguenti tematiche: l’accoglienza, la pace e le migrazioni di cittadini pugliesi all’interno dello Stivale italiano. Insieme con la mia associazione ho presentato il progetto di “Ritornerai?” al mio comune di appartenenza, Andria, ed è risultato uno dei dieci progetti vincitori del bando. Ho affrontato già in passato la tematica delle migrazioni e, questa volta, volevo soffermarmi sulle migrazioni compiute dagli abitanti della mia terra, la Puglia. Il motivo è semplice: ho cercato di parlare di qualcosa che conoscevo e che mi toccasse da vicino. Anche io mi sono ritrovato ad andare via da Andria, non tanto per mancanza di opportunità, quanto per la necessità di confrontarmi con un’altra realtà più grande, studiare, vivere e imparare a farcela da solo.»

Una valigia, un cellulare, un corpo di un ragazzo, volutamente rappresentato senza testa, per permettere a tutti di identificarsi in lui. È un dipinto essenziale, ma fortemente comunicativo. Cosa speri possa nascere dalla riflessione su un’opera d’arte come questa?

«Quando fai street art, hai il dovere di comunicare chiaramente allo spettatore quello che vuoi rappresentare. In questo caso, ho posto il murale in un luogo cruciale, molto vicino alla stazione degli autobus che ogni giorno partono e portano centinaia di persone in altre città, principalmente al Nord. Spero dunque che quest’opera possa portare le persone a riflettere sulla questione delle migrazioni. Quando ho ideato questo murale, il messaggio che volevo trasmettere non era necessariamente quello di vedere la migrazione come un distacco forzato dalle proprie radici, anche se, purtroppo, quella è una situazione che in molti vivono. Volevo, però, anche che la gente si fermasse a riflettere sulle opportunità che lo spostarsi ha da offrire. Innanzitutto è un’esperienza che fa crescere, ci pone davanti a nuove difficoltà, ma anche davanti a nuovi obiettivi. In secondo luogo, spostarci ci dà continuamente nuovi stimoli che ci arricchiscono come persone e penso che questo sia fondamentale. Il ragazzo senza volto è un simbolo di tutti quelli che migrano ed è anche il portavoce di una domanda che tutte le persone che sono partite almeno una volta nella vita si sono poste o si sono sentite porre: «Ritornerai?». Soprattutto qui al Sud, questa è una domanda fondamentale. Genitori, nonni, zii e amici te la pongono ogni volta che vai via e ad un certo punto è anche una domanda che poni a te stesso. Anche io me la sono posta ogni volta che sono partito: alla fine, sono ritornato. Ma è una scelta individuale.»

I dati parlano chiaro: soltanto nel 2017, le persone andate via dal Sud Italia sono state più di 130.000. Cosa si può fare affinché alla domanda «Ritornerai?» queste persone rispondano «»?

«La scelta di raffigurare il ragazzo senza un volto ha una motivazione precisa: volevo rendere il tutto più spersonalizzante possibile, per raccontare la questione dal punto di vista dei numeri. E i numeri sono proprio questi e sono dei numeri da tenere in considerazione. Dal punto di vista istituzionale occorrerebbe assolutamente bilanciare la distribuzione delle risorse tra un Nord Italia che cresce e viaggia a 2000km/h e un Sud Italia che arranca e che viaggia a 20km/h. Non voglio cadere nel solito stereotipo Nord/Sud, però credo ci sia la concezione diffusa di utilizzare il Sud Italia soltanto come bacino di manovalanza e “cervelli”. Mi auspico che un giorno qui al Sud ci siano le condizioni sufficienti affinché uno possa ritornare, ma a me piace anche pensare che non sempre la risposta giusta alla domanda “ritornerai?sia “sì. Mi piace che rimanga il dubbio: stare in bilico a volte è l’unico modo che abbiamo per evolverci, lavorare su noi stessi e non rimanere in stasi. Non c’è un lieto fine alla domanda ritornerai?, c’è piuttosto un mettersi in discussione. Ciò che mi interessa comunicare è appunto il concetto di movimento. Migrare implica necessariamente muoversi verso qualcosa, non restare fermi. Migrare vuol dire anche essere vivi

Anna Rita Orlando

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