Da un recente ricerca internazionale pubblicata su ‘’Proceedings of the National Academy of Sciences’’ è emerso il mondo animale sta subendo una drastica riduzione. Dal 1995 al 2015 il numero di specie che popolano il nostro pianeta si è dimezzato e ciò ha portato gli scienziati a parlare di ‘’sesta estinzione di massa’’.

Gli autori dello studio hanno potuto analizzare il fenomeno attraverso una mappatura degli areali, ossia le zone di diffusione di una determinata famiglia animale. Dopo un’attenta analisi di 27600 specie animali tipiche delle aree in questione è risultato che il 50% degli individui animali che un tempo popolavano il pianeta Terra ora non esistono più e che essi hanno subito una riduzione del loro areale di circa il 30% nel giro di 25 anni.

L’annichilimento biologico riguarda in particolar modo specie molto conosciute come ad esempio ghepardo, elefante, leone africano, rinoceronte nero, orangotango, i pipistrelli dell’Isola di Natale e il pinguino imperatore. Gli animali in questione sono considerati in pericolo, ma dai dati emerge che anche le specie a basso rischio non se la passano bene: il 40% dei mammiferi, stando alla ricerca, avrebbe perso l’80% del proprio areale.

L’area che maggiormente ha subito le conseguenze di questo triste fenomeno è il Sudest asiatico, in particolar modo Tailandia e Birmania. A causa di deforestazione, bracconaggio e coltivazione di alberi per produrre olio di palma le tigri indocinesi e gli orangotanghi di Sumatra hanno subito un drastico calo. La popolazione di quest’ultimo si è ridotta di circa il 60% nel giro degli ultimi anni e nel 2002 lo IUCN ne ha contati soltanto 3500 esemplari in tutto il globo.

Visti i numeri gli scienziati hanno espresso la loro piena preoccupazione. ‘’L’enorme declino di popolazioni e di specie riflette la nostra mancanza di empatia verso tutti gli animali selvatici che sono stati nostri compagni fin dalle origini dell’umanità. II fenomeno è il preludio alla scomparsa di molte altre specie, nonché il declino di diversi ecosistemi che hanno reso possibile la civilizzazione del nostro pianeta.’’ ha affermato Gerardo Ceballos, primo autore dello studio.

Nonostante i dati non lascino ben sperare una soluzione, però, ci sarebbe. “Dato che a trainare questa moria sono le attività umane, possiamo fare molto per minimizzare il nostro impatto e quindi le proporzioni dell’estinzione”. ha spiegato Ceballos. Fermare del tutto il fenomeno appare ormai alquanto improbabile, ma ridurlo è ancora possibile.

Vincenzo Nicoletti

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