Dai dati recentemente pubblicati dall’Istituto francese di ricerca per lo sviluppo (IRD) è emerso che ogni anno un milione e mezzo di uccelli, pesci, balene e tartarughe muoiono soffocati o avvelenati a causa dei rifiuti e in particolare dalla plastica. E’ stato calcolato che annualmente nei mari finiscono circa 8 milioni di tonnellate di materiale plastico, ossia un camion zeppo di spazzatura al minuto e la situazione sembra destinata a peggiorare.
Andando avanti di questo passo nel 2050 gli oceani potrebbero contenere più plastica che pesci. Il pesce pescato, attualmente, è di uno a cinque, ma sta diminuendo a ritmo frenetico: nel 2025 questo rapporto sarà di uno a tre. In pochi decenni il quantitativo di fauna presente nei mari sarà inferiore rispetto a quello di rifiuti di plastica.
Il problema, a detta dei ricercatori, è dovuto al fatto che gli oggetti in questione non vengono riciclati a dovere, ma gettati nei mari. Dal 1964 a oggi, la produzione di plastica nel mondo è aumentata di ben venti volte e entro il 2050 si quadruplicherà. Oggigiorno solo il 5% di questi rifiuti viene riciclato, il 40% finisce in discarica, e un terzo direttamente negli ecosistemi naturali, quali gli oceani.
Secondo quanto rivelato da una ricerca condotta dall’organizzazione ambientale Ocean Conservancy in collaborazione con McKinsey i principali responsabili non sono i Paesi occidentali più industrializzati, ma cinque nazioni asiatiche: Cina, Filippine, Thailandia, Indonesia e Vietnam. I rischi per l’ecosistema sono enormi in quanto la plastica ingerita influisce sul sistema endocrino e immunitario degli animali marini con ovvie ripercussioni sulla catena alimentare di cui anche l’uomo fa parte.
L’emergenza è evidente e bisogna agire nell’immediato. Gli studiosi hanno trovato alcune soluzioni per far fronte a questa spinosa questione. Gli scienziati dell’Imperial College di Londra sostengono che la pulizia degli oceani dalla plastica debba partire dalle coste, aree densamente popolate e sfruttate economicamente, attraverso l’utilizzo di collettori per le microplastiche, ossia barriere galleggianti dispiegate che convogliano la plastica e la rimuovono.
La seconda soluzione è quella di ridurre la produzione di materiale plastico soprattutto nel settore del packaging, ossia gli imballaggi dei prodotti che compriamo. In tal caso, per raggiungere l’obiettivo, è necessaria una stretta collaborazione tra istituzioni, cittadini e aziende e sarebbe utile la nascita di un organismo indipendente per coordinare questo processo.
La terza e ultima risoluzione individuata è un’introduzione più massiccia di bioplastiche compostabili che vengono smaltite senza problemi nella frazione organica. Ciò comporterebbe grandi vantaggi per tutti, ambiente compreso.
Vincenzo Nicoletti