La presenza del premier Matteo Renzi al salotto di Barbara d’Urso è stato solamente l’ultima di molte azioni che hanno fatto storcere il naso a parte della sinistra italiana. Eppure, questa rappresenta la migliore strategia di successo, che la miopia di una certa fetta d’Italia non riesce a comprendere.

Il mio non è un giudizio di valore, ma il tentativo di compiere un’analisi politica, negli spazi ristretti che questa sede mi concede, dell’enorme successo di Renzi e del perché i suoi avversari interni non avranno mai la stessa presa sul Paese.

La Sinistra del PCI

Un interessante editoriale apparso su questo stesso sito, a cura di Nicola Lombardi, analizzava il concetto di “Partito-Azienda”, in diretta correlazione con il concetto di “leadership carismatica”. Questa è un’ottima base per comprendere la differenza fra Renzi e la Camusso, o Bersani, D’Alema, Cuperlo: insomma, i rappresentanti di un modo diverso di fare politica.

La leadership carismatica non è affatto emersa unicamente negli ultimi anni; anzi, la sinistra (non il centrosinistra) ha avuto diversi leader carismatici, da Togliatti a Berlinguer. Nonostante ciò, questi ultimi avevano un diverso modus operandi, rispetto a Renzi, nel far presa sulla massa.

L’ideologia comunista, negli anni d’oro del PCI, rappresentava il pensiero dominante negli ambienti intellettuali: studenti e professori universitari erano perlopiù comunisti, e ciò aveva dirette conseguenze anche nel mondo accademico; il marxismo ha dominato la storiografia, la filosofia, la critica letteraria di metà novecento.

Eppure, nonostante ciò, il comunismo non faceva presa sulla massa. Il 30% costante alle elezioni del periodo della prima repubblica non dipendeva da un dominio intellettuale, ma dal fatto che le sue idee economiche trovassero il favore degli operai, conquistandosi, così, una grande fetta dell’elettorato italiano, ma mai la maggioranza, sempre orientata a votare Democrazia Cristiana.

Il successo di Renzi

Con la seconda repubblica le cose sono cambiate. Dalla leadership carismatica si è passata ai partiti personali, che ruotano intorno ad un grande leader. Sembra quasi un passo indietro, come se si recuperasse la struttura del PNF, ad un certo punto interamente nelle mani di Mussolini (sebbene non da subito).

Il PDS/DS/PD ha rappresentato l’unica eccezione a questo meccanismo. Dopotutto è dal principale partito di Centrosinistra che è emersa l’idea delle primarie, saggiamente saccheggiata dalla politica statunitense, in cui è la base a scegliere il suo leader.

Renzi è figlio delle primarie ma anche parte di un’altra generazione. La sua maggiore giovinezza rispetto ai precedenti segretari del PDS/DS/PD non è una mera questione anagrafica, ma gli consente di intraprendere un tipo di propaganda politica diverso, più incisivo ed efficace.

Da sempre la sinistra ha avuto dalla sua la convinzione di possedere una sorta di superiorità culturale rispetto ai partiti di centro e destra e al rispettivo elettorato. Questo atteggiamento elitario ha sempre allontanato i politici di centrosinistra da certe vetrine dominate, invece, da politici di centrodestra come ad esempio Silvio Berlusconi.

Non è la sede per giudicare se effettivamente la sinistra può vantare tale superiorità culturale: ma sicuramente tale modo di porsi è figlio del dominio del marxismo negli anni ’70. Questo dominio, però, è ormai tramontato. Il pensiero forte, ci insegna Vattimo, ha lasciato spazio al pensiero debole. Le grandi ideologie sono tramontate e il dibattito culturale in ambiente accademico rimane chiuso in ambiente accademico.

Il vero salotto, ormai, è quello della D’Urso, della De Filippi. La televisione è il principale mezzo di diffusione di idee politiche. Tramite il suo dominio mediatico Berlusconi ha costruito un’intera carriera politica.

Il linguaggio della Camusso, dei Bersani e dei Cuperlo è antiquato rispetto ai nostri tempi. Non dico che le loro idee siano antiquate: su questo non mi pronuncio. Ma si tratta di una strategia politicamente fallimentare.

Renzi, dal punto di vista comunicativo, è uno stratega coi fiocchi: ha capito che occorre cambiare totalmente il modo di porsi. Renzi guarda ad Obama anche dal punto di vista propagandistico, prende spunto dai suoi slogan, dal suo look più televisivo rispetto ai vecchi politici nostrani.

Per tale ragione Renzi è riuscito a costruire il suo 40% e passa di voti alle elezioni: perché ha colto a pieno il Volkgeist, lo spirito del tempo, sfrutta nel modo più adeguato gli strumenti che ha a disposizione, costruendo una leadership carismatica in pieno stile statunitense.

E per tale ragione, all’opposto, i suoi avversari interni non hanno alcuna speranza: Renzi è il presente e il futuro del centrosinistra italiano e lo sarà fino a quando il suo modo di fare propaganda, fatto di selfie e salotti televisivi, non diventerà stantio. Ma occorrerà davvero molto tempo.

Il Direttore

Davide Esposito

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