Unione europea Irlanda del Nord
Credit: Anthony Beck/Pexels

All’indomani della Brexit, l’atmosfera tra la Gran Bretagna e l’Unione europea è sempre più tesa. L’approvazione di un protocollo come parte del più ampio accordo di recesso (il Withdrawal Agreement) stabilisce che l’Irlanda del Nord rimane nel mercato comune europeo e nell’unione doganale, per impedire la costruzione di una barriera fisica con la Repubblica d’Irlanda. Scopo ultimo dell’accordo è evitare un “confine duro” fra l’europea Repubblica di Irlanda e la britannica Irlanda del Nord e, in questo modo, evitare il ritorno di una guerra civile nella regione.

Il protocollo costringe a ripensare la geografia economica dell’arcipelago

In base al protocollo dell’Irlanda del Nord, gli scambi di merci con la Gran Bretagna sono soggetti a controlli doganali. La permanenza dell’Irlanda del Nord all’interno del mercato europeo sta richiedendo molti controlli e nuove pratiche burocratiche per le merci in arrivo dal resto del Regno Unito. Di fatto, le merci britanniche devono essere prima controllate per verificarne il rispetto degli standard comunitari.

Una procedura che ha già causato parecchi disagi alle persone che vivono nelle sei contee nordirlandesi. Al contrario, le merci che circolano tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda non sono soggette a controlli doganali. Da quando perciò l’uscita del Regno Unito si è completata, il mare d’Irlanda è diventato una vera e propria barriera per le merci britanniche.

Questa situazione sta cambiando la geografia delle tratte commerciali dell’arcipelago. La Brexit ha richiesto una revisione delle catene di approvvigionamento, dato che si è verificato un incremento delle tempistiche di consegna tra Regno Unito e Irlanda del Nord. Per questo motivo, molte aziende europee stanno adottando misure per tagliare i legami con i fornitori britannici, per evitare di esporsi al rischio di ritardi e rallentamenti.

Così, le imprese britanniche stanno subendo una perdita di richieste dovuta alla progressiva diminuzione delle esportazioni verso l’Irlanda del Nord, mentre si rafforzano le tratte commerciali che passano dall’Unione europea e dalla Repubblica d’Irlanda. In Irlanda del Nord le importazioni di beni dalla Gran Bretagna sono diminuite del 53%, mentre le esportazioni sono diminuite dell’8%. Al contrario, le importazioni dalla Repubblica sono aumentate del 77% e il valore delle esportazioni è aumentato del 43%.

Il problema non è soltanto il commercio, ma anche la circolazione della forza lavoro. Le catene di approvvigionamento del Regno Unito sono messe a dura prova dalla carenza di manodopera. Un recente rapporto della società di contabilità Grant Thornton ha concluso che nel Regno Unito ci sono quasi 1 milione di posti vacanti. La metà di loro lavora nel settore alimentare e delle bevande, industrie che negli ultimi 20-30 anni hanno fatto affidamento sulla manodopera proveniente dall’Unione europea.

Così, con la Brexit sono emerse carenze che coprono l’intera catena di approvvigionamento, dal settore iniziale dell’agricoltura ai camionisti, fino a quelli che vendono cibi e bevande. Questa crisi della mancanza di personale nel settore alimentare significa che i supermercati, e a loro volta i consumatori, potrebbero dover modificare in modo permanente aspettative e preferenze, oltre a dovere affrontare l’aumento dei prezzi dei pochi prodotti disponibili. Dunque la carenza di forniture nel Regno Unito sta seriamente influendo sul potere d’acquisto delle persone.

In Irlanda del Nord cresce il malcontento degli unionisti

Il protocollo sta mettendo in pericolo l’integrità territoriale del Regno Unito. Per questo motivo, la Gran Bretagna ha chiesto all’Unione Europea cambiamenti significativi, a cominciare da una riduzione dei controlli sui beniin particolare sui generi alimentari e sulle medicine in arrivo in Irlanda del Nord. Dal canto suo, il premier inglese Boris Johnson sta utilizzando il malcontento del Democratic Unionist Party (Dup) per fare pressione sui negoziati. Gli unionisti stanno infatti vivendo una situazione che li vede lontani da Londra, in un’Irlanda unita economicamente. Ma il tiro alla fune tra Londra e Bruxelles rischia di riaccendere le tensioni mai sopite tra le due comunità dell’Irlanda del Nord.

Stabilendo un confine rigido nel Mare d’Irlanda, si sta infatti minando l’identità britannica della popolazione unionista. A Belfast, il Dup ha fatto sapere di apprezzare i passi in avanti nei negoziati, ma che comunque essi non sono abbastanza. Il leader del partito, Sir Jeffrey Donaldson, ha ribadito la minaccia del suo partito di ritirare i propri ministri dall’esecutivo di Stormont se non verrà intrapresa un’azione decisiva: «semplicemente non è sostenibile per gli unionisti, che sono fortemente contrari al protocollo. Non un singolo rappresentante unionista eletto sostiene questo protocollo. […] questo protocollo sta danneggiando giorno per giorno il nostro rapporto con il resto del Regno Unito».

Dalle dichiarazioni rilasciate al Mail on Sunday, il ministro della Brexit Lord Frost ha affermato che: «Il protocollo stesso afferma che dovrebbe “incidere il meno possibile sulla vita quotidiana delle comunità sia in Irlanda che nell’Irlanda del Nord”. Ma non lo fa. Gli accordi del protocollo rischiano di allontanare i legami commerciali ed economici dell’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito. Non sorprende che le persone siano preoccupate. Ogni volta che vado in Irlanda del Nord trovo un alto grado di preoccupazione per questa situazione. Alcuni vogliono che si risolva con la negoziazione; altri vogliono che usiamo le garanzie previste dall’articolo 16 del protocollo. Ma tutti vogliono che il problema sia risolto. C’è una soluzione semplice. Le merci che sia noi che l’Unione Europea concordiamo verso l’Irlanda del Nord non dovrebbero essere trattate come se si trasferissero da un paese all’altro, perché non lo sono».

L’Unione europea è pronta a difendere il protocollo

Ma le pressioni britanniche non spaventano l’Unione europea. La richiesta del Regno Unito di rinegoziare parti del protocollo è stata prontamente accolta con la presentazione di un piano di proposte per alleggerire la situazione commerciale. Maroš Šefčovič, vice presidente della commissione, ritiene che l’Unione europea è pronta a ristabilire rapporti di fiducia e trovare una soluzione comune con la Gran Bretagna. Di fatto ha sottolineato che “soluzioni creative” possono essere trovate nel quadro del protocollo, ma ha comunque ammesso che: «Questo processo non può andare avanti all’infinito, e perciò penso che dovremmo fare del nostro meglio per risolvere tutte le questioni in sospeso entro la fine dell’anno».

La strategia dell’Unione europea è chiara. L’atteggiamento accondiscendente di Bruxelles offre le basi per una soluzione negoziata, ma non risolve il problema di fondo. È solamente un modo per allentare le normative vigenti senza comunque alterare l’essenza dell’accordo. D’altronde, l’Unione europea insiste sul fatto che il protocollo deve essere rispettato ed attuato, poiché è la conseguenza di una precisa scelta del Regno Unito: l’uscita dall’Unione europea. Va perciò trovata una soluzione che chiuda definitivamente la questione, ma non quella proposta da Londra. Di fatto, difficilmente Bruxelles potrebbe accettare “sulla fiducia” che le merci britanniche destinate all’Irlanda del Nord non proseguano poi verso la Repubblica d’Irlanda e il resto dell’unione.

In questo modo, l’Unione europea si prepara ad affrontare qualsiasi scenario. Questa atmosfera costruttiva starebbe a voler evitare l’utilizzo dell’articolo 16 del protocollo da parte della Gran Bretagna, ovvero un meccanismo che sospenderebbe unilateralmente alcune parti dell’accordo in caso di circostanze estreme. In tale caso, l’Unione europea non si farebbe comunque trovare impreparata. Di fatto Italia, Francia, Germania, Spagna e Paesi Bassi, hanno espressamente chiesto a Šefčovič di elaborare piani di emergenza per una possibile guerra commerciale. Tra le opzioni in campo, si andrebbe dalla limitazione dell’accesso del Regno Unito alle forniture energetiche Ue, all’imposizione di dazi sulle esportazioni britanniche, fino alla risoluzione dell’accordo commerciale tra le due parti.

Proseguono quindi i difficili negoziati tra il Regno Unito e l’Unione europea. Bruxelles è disposta a concessioni importanti per trovare un accordo sull’Irlanda del Nord, ma questo potrebbe non bastare al Regno Unito. Questa situazione non è altro che la diretta conseguenza della decisione del Premier Boris Johnson di lasciare l’Irlanda del Nord all’interno del mercato unico e dell’unione doganale europea. Ma sembra che Londra abbia firmato l’intesa con Bruxelles pur di portare a casa la Brexit, già sapendo che avrebbe poi tentato in tutti i modi di disattenderne i termini concordati.

Gabriele Caruso

Gabriele Caruso
Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, mi occupo soprattutto di indagare la politica italiana e di far conoscere le rivendicazioni dei diversi movimenti sociali. Per quanto riguarda la politica estera, affronto prevalentemente le questioni inerenti al Regno Unito.

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