L’acqua del lago non è mai dolce e spesso prende le sembianze di un mare in burrasca, troppo salato e insidioso, nel quale riuscire a stare a gala diventa un’impresa ardua e complessa. E questo Gaia lo sa bene. Una ragazzina, non ancora maggiorenne, costretta, da un giorno all’altro, a lasciare la sua casa alla periferia di Roma per trasferirsi in campagna, sulle sponde del lago di Bracciano, dove la vita sembra farsi ancora più “amara”: l’amore si mischia a sofferenza, il piacere diventa dolore e il confronto assomiglia a un perenne conflitto. Giulia Caminito con il romanzo L’acqua del lago non è mai dolce, pubblicato nel 2021 da Bompiani, vincitore del Premio Campiello e finalista del Premio Strega, dona al lettore la fotografia di questo esatto spaccato di vita: la storia di una ragazzina, diventata donna troppo in fretta, in perenne conflitto con le aspettative della madre Antonia, con la società dell’apparenza a ogni costo, con il mondo in cui non riesce mai davvero a integrarsi e, soprattutto, con se stessa.
L’acqua del lago non è mai dolce: trama
“Tutte le vite iniziano con una donna e così anche la mia, una donna con i capelli rossi che entra in una stanza e ha addosso un completo di lino, l’ha tirato fuori dall’armadio per l’occasione, se l’è comprato al banco di Porta Portese, il banco buono dei vestiti di merca ribassati, non quelli da poche lire, ma quelli con sopra il cartello: prezzi vari. La donna è mia madre e ha una valigetta di pelle nera stretta nella mano sinistra, si è fatta da sola la piega ai capelli, ha usato bigodini e lacca, ha gonfiato la frangetta con la spazzola, ha occhi verdi e gialli e tacchetti da cresima, lei entra e la stanza si fa piccola. Alla scrivania siedono impiegati, mia madre ha passato tre ore all’angolo del palazzo, la valigetta contro il petto, e quando lo racconta dice che le sue gambe erano burro e la saliva acida. Si avvicina muovendo i fianchi e prima di lei arriva il profumo con cui ha coperto l’odore di lenticchie cucinate per il pranzo, dice: Sono venuta per vedere la dottoressa Ragni, ho un appuntamento. Si è ripetuta quella frase allo specchio e in tram e in ascensore e all’angolo: Ho un appuntamento”.
Così Gaia, nell’incipit del romanzo “L’acqua del Lago non è mai dolce“, descrive la madre Antonia, la donna caterpillar che traina le vite di tutti e sfonda un mondo pieno di farraginosa burocrazia e tutto ciò che si intromette tra lei e la sopravvivenza della famiglia. Da anni sono infatti in balìa di comuni e pratiche catastali per ottenere una casa popolare più gande, che possa accontentare i bisogni di Antonia, il figlio Mariano, il marito disabile, Gaia e i due fratelli gemelli. I giorni passano e le difficoltà aumentano, ma nonostante questo, Antonia non si perde mai d’animo. È una donna vigorosa e determinata, che però cade in un errore: confonde la severità con la cura, proiettando su Gaia le sue aspettative, dipingendo su di lei un futuro già scritto.
Nel giro di qualche mese, le lotte di Antonia portano l’intera famiglia fuori Roma, ad Anguillara Sabazia sul lago di Bracciano. Lì la donna trova una casa essenziale ma vivibile, mentre insegna ai figli, e in particolare a Gaia, a non aspettarsi mai niente dagli altri, a contare solo su stessi, perché il mondo, se può, si prende gioco di te.
E Gaia, intelligente ma priva degli strumenti per metabolizzare e reagire nel giusto modo, apparentemente si adatta a quel dogma materno, seguendone gli ordini quasi militareschi: Antonia vuole che Gaia frequenti il liceo a Roma, perché solo così può garantirsi un futuro, diverso dal suo, nonostante la lunghezza e la scomodità del quotidiano viaggio in treno; che porti i capelli rossi corti, perché tanto non è l’apparenza ciò che conta, che indossi abiti di terza mano, che ignori l’esistenza del televisore, che rinunci a ogni frivolezza, a ogni desiderio fanciullesco, perché la sua missione “è studiare, emanciparsi, sopravvivere”.
Gaia, però, si sente in gabbia, sopraffatta da una vita così pesante, priva di “bellezza e leggerezza”. Col tempo, i silenzi prolungati si tramutano in rabbia feroce, profonda vergogna e malignità rara. “Tutto le è scomodo, persino le amiche che riesce a farsi le appaiono talvolta fastidiose, difficili da sopportare; e le mani dei ragazzi, le bocche da baciare, il sesso da esplorare, sono altre rivalse da prendere su Antonia, che le intima di non finire come lei, donna che si è accontentata di uomini qualunque, madre di un figlio, Mariano il ribelle, l’anarchico, lo specchio su cui riflettersi, avuto quando era troppo giovane. Contro l’essersi lasciata sempre scavalcare e manipolare dalla volontà materna, perdendo di vista la propria identità, i suoi veri desideri. Non c’è riscatto per lei, non c’è un bagliore salvifico a illuminarle la via”.
Il lago come specchio della fragilità umana
Giulia Caminito con “L’acqua del lago non è mai dolce” dà vita a un romanzo “ancorato nella più profonda realtà”, indubbiamente potente, che oltre a confermare il talento dell’autrice, dona al lettore una storia conflittuale e spigolosa, profondamente realistica, e a tratti universale. Con uno stile immediato, vigoroso, fluido e una scrittura ruvida, graffiante e profonda, Caminito immerge il lettore in quella Roma periferica, in quel mondo altro, dove i sentimenti, e non tanto i volti, diventano i veri protagonisti, le voci narranti dell’intera opera. E il lago, fonte di vita da una parte, baluardo del riscatto dall’altra, non può che non assumere i tratti di una giovinezza sommersa, di un senso perenne di smarrimento, di una ostinata sfida all’infelicità.
Chi è l’autrice de L’acqua del lago non è mai dolce Giulia Caminito
Giulia Caminito, autrice de “L’acqua del lago non è mai dolce“, nasce a Roma nel 1988, da mamma e papà, entrambi, bibliotecari. Trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza sul lago di Bracciano, coltivando fin da piccola una passione sproposita per i libri, la letteratura e la scrittura. All’Università opta per la facoltà di Filosofia Politica, dopodiché inizia a muovere i primi passi nel mondo dell’editoria e del giornalismo, collaborando con il settimanale l’Espresso.
Nel 2016 esordisce con il romanzo “La Grande A” edito da Giunti, un testo interamente dedicato alla bisnonna, una persona molto conosciuta sia nelle comunità presenti in Etiopia che in Eritrea, nazioni d’origine della famiglia. L’opera, in parte autobiografica, viene molto apprezzata tra gli addetti ai lavori, a tal punto da ottenere numerosi riconoscimenti tra i quali il Premio Bagutta opera prima, il Premio Berto e il Premio Brancati giovani. Successivamente l’autrice romana si dedica a libri che rientrano nel genere della letteratura per l’infanzia come “La ballerina e il marinaio“, “Mitiche. Storia di donne della mitologia greca“. Sarà poi il 2017 l’anno di “ritorno” al romanzo con “Guardavamo gli altri ballare il tango” e “Un giorno verrà“, quest’ultimo edito da Bompiani e vincitore del Premio Fiesole Under 40. Ma sarà poi “L’acqua del lago non è mai dolce” a procurare grande popolarità e successo a Giulia Caminito. Pubblicato nel 2021 da Bompiani, l’opera si aggiudica la 59esima edizione del prestigioso Premio Campiello, posizionandosi nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2021.
Marta Barbera