Diversità e inclusione
Fonte immagine: Step In Inequality

«Quando ho iniziato avevo vent’anni e quando ho avuto il mio primo bambino non ero in grado di prendermi una pausa. E questo ti uccide perché hai perso un anno o due a prenderti cura del tuo bambino, ed è una cosa naturale, ma perché devo essere influenzata dal fatto che la mia carriera deve essere sospesa per due anni? Solo perché ho avuto un bambino?». A parlare di inclusione è Catherine Gicheru, oggi direttrice dell’Africa Women Journalism Project e comunemente nota come giornalista veterana, ospite di Arianna Ciccone – fondatrice dell’International Journalism Festival e del blog collettivo Valigia Blu – al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, che giunto alla sua diciassettesima edizione accoglie ogni anno giornalisti, attivisti, accademici e divulgatori provenienti da tutto il mondo per discutere delle questioni che infiammano e intrattengono le nostre società.   

Gli obiettivi del Panel: parlare di inclusività

Coordinato da Blathnaid Healy, redattrice esecutiva della famiglia di BBC News, il Panel che sabato 22 aprile ha ospitato Gicheru e Sisi Wei – oggi direttrice di The Markup, redazione investigativa senza scopo di lucro che indaga sulle tecnologie attraverso le quali le istituzioni più potenti cambiano la società – nel ventre del Palazzo dei Priori, presso la Sala dei Notari, ha voluto fare il punto sulla questione di genere nel mondo lavorativo, più precisamente sulle esperienze di leadership inclusiva all’interno delle redazioni giornalistiche: «portare il giornalismo in uno spazio diverso, più inclusivo» ha affermato la Healy a proposito degli obiettivi della discussione. 

L’organizzazione di Gicheru vuole «formare mentori e supportare le redazioni affinché siano più diversificate di genere e assicurarsi che non buttino via le donne quando si tratta di redazioni note come persone che licenziano» – ha dichiarato. Sembrerebbe, infatti, che in una popolazione costituita per il 51% da donne, solo al 2% di loro viene permesso di far sentire la propria voce. Un dato allarmante che trova riscontro anche nella testimonianza di Sisi Wei, che spesso si è ritrovata ad essere l’unica donna in una sala le cui sedie erano occupate da uomini. 

Un fenomeno più comunemente noto con il nome di Leaky pipelinetubo che perde formula metaforica con cui si vuole indicare la graduale riduzione del numero di donne che occupano posizioni di potere negli ambienti lavorativi, sempre più restii a favorire processi di inclusione. 

«Siamo più numerose degli uomini in termini di qualifiche post-laurea» – puntualizza Healy – «ma i numeri arrivano a questa piccola quantità». Si tratta di una dinamica lavorativa che si riflette sul pubblico, il quale, in gran parte formato da donne, non si sente rappresentato dai contenuti destinati esclusivamente alla folla maschile: «alla fine della giornata devi raggiungere il 51% della popolazione con cui non stai parlando in questo momento» – ha puntualizzato Catherine.

Creare un ambiente più sicuro e inclusivo

Il primo passo per aggiustare il tubo che perde è senz’altro quello di creare un ambiente sicuro che fa del valore dell’inclusione il suo fondamento, a fronte degli innumerevoli episodi di molestie sessuale di cui le donne sono vittime, “accogliere queste persone e non punirle“, dichiara Gicheru. 

Una punizione che passa anche attraverso i licenziamenti e/o le mancate assunzioni dovute alle volontà delle singole donne di incorrere in una futura maternità, che vengono preceduti da colloqui i cui quesiti vertono sempre più sulla sfera intima delle singole candidate: «hai intenzione di fare bambini o no?». È la risposta a definire le competenze della donna esaminata, nessun diploma superiore, nessun certificato di laurea.

La struttura patriarcale dell’impianto lavorativo 

“Donne alla guida delle redazioni: esperienze di leadership inclusiva per un futuro inclusivo”, questo il titolo del Panel monitorato da Blathnaid Healy, il cui obiettivo – fare il punto della situazione sul gender gap – sembra essere stato pienamente raggiunto, e che ha squarciato il velo di una struttura patriarcale sulle cui fondamenta si è costruito ciascun impianto lavorativo

Arianna Lombardozzi

Arianna Lombardozzi
Da sempre appassionata di informazione e tematiche sociali e cresciuta coltivando il desiderio di dare voce a coloro che non ne hanno, studio Strategie culturali per la cooperazione e lo sviluppo dopo il conseguimento di una laurea triennale in Scienze della Comunicazione.

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