Più volte, nel corso della storia, la parola si è dimostrata molto più forte, tagliente e fatale di un’arma. La parola educa, insegna, divulga, rende concreta un’idea e la tramuta in ideologia, plasma le menti e le fa ragionare e crescere.
Ma un’ideologia non è sempre positiva e i contrasti tra bene e male tendono ad evolversi, fuoriuscire dal foglio bianco e mietere le sue vittime. Nel ventunesimo secolo la libertà di parola dovrebbe ormai fermare questi soprusi, ma sembra che il messaggio non sia stato ancor ben recepito da tutti.

Mohamed Ould M’Kheitir rischia, oggi, la pena di morte.

Si tratta di un giornalista che in un suo articolo cercava di difendere la classe dei fabbri, a cui apparteneva la sua famiglia, ed è stato invece accusato di apostasia da un tribunale di Nouadhibou, nel nordest del suo paese, la Mauritania. Oggi Mohamed è recluso nel suo paese d’origine, per aver “trattato con leggerezza il profeta Maometto” e, secondo le leggi estremiste, merita dunque la pena di morte.

Rimasto solo, abbandonato anche dal suo avvocato difensore (timoroso di aver una qualche ripercussione) all’uomo sono rimaste solo la sorella Aisha M’Khetir e la militante mauritana Aminattou Ely, che presenzieranno per lui portando prima il suo appello avanti alla Commissione diritti umani del Senato il primo Luglio (presidiata da Luigi Marconi) e poi, il due, verranno ascoltate dalla comunità giudiziaria partenopea su iniziativa dell’Ossin, l’Osservatorio internazionale per il rispetto dei diritti umani presieduto da Nicola Quatrano.
È una lotta contro il tempo che vede tre singole persone contro l’intera comunità islamica ferma e decisa nelle sue credenze conservatrici.

“Se dal mio testo si è potuto comprendere quello di cui sono accusato io lo nego completamente e me ne pento apertamente” cerca disperatamente di discolparsi Mohamed che, nel suo articolo, aveva semplicemente accusato la società mauritana di perpetuare un “ordine sociale iniquo ereditato” dai tempi del Profeta.
Si tratta quindi di una descrizione di ambito storico, un approfondimento come un altro che forse gli costerà la vita solo perché cita il nome di Maometto. La sua abiura sembra però non aver fatto colpo sulla società islamica, che continua ad organizzare nelle piazze campagne a favore della pena di morte per il giovane giornalista.

La sua salvezza sembra dipendere dall’impegno degli altri stati e proprio Napoli è intervenuta per spezzare questo velo di omertà che aleggia intorno questo tragico caso. Un primo passo è stato quello di solidarizzare attribuendo la cittadinanza ad onore a Mohamed, che gli sarà conferita dal sindaco Luigi De Magistris il 3 luglio.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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