Caro Matteo, non si scherza con il fuoco. E neanche con il lanciafiamme.

Ti chiamo Matteo perché è più una lettera confidenziale, perché preferisco il nome a un freddo “Presidente” o “Segretario” e non mi sembrava neanche il caso di scrivere “Renzi”. Sembra poco tempo fa quando uscisti alla ribalta con il tuo camper in giro per l’Italia a rottamare un PD che a tuo avviso era “vecchio”. Eri quello che “la lotta tra PD e PdL è più falsa di un incontro di wrestling” e avevi ragione, ma io già all’epoca storcevo il naso, non perché sono un appassionato della lotta libera, ma perché in te vedevo un populismo mascherato, molto diverso da quello sfacciato e a volte volgare di Grillo.

Sei riuscito a diventare segretario del Partito Democratico con una percentuale invidiabile, eri quello che diceva di stare sereno a Letta e che criticava le larghe intese. Sei ancora segretario del tuo partito, Letta non è più sereno perché ora a governare sei tu e lo fai con le larghe intese.

Era la notte del 26 maggio 2014 quando sei andato a dormire soddisfatto per il successo straordinario del PD alle Europee, dopo aver visto i figli dormire e aver dato la buonanotte a tua moglie, fiducioso del fatto che quello fosse stato il tuo primo successo da segretario e da Presidente del Consiglio, la conferma del popolo nei tuoi confronti dopo tre mesi di governo. Si prospettava il primo successo di una lunga serie. Comprensibile, vedendo un M5S ridimensionato, una (allora) innocua Lega al 7%, un centrodestra diviso e la sinistra rifugiata sotto l’ala di Tsipras che riusciva ad eleggere tre eurodeputati con un miracoloso 4%.

Quella notte eri felice e ora è solo nostalgia, un ricordo di quello che è stato il tuo primo ed unico successo, caro Matteo.

Andando avanti nel tempo, arriviamo alle regionali del 2015 con il successo dei pezzi grossi del PD nelle regioni in cui sono stati candidati e il fallimento delle due candidate renziane in Liguria e in Veneto: Paita e Moretti. Sì, Matteo. I tuoi candidati hanno perso, dopo due anni di segreteria e uno da Presidente del Consiglio. Perché può succedere di perdere, quando ti circondi soltanto da Yes Men che annuiscono a ogni tua parola, quando non ascolti chi all’interno del tuo stesso partito ti criticava, quando preferisci dei tuoi replicanti alla formazione di una classe dirigente.

Sotto la tua segreteria, caro Matteo, ti hanno detto addio prima Civati e poi Fassina, dopo varie critiche interne.

Mentre conducevi la tua battaglia contro le minoranze del tuo partito, mentre davi del gufo a destra e manca, mentre ignoravi questi primi segnali in nome del tuo snobismo e del tuo enorme ego, ti hanno contestato studenti, operai e insegnanti.

Ma quando guardi i tuoi video in cui ti autoproclamavi “Il rottamatore” (come se fossi uscito da Ultimate Muscle), non ti guardi allo specchio e ti chiedi: “Cosa ho fatto”? La chiami rottamazione governare con Alfano, Franceschini, Poletti, Del Rio e Verdini? L’unica cosa che hai rottamato è stata la sinistra nel Partito Democratico. Un giorno hai detto basta e hai deciso di entrare nel partito “con il lanciafiamme”(!). Il problema è che per utilizzare certi attrezzi non bisogna essere incapaci, perché finisci per bruciare le persone che non dovresti. E infatti alle amministrative hai fatto terra bruciata, perdendo Roma, Torino e vincendo per il rotto della cuffia a Milano.

La Capitale era più che prevedibile che finisse in mano ai Pentastellati, ma io mi immagino te, caro Matteo, mentre ti arrovelli nei tuoi pensieri tra un “Chissà se oggi Agnese ha preparato qualcosa di buono?” e un “Che cavolo vuole di nuovo Travaglio, oggi?”, su come ha fatto Fassino a perdere Torino.

La mia onesta opinione è che Torino rappresenta lo strappo tra il tuo governo e il nostro paese.

Non voglio sminuire il voto dei sabaudi verso il loro sindaco Appendino, tuttavia sappiamo tutti che Torino non era Roma e che la vittoria di Fassino era, non scontata, ma più che probabile. Fassino è stato vittima del tuo lanciafiamme, con una base di problemi presenti nella città (come ci sono ovunque, dopotutto) e complice il malcontento nei confronti del partito che governa questo paese a cui Fassino appartiene. Milano è andata bene, ma fino a qualche settimana fa Parisi era solo un candidato che la destra aveva presentato giusto per dire “ehi, siamo qui”, ma io sono sicuro che dopo la prima tornata elettorale hai sudato freddo pensando alla sconfitta di Sala, grazie al risultato inaspettato del suo avversario.

Nel meridione, Napoli ti ha dato un bello schiaffo e gli esponenti del PD locale che suggerivano di votare per Lettieri al ballottaggio sono la rappresentazione della tua politica.

Perché può succedere di perdere, quando attui politiche di destra come il Jobs Act e la Buona Scuola. Può succedere, quando invece di ascoltare gli operai, come dovrebbe fare un partito di sinistra, sostieni che “Marchionne ha fatto più di certi sindacalisti, che “il Sud dovrebbe smetterla di piangersi addosso”, quando difendi a spada tratta l’indifendibile Boschi in casi che vedevano coinvolta la sua famiglia, quando governi con lo spauracchio del populismo, quando prometti riforme che neanche Berlusconi si sarebbe sognato di fare.

Ti restano altri due anni e a ottobre c’è il referendum costituzionale: in caso di sconfitta, hai annunciato le tue dimissioni, in caso di vittoria si procede a nuove elezioni che prevedono un ballottaggio che molto probabilmente vedrà contrapposti il PD e il M5S che ai ballottaggi, ora come ora, sembra essere più forte, come prevede la legge elettorale che hai intenzione di attuare.

In bocca al lupo, caro Matteo e ricordati di stare sereno.

Jacopo Sabato

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