Un importante gruppo di studiosi italiani, composto dai ricercatori dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Ipcf-Cnr) di Messina, dei Graphene Labs dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova e dell’Università di Roma Tor Vergata, impegnati da diverso tempo nello sviluppo di celle solari in grado di catturare l’energia sfruttando il processo di fotosintesi in atto su coloranti naturali, è giunto alla realizzazione di una nuova tipologia di cella elettrochimica di terza generazione, capace di garantire al contempo economicità ed ecosostenibilità.

Il processo di ricerca è stato avviato a seguito del brevetto ottenuto da Giuseppe Calogero e Gaetano Di Marco dell’Ipcf-Cnr ed è stata condotta con il collega di Istituto Antonio Bartolotta, Francesco Bonaccorso dell’Iit e Aldo Di Carlo di Roma Tor Vergata.

Lo studio ‘Vegetable-based dye-sensitized solar cells’ pubblicato su Chemical society review, rivista del gruppo editoriale Royal Society of Chemistry, raccoglie gli studi del gruppo di ricerca e le conoscenze finora prodotte a livello mondiale nell’utilizzo, come foto-sensibilizzatori, di coloranti vegetali estratti da frutta e fiori ed integrati in celle solari di terza generazione.

 “La ricerca si è concentrata sulla cella solare di Grätzel”, spiega Di Marco.
Ma cosa sono queste celle?

Le celle di Graetzel sono celle fotovoltaiche elettrochimiche capaci di produrre energia elettrica a partire dall’energia solare con un principio simile a quello della fotosintesi clorofilliana.

Spiegazione del funzionamento delle celle fotovoltaiche
Spiegazione del funzionamento delle celle fotovoltaiche

Negli ultimi anni, le ricerche su questi dispositivi sono state incentrate sul miglioramento dell’efficienza e sull’approfondimento dei processi che sono alla base del loro funzionamento.

Per la loro semplicità di realizzazione ed i materiali a basso costo, le celle di Graetzel sono riproducibili in laboratorio senza la necessità di strumentazione eccessivamente sofisticata.

“L’analisi svolta”, spiega Di Carlo, “non si limita solo a celle di laboratorio ma affronta il problema della scalabilità della tecnologia ai moduli fotovoltaici, identificando le architetture costruttive più promettenti e analizzando il costo dell’energia prodotta che può risultare minore rispetto a quella ottenuta con coloranti sintetici”.

“L’opportunità di sfruttare coloranti vegetali provenienti da scarti alimentari e di produzione per la conversione di energia solare, insieme con l’impiego di nanomateriali come ad esempio il grafene al posto di materiali preziosi (platino) e rari (indio, componente dell’ossido di stagno ed indio), potrebbe dare il via alla realizzazione di celle solari di prossima generazione sempre più economiche e al contempo ecosostenibili, conclude Bonaccorso.

Per maggiori informazioni, ecco un approfondimento sul sito del CNR.

Alessandro Mercuri

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