Domenico Eternato, il pianoforte come alterazione onirica del vero
Fonte: Emic Entertainment

Il suono di un pianoforte è capace di tendere la mente dell’uomo ai margini dell’infinito, di esprimere l’inesprimibile e di svelare le più recondite sensazioni ed aspirazioni. Attraverso le proprie composizioni, la libertà emozionale di un pianista si eleva in tutta la sua complessità ed autonomia, sino a solcare radicalmente ogni singola produzione.

Tale concezione è stata ben compresa ed assimilata da Domenico Eternato, poliedrico musicista che ha intravisto nel suo strumento prediletto una via privilegiata per vivere ed abbracciare il lato onirico del reale. Le atmosfere fiabesche e le melodie distese, volutamente dai contorni mai nitidamente definiti, offrono la possibilità di compiere un immaginario viaggio tra suggestioni irreali e mondi di mirabile bellezza in cui esecutore e ad ascoltatore sono dettati da un destino comune determinato dalla musica.

Sulla scia delle precedenti composizioni, che l’hanno visto influenzato dalla musica di una vasta gamma di artisti, Domenico Eternato ha deciso, stavolta, di cimentarsi nella release di un suo brano personale, vale a dire Rain” uscito in data 18 maggio per Emic Cinematic.

Desiderosi di conoscere qualche curiosità riguardante l’inedito di Domenico Eternato, l’abbiamo contattato. Di seguito l’intervista completa ai microfoni di Libero Pensiero:

Ciao Domenico, benvenuto ai microfoni di Libero Pensiero. Da anni dedichi parecchio tempo al pianoforte. Quanto è importante lo studio e la costanza per imparare a suonare uno strumento?

«Ciao, ti ringrazio per lo spazio concessomi. Credo che studio e costanza siano fondamentali in qualsiasi campo, soprattutto nella musica. Personalmente, da anni, dedico gran parte delle mie giornate al pianoforte, cercando di migliorare e affinare le tecniche musicali. Se si decide di rendere le note la propria passione principale, tale approccio sorge spontaneo: la voglia di conoscere sempre più, di apprendere nuovi brani e il forte desiderio di suonare ci porta sempre nello stesso punto, vale a dire. spartito alla mano, davanti al proprio strumento. Ed ecco che la pervicacia, col tempo, assume le sembianza della destrezza.»

Il pianoforte viene, nell’approccio prettamente strumentale, tenuto in considerazione in termini di capacità di chi lo suoni e difficoltà d’esecuzione; con la tua recente produzione “Rain” hai decisamente sfatato questo falso mito donando all’ascoltatore una melodia semplice ed immediata. Domenico, cosa ci dici a riguardo?

«Essendo la prima melodia che ho scritto personalmente, ho cercato un qualcosa che risultasse fluido all’ascolto; quindi, mi sono cimentato nella ricerca dell’arpeggio giusto, usando accordi che spesso sentiamo nei brani pop. In studio, ho lavorato molto sulla dinamica. Ammetto che con Domenico Vigliotti – fonico con il quale ho lavorato – abbiamo provato e riprovato prima di riuscire a dare un’anima propria al brano. Come hai, giustamente, sottolineato, abbiamo ambito a suoni semplici ed immediati. Ritengo che il compito di un musicista che si rispetti, a discapito della difficoltà tecnica delle proprie produzioni, sia quello di trasmettere emozioni all’ascoltatore.»

Seppur mantenendo un approccio minimalista, hai portato alla luce una strumentale in cui ogni elemento tematico ed armonico rimanda ad un qualcosa di indefinito ma, al contempo, concreto. Come sei riuscito nell’intento di racchiudere questa contraddizione nei soli all’incirca tre minuti e mezzo della durata di “Rain”?

«Come già accennato in precedenza, ho lavorato molto sulla dinamica del brano, nulla è stato lasciato al caso. La melodia si alterna con pause, cambi di velocità e intensità, al fine di catturare l’attenzione del pubblico. Anche il fatto che abbia una durata di circa tre minuti ha il suo perché: volevo rendere il brano piacevole da riascoltare più e più volte; una durata eccessiva avrebbe potuto renderlo noioso per chi non abituato ad un certo tipo di ascolti. Nella sua semplicità – anche se in fin dei conti tanto banale non è – ho voluto soffermarmi su molteplici dettagli, ponendomi l’obiettivo di renderlo quanto più completo possibile.»

In un’era in cui il fatto artistico viene percepito come un dato legato principalmente alla combinazione razionale di suoni per soddisfare il gusto estetico della società, quando è importante, secondo l’opinione di Domenico Eternato, ricordare che la musica è fondamentalmente espressione dell’inconscio?

«Bisognerebbe assumere la consapevolezza che la musica è, e resterà, uno strumento d’espressione innovativo. Il pianoforte è, per me, la fonte d’estrinsecazione di quel che provo. Credo che ogni artista, per arrivare in maniera sincera e diretta all’ascoltatore, debba raccontare sé stesso. Questo permette a chi ascolta di immedesimarsi come protagonista di una storia, quella che si porta dentro.»

Vincenzo Nicoletti

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