Spesso ci si chiede da dove nasca il genio artistico se questo abbia luogo da un’intuizione, da perseveranza nello studio di una tecnica, da doti divine o semplicemente da attimi di follia; ci si interroga sulla nascita di capolavori artistici che dopo secoli ancora oggi incantano e di parole così vive che trovano la forza di riecheggiare nel presente e sembrare attuali tutt’oggi.

Eugenio Montale era uno che con le parole ci sapeva fare. Sono proprio le parole e le sfumature che il poeta gli attribuisce a fargli ottenere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1979, consegnandolo all’immortalità della gloria poetica.

Ma quell’eternità è condivisa dal poeta con un personaggio significativo quanto singolare, con il quale egli intreccerà la sua vita in modo indissolubile, dichiarando lui stesso a riguardo in un suo componimento: “Eppure non mi dà riposo sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa”.

Eugenio Montale e la moglie Drusilla
Eugenio Montale e la moglie Drusilla

Mosca, al secolo Drusilla Tanzi, denominata così da Montale per i suoi problemi di vista, era una donna come tante agli occhi dei componenti del circolo intellettuale “Solaria”, del quale fa parte e che le farà incontrare il poeta nel 1927. All’epoca era sposata con Matteo Marangoni ed era madre di un bambino, Andrea, ma tutto ciò non sembra possa bastare ad evitare che l’ “imprintig” intellettuale tra Montale e la Tanzi avvenga. Il loro è un legame che sfida tutte le convenzioni sociali di un’Italia fascista, impegnata nella celebrazione del culto della famiglia e della donna come madre e moglie modello.

Montale non era di certo un uomo celebre per essere monogamo e nel ’33 intraprende una relazione con Irma Brandeis, un’italianista americana che si trasformerà nella nuova musa del poeta, alla quale, denominandola Clizia nelle sue opere, dedica la celebre “Ti libero la fronte dai ghiaccioli”. Irma diventa una nuova “donna angelo”, non solo quindi desiderio ma anche salvezza sia per il poeta che per l’umanità.

Per Drusilla sembra la fine. Sembra essere eclissata da una figura eccezionale come quella di Clizia, il cui nome richiama il culto del Sole e quindi della cultura; Montale è abbagliato da questa donna dagli occhi color ghiaccio, portatrice di valori che in quel periodo a detta del poeta rappresentavano l’unico modo per (r)esistere in una tale realtà politica e sociale.

Montale decanta tante, troppe donne nel suo lungo itinerario poetico, ma queste sono tutte donne dell’Occasione, dell’Eccezionalità, appunto. Mosca non abbandona il suo amato, sopporta per amore di qualcosa di più grande quel rapporto semi-clandestino con la Brandeis ed ha ragione: Montale non la lascerà mai.

Un amore così, troppo al di sopra delle “coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede/che la realtà sia quella che si vede” non poteva che vivere un epilogo agrodolce. La Tanzi e Montale convolano a nozze nel 1962, quando Marangoni sarà morto già da qualche anno, a dispetto di ogni supposizione che vedeva il burbero e introverso poeta intollerante al vincolo coniugale. Ma come ogni favola che si rispetti l’idillio non era destinato a durare: la Tanzi muore appena un anno dopo le nozze, stroncata da una caduta.

È nel suo atto finale che il rapporto sublima a tal punto che diventa arte, quando Montale, resosi conto della perdita affettiva immensa che aveva subito, le fa un ultimo grande dono, gli “Xenia” , che richiamano proprio i doni soliti fare agli ospiti nell’antica Grecia, nella quale la celebra non come un angelo, bensì come l’essenza della sua stessa vita, ossia la poesia, e le attribuisce l’onore più estremo che si possa concedere a chi ha vissuto l’amore per il suo compagno in modo così estremo come Mosca: la detenzione del suo vero occhio poetico e la consapevolezza che, come scrive nella sua poesia più famosa “Ho sceso dandoti il braccio”, senza di lei “è il vuoto ad ogni gradino” della scala della vita.

Ecco da dove nasce il genio, l’arte, l’eternità, da quelle anime che ci sconvolgono facendoci apprezzare solo con la loro assenza la loro necessità. E Mosca e Montale lo sapevano.

“L’eternità significa continuare ancora per un po’ di tempo quando coloro che conosciamo e abbiamo amato non esistono più”.

José Saramago

Giusy De Filippo

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