duplice omicidio legge 194
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Dopo il caso di Giulia Tramontano il centrodestra sta portando avanti la proposta di duplice omicidio quando la vittima è incinta. Cavalcando l’indignazione e l’emotività che un caso così efferato ha suscitato nell’opinione pubblica, i partiti al governo rischiano di cancellare la legge sull’aborto.

Cosa c’entra la morte di una donna con la legge 194? La morte di una donna, incinta, permette alla cronaca nera di scivolare nel discorso sul diritto alla salute, ponendo la questione sul riconoscimento della capacità giuridica del feto.

Il diritto è chiaro. L’articolo 1 del codice civile, rubricato “capacità giuridica”, recita: «La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita».

Diverse proposte del centrodestra vorrebbero però riconoscere questa capacità al concepito. Sono stati proposti diversi disegni di legge – da Forza Italia, dalla Lega, da Fratelli d’Italia – con l’obbiettivo di modificare l’articolo 1 del codice civile e riconoscere, quindi, la capacità giuridica al concepito. Ciò comporterebbe che i diritti si acquisiscono al momento del concepimento e non esclusivamente dopo l’avvenuta nascita.

Nessuna di queste proposte di legge è attualmente in discussione, ma l’ultima dichiarazione di Licia Ronzulli a Porta a Porta: «È stata per tutti una notizia atroce che fa riflettere anche dal punto di vista penale, perché non c’è dubbio che si tratti di un duplice omicidio, perché oltre a quella di Giulia è stata spezzata anche un’altra vita che al settimo mese di gravidanza avrebbe potuto nascere in qualsiasi momento. La contestazione dell’interruzione di gravidanza non consensuale non risponde alla realtà dei fatti. È il motivo per cui stiamo lavorando a una proposta di legge per configurare il duplice omicidio nel caso venga uccisa una donna che aspetta un bambino. » ha riaperto il dibattito. Una nuova proposta di legge, presentata da Fratelli d’Italia, prevede il limite di 90 giorni di gravidanza. Superato quel limite, uccidere una donna incinta equivale a duplice omicidio.

I rischi per il diritto all’aborto

Roberto Menia, senatore di FdI, commentando la proposta ha detto: «Personalmente non ho dubbi sul fatto che la vita nasca nel momento del concepimento. La legge attuale prevede la possibilità di abortire entro il terzo mese, dopo di che lo considera infanticidio».

Ovviamente non così. La legge 194/78 dice che l’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

L’aborto consiste nella morte del feto. La morte del feto può essere spontanea o volontaria. La legge stabilisce chiaramente che durante la gravidanza il feto non si può considerare come persona, e quindi non si può parlare di omicidio ma nel caso in cui – come appunto in quello di Giulia Tramontano – questo avviene contro la volontà della donna, si parla di interruzione di gravidanza non consensuale:

Art. 593 ter codice penale Interruzione di gravidanza non consensuale

«Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave quest’ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto».

Il diritto stabilisce chiaramente il discrimen tra aborto e omicidio: riconoscere capacità giuridica al feto significherebbe ledere i diritti delle donne, e non è un’ipotesi così remota. Riconoscere capacità giuridica al feto significherebbe criminalizzare l’aborto in qualsiasi momento. Una legge che riconosce diritti e doveri a un feto lede la dignità della madre, la scelta della persona, la possibilità di usufruire di una legge dello Stato del 1978, un’esposizione di migliaia di persone al rischio di venire giudicate colpevoli per la morte del feto. Un’iperbole giuridica potrebbe vedere l’aborto spontaneo come omicidio colposo.

Ogni proposta di legge in questo senso è un pericolo per la salute, per la dignità e per la libera scelta.

Valentina Cimino

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