Un laser potentissimo.
E se ad un primo impatto, l’espressione “due petawatt” può lasciare interdetto chiunque, le idee cominciano a schiarirsi nel leggere “due milioni di miliardi di watt”; lo straordinario macchinario capace di tali prestazioni è stato messo a punto da un team di fisici ed ingegneri della Osaka University, in Giappone.

Prima di essere realizzato, il laser nipponico era stato descritto dal punto di vista teorico nel 2012, sulle pagine di Plasma Physics and Controlled Fusion. Ad oggi, dopo la sua realizzazione e messa in funzione, risulta essere il dispositivo laser più potente al mondo, circa il doppio del suo più diretto avversario, un laser realizzato nei mesi scorsi dagli ingegneri della University of Texas.

Il laser giapponese, chiamato LFEX (Laser for Fast Ignition Experiment) è lungo un centinaio di metri e genera i suoi due petawatt senza utilizzare grandi quantità di energia (i costruttori parlano ci circa duecento joule, l’energia richiesta per far funzionare un forno domestico per due secondi), grazie alla ridotta dimensione temporale degli impulsi caratteristici dell’emissione laser.

Schema di funzionamento del laser giapponese
Schema di funzionamento del laser giapponese

I ricercatori giapponesi hanno già annunciato che il prossimo step sarà quello del laser da dieci petawatt; per ora, lo scopo di questa “corsa al laser” sembra essere limitato alla pura ricerca.
Non è però da escludere che, in un futuro neanche troppo lontano, i governi delle maggiori potenze mondiali vogliano dotarsi di dispositivi laser simili a LFEX per scopi difensivi.

Una guerra basata sui laser?

Nell’immaginario collettivo l’impiego dei laser per scopi bellici è associato prevalentemente alla finzione, come nel caso della saga di Guerre Stellari e di una delle sue scene più iconiche, quella in cui la Morte Nera distrugge il pianeta Alderaan; in questo caso però la realtà scientifica, anche se a piccoli passi, sta provando ad avvicinarsi alla fantascienza, tenendo conto, ad esempio che nel 2013 un laser da 50 kilowatt è stato utilizzato per abbattere un drone da una distanza di due chilometri.

Se si pensa quindi a quanto le macchine come LFEX o come il suo concorrente texano siano decisamente più potenti di quella appena citata e al fatto che, già negli anni ’80, gli Stati Uniti avevano pensato ad uno scudo spaziale basato sulla tecnologia laser per difendersi da possibili attacchi di razzi a testata nucleare, ci si accorge quanto la prospettiva di conflitti basati sui laser, decisamente più gradevoli da vedere al cinema che da vivere, non sia poi così assurda.

 Alessandro Mercuri

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