A trent’anni dalla scomparsa di Giancarlo Siani, giornalista del Mattino, ucciso dalla camorra il 23 Settembre 1985, il Napoli Film Festival, nella sua diciassettesima edizione, ha deciso di commemorarlo attraverso le parole e le emozioni del regista, dello sceneggiatore e  dell’attore del film ‘Fortàpasc’ che racconta gli ultimi quattro mesi della vita di Siani.

Marco Risi, Andrea Purgatori e Libero De Rienzo, intervistati dal vicedirettore del Mattino, Federico Monga, hanno ricordato, in modo preciso e commosso, non solo l’iter della difficile  produzione del film ma anche la propria opinione su Siani, un uomo che come precisa Purgatori, “non voleva essere un eroe, ma desiderava semplicemente svolgere il suo lavoro” e, puntualizza De Rienzo: ”con camicia bianca, block notes e penna, cercava di raccontare la verità”.

Risi, nonostante siano passati anni dall’uscita del film, ammette senza indugi  quanto questa regia abbia significato molto per lui. Parla della responsabilità che subito ha percepito, dal momento in cui ha iniziato a girare la prima scena, fino all’ultima, la morte del giornalista, che dichiara di aver rimandato sempre, “come se non volessi che arrivasse quel momento”.

Risi spiega che il clima in cui si svolsero le riprese fu molto particolare, ma cambiò significativamente tra Napoli e Torre Annunziata. Nella città partenopea, le riprese si svolsero in un clima quasi idilliaco, dato il solenne rispetto verso Siani, tanto è vero che ricorda una vicenda avvenuta durante una scena in cui il giornalista girava con la sua Citroen Mehari verde a Napoli: ”l’auto fu vista e riconosciuta da un signore in moto, che subito si fermò e chiese cosa stessimo facendo. Quando seppe che era un film in onore di Giancarlo disse  -mi raccomando, dite al regista che lo facesse bene questo film-.

Altra storia per la provincia, dove la percezione per tutti i componenti della troupe era diversa, sembrava ci fosse una certa diffidenza, quasi un fastidio. Fastidio che Risi racconta di aver notato soprattutto durante la presentazione del film a Torre, dove ricorda che quando il film finì, l’intera sala si alzò in piedi e iniziò ad applaudire, tranne tre persone, sedute al centro, che con braccia conserte e aria di sfida, guardavano ferme ciò che stava accadendo”.

Guardare Fortàpasc e non rimanere coinvolto emotivamente sembra impensabile. Un film che è molto più del racconto di come è morto Giancarlo Siani, ma che mostra il lato umano, vulnerabile, di un ragazzo semplice e con tanta voglia di vivere, che a soli 26 anni aveva come obiettivo quello di scrivere, raccontare, sperando solo di mettere nero su bianco la realtà che lo circondava, sulla quale aveva indagato e che aveva bisogno di divulgare a quante più persone possibili. Un gesto che oggi da molti viene considerato onorevole ma che dovrebbe essere semplicemente la normalità.

Sono passati trent’anni, la tecnologia si è evoluta, i giornali si sono moltiplicati, come testimoniano i migliaia di articoli che escono ogni giorno. Ma dagli articoli di Siani, dal racconto delle verità più nascoste, la stampa ha davvero fatto dei passi avanti? A questa domanda lo sceneggiatore, Andrea Purgatori risponde in modo duro come spesso è la realtà, che tuttavia è l’unica cosa da conoscere necessariamente:

Ovviamente la stampa è regredita dalla morte di Siani, questo è un paese in cui il potere non ama l’informazione libera indipendente, questo è un paese in cui chi ha una solidità economica, vuole comprarsi un giornale, perché gli conviene. Questo produce una regressione, le vere inchieste non si fanno più. Eppure l’inchiesta è ciò che consente all’informazione di andare a fondo nelle cose, si cerca di capire perché, ma se questo lavoro non c’è più, tutto viene bruciato e macinato nella quotidianità”.

In un momento storico in cui tutto sembra scivolarci addosso è d’obbligo chiedersi se questi film servano davvero a sensibilizzare  chi li guarda. Purgatori è convinto di sì, e ripone nei giovani la speranza. Essi “devono sfidare il potere a non nascondergli la verità”.

Proprio come credeva Siani, che in una delle scene finali del film, risponde ad un ragazzo che esternava la propria mancanza di speranza, La speranza siete voi”.

Alessandra Vardaro

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