Robert Kubica è un pilota che ci ricordiamo bene. Che è riuscito in pochi anni a distinguersi per talento, sagacia e per un ordine mentale fuori dal comune. Primo pilota polacco a guidare una F1, a farci una pole position e a vincerci una gara (in Canada, nel 2008). Una carriera che ad oggi non sembra ancora essere finita, a quasi trentadue anni e reduce dall’ennesimo brutto incidente nel 2011. È da allora che non è più salito a bordo di una vettura da F1, se non nei simulatori della sede a Enstone della Renault, a cui è sempre rimasto legato.

Robert Kubica corre da quando aveva quattro anni, e da quando ne compie dieci comincia a vincere tutto. A volte così facilmente che il padre è costretto a portarlo in Italia per disputare un campionato più competitivo sui go kart, che diventa solo l’inizio di un percorso molto più florido. Nei primi anni duemila gira le categorie minori, passando dal World Series by Renault alla Formula Renault (che vince e che gli vale la chiamata in F1). Anni, questi, che si complicano quando nel 2003 rischia l’amputazione di un braccio per un brutto incidente stradale in Polonia.

Fa il suo esordio nella massima serie nel 2006 su BMW, sebbene avesse già provato contatti con la Renault (con cui disputò i test estivi a Barcellona). Primo gran premio in Ungheria sostituendo Jacques Villeneuve in corso d’opera, che si conclude malamente poiché costretto a rinunciare a un settimo posto per presunte irregolarità nella vettura. Concluderà, poi, in BMW sia la stagione 2006 che la successiva 2007, andando costantemente a punti fino a che la sorte non gli riserva ancora un incidente.

Robert Kubica sarà sostituito per alcuni gran premi da un certo Sebastian Vettel, che approfittò dell’occasione per mettersi in mostra per l’anno successivo (quello della consacrazione). Be’, ma questa è un’altra storia. Kubica, intanto, ritornerà a correre e a farlo bene. Addirittura vincendo un gran premio (in Canada), proprio dove un anno prima aveva rischiato un’altra volta la vita.

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Del polacco va riconosciuta soprattutto la caparbietà e la voglia di fare, oltre che l’esagerato talento. Kubica è tra gli ultimi baluardi della F1 ‘dei piloti’, che non sta a guardare che casacca porti e i colori della tua macchina. Per un breve periodo di tempo fu addirittura vicino alla Rossa, che aveva pensato a lui per riempire il sedile lasciato vuoto da Felipe Massa dopo l’infortunio. Non sappiamo decidere se esserne dispiaciuti o meno col senno del poi, non se ne fece niente proprio per rispetto di Felipe che conosceva e temeva un sostituto così forte. E “sono convinto che Kubica su una Ferrari avrebbe mosso i cuori di tutti, generando entusiasmi enormi. Il che rende più arduo il racconto, così come ha reso più amaro il suo tempo.” (da redbull.com, articolo a cura di Giorgio Terruzzi)

Dopo l’uscita dal Circus di BMW, Kubica firma il suo passaggio al team Renault, con cui avrà modo di crescere poco.  Manco a dirsi, incapperà in un altro incidente durante una competizione rallystica. Incidente che gli provocò una frattura alla gamba destra, un’emorragia interna e lesioni multiple alla mano, alla spalla e al braccio destro, tralasciando per diverso tempo le speranze di ritornare a vederlo guidare in gare ufficiali.

Questa volta sono passati ben cinque anni, e di Kubica si è tornato a sentir parlare negli ultimi giorni. Ha rimesso mani al volante e si è addirittura piazzato a podio nel penultimo atto del Renault Sport Trophy a Spa-Francorchamps. S’è fatto un gran vociare sul fatto che potesse ritornare in F1, magari come tester collaudatore Pirelli o persino pilota ufficiale Renault. Ma nonostante conosca Vasseur e abbia passato parecchio tempo al simulatore, al momento questa non sembra una rivelazione a cui dare troppa speranza. Magari in endurance sì, o ancora nei rally. Quel che è certo però è che vederlo tornare a correre e alzare trofei è un emozione che un appassionato di F1 del ventesimo secolo deve per forza provare.

Nicola Puca

 

 

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