“Igloos”, la mostra presentata da Pirelli all’HangarBiccoca il 25 ottobre 2018, è interamente dedicata a Mario Merz, esponente dell’Arte povera e artista rilevante del secondo dopoguerra. Il progetto espositivo, curato da Vincente Todolí, in collaborazione con Fondazione Merz, pone l’accento su un corpus di opere, fra le più significative nella produzione di Merz, gli igloo. La mostra “Igloos” si espande nei 5.500 metri quadrati delle Navate e del Cubo di Pirelli HangarBicocca e sarà visitabile fino al 24 febbraio 2019.

Mario Merz, artista eclettico

Nato a Milano nel 1925 da una famiglia di origine svizzera, Mario Merz trascorre la sua infanzia e formazione nella città di Torino, nella quale intraprende per due anni gli studi di medicina presso l’Università degli Studi di Torino. Ma presto gli interessi cambiano, abbandona la facoltà e durante la Seconda guerra mondiale si unisce al gruppo antifascista Giustizia e Libertà, una scelta che lo costringerà ad un anno di prigionia. Dopo l’esperienza del carcere, gli studi di medicina rimangono solo un vago ricordo, mentre il principio di una carriera artistica è qualcosa di sempre più concreto. Lo stile, inizialmente poco definibile, cambia in poco tempo, passando da un’arte di tipo astratta ad una di tipo informale

La prima esposizione personale avviene nel 1954 a Torino presso la galleria La Bussola, nella quale vengono esposti dipinti caratterizzati dall’elaborazione di forme naturali. La sperimentazione di Merz aumenta e si modifica con il tempo, da un primo utilizzo di tubi al neon, si approda poi all’uso di materiali differenti come il ferro, la cera, la pietra e la terra, tutti elementi che rivalutano la dimensione materica, diventata ormai la sua cifra stilistica personale. Merz diventa così un’artista eclettico, in grado di sfruttare ed intrecciare tecniche e materiali differenti.

Il primo igloo, intitolato Igloo di Giap, viene realizzato da Merz nel 1968L’opera di struttura semisferica era ricoperta interamente con una rete metallica, alla quale erano agganciati numerosi panni di argilla, avvolti in sacchetti di plastica. Lungo tutta la superficie esterna è presente una scritta al neon: «Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap». A partire da questo momento e per tutta la sua carriera, l’artista sviluppa la forma dell’igloo parallelamente alla produzione di opere pittoriche, scultoree ed installative. Ad oggi, il suo nome è naturalmente riconducibile a quello dell’Arte povera, corrente nella quale l’artista interseca tutti gli elementi della sua poetica: tavoli, spirali, serie di Fibonacci ed uso della parola scritta. 

“Igloos”, il percorso espositivo

“Igloos” dedicata a Mario Merz è caratterizzata da un percorso di oltre trenta opere di grandi dimensioni a forma di igloo, disposte in ordine cronologico: dalle prime realizzate negli anni ’60 alle ultime concepite negli anni 2000. Le opere, provenienti da numerosi collezioni private e musei internazionali come il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, la Tate Modern di Londra, l’Hamburger Bahnhof di Berlino e il Van Abbemuseum di Eindhoven, sono esposte insieme, per la prima volta, in Italia.

Il punto di partenza del progetto espositivo è la mostra personale di Mario Merz curata da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo. In tale occasione vennero presentate tutte le tipologie di igloo realizzate fino a quel momento da Merz, in modo tale da creare un “villaggio”, un “paese”, una “città irreale” nell’enorme spazio espositivo. In questa “città irreale” le opere riuscivano ad entrare in dialogo tra loro, dando vita ad un paesaggio del tutto dinamico.

Nel lavoro concettuale ed artistico di Mario Merz “l’igloo” porta con se’ molteplici significati che cambiano ed evolvono di opera in opera. La tipica casa degli eschimesi assume nella visione artistica di Merz una funzione sia tipo oggettivo che soggettivo. In senso oggettivo l’igloo è una costruzione di forma geometrica sferica che delimita uno spazio, un territorio, un limite tra interno ed esterno. Ma può essere anche ben altro, qualcosa di sicuramente più profondo e soggettivo. Su questo piano l’igloo è che ciò che esemplifica e metaforizza la condizione dell’uomo e del suo modo di abitare il mondo di oggi.

In “Igloos”, il concetto di igloo è quindi versatile ed adattativo in base ai contesti, ai tempi storici, e alle condizioni soggettive dell’individuo. È un’immagine che ambisce a rappresentare la realtà, ma che a volte sfugge, perché è essa stessa in continuo movimento e cambiamento. Il passato si interseca col presente, e viceversa, in un flusso inevitabile. La convivenza di elementi e concetti in opposizione come leggero-pesante, chiaro-scuro è evidente e voluta, per creare nuove simbologie.

Realtà naturale e realtà urbana entrano così in relazione tra loro, gli elementi primari come la luce, l’acqua, il legno e le pietre trovano sintonia con materiali più industriali come ferro, acciaio e argilla. L’igloo, concepito come unità-minima, elemento di stadio primordiale della civiltà umana, diventa uno spazio a se stante dove Merz riesce a far confluire tutti gli elementi della sua poetica. 

Il visitatore è quindi inevitabilmente immerso e coinvolto in un percorso inedito, dove convivono contemporaneità e arcaico in una circolarità dove il tempo è sospeso. L’esposizione di Milano prosegue l’intento delineato da Szeemann e Merz, includendo anche gli igloo concepiti nei decenni successivi alla mostra del 1985. 

Marta Barbera

Marta Barbera
Classe 1997, nata e cresciuta a Monza, ma milanese per necessità. Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, attualmente studentessa del corso magistrale in Editoria, Culture della Comunicazione e della Moda presso l'Università degli Studi di Milano. Amante delle lingue, dell'arte e della letteratura. Correre è la mia valvola di sfogo, scrivere il luogo dove trovo pace.

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