Così recita la Costituzione Italiana:

TITOLO V

LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI

Art. 114 La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.

Art. 116 Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano….

Sebbene con l’VIII disposizione transitoria si fosse stabilito che “le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali” dovessero essere indette “entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione” dobbiamo attendere il 1970 per la prima elezione dei Consigli Regionali ed il loro ingresso nelle storia istituzionale italiana. Nel 1972 vennero poi trasferite alle Regioni alcune funzioni amministrative ma per il vero cambiamento dobbiamo attendere addirittura la riforma del 2001 (approvata con una maggioranza di centrosinistra e poi confermata da un referendum) che puntava a dare allo Stato italiano un assetto federalista, spostando i centri di spesa dallo Stato centrale verso quelli periferici avvicinandosi così ai cittadini. Con questa riforma si consegnò alle regioni autonomia finanziaria (come spendere i soldi) e organizzativa (quanti consiglieri e quanti assessori avere e quanto pagarli) e si stabilì quali fossero le competenze esclusive dello Stato e quali quelle concorrenti, lasciando alle regioni il compito di occuparsi di tutte le altre (tra cui la più importante la sanità).

Se ad un primo sguardo il percorso che ha portato alla piena efficacia delle regioni potrebbe apparire come una vicenda travagliata ma con un lieto fine, la storia ci ha dimostrato che è stato piuttosto uno dei più clamorosi insuccessi della storia repubblicana. Le ragioni di questo fallimento sono sostanzialmente due:

Il dualismo tra poteri centrali e periferici. Come riportato da un recente articolo sul Sole 24 Ore negli ultimi 14 anni sono stati oltre 1500 i ricorsi presentati alla Consulta. Una lite continua tra Stato e Regioni che paralizza il sistema, rende incerto il diritto e sperpera il denaro dei contribuenti. Se consideriamo poi che molti dei ricorsi hanno riguardato le materie di finanza pubblica e il sistema tributario non facciamo fatica a comprendere chi più di tutti ci ha rimesso: il cittadino.

Mancata responsabilizzazione delle amministrazioni. Se da un lato la riforma del 2001 ha dato sempre maggiore capacità ed autonomia di spesa alle regioni, la stessa non ha mai chiesto agli amministratori locali d’intercettare il denaro necessario a coprirne il fabbisogno. Con il sistema dei trasferimenti è lo Stato che si assume l’onere di alzare le tasse, a copertura degli sperperi regionali, attraverso la fiscalità generale, deresponsabilizzato completamente il cattivo governo periferico. In questo modo le assemblee regionali hanno rapidamente imparato a colpevolizzare lo Stato centrale sia per la crescita delle imposte sia per la riduzione dei servizi offerti dovuti ad una riduzione dei trasferimenti dal centro verso la periferia. Una delle peggiori classi politiche del nostro paese (quella dei consigli regionali) ha in mano una quantità enorme di denaro senza sopportarne la responsabilità del suo utilizzo: gli innumerevoli scandali, che hanno colpito quasi tutte le regioni italiane, ci permettono di non aggiungere altro su questo tema.

In questo post avrei potuto presentare gli innumerevoli grafici che evidenziano come dal 2001 la spesa (e quindi la pressione fiscale) si sia impennata o mostrare quale sia il costo di questo apparato inefficiente, litigioso, incapace e per di più ladro, ma ho preferito evitare di “caricare” la discussione di informazioni, spero note ai molti, per favorire una riflessione su come in Italia un’idea buona (quella del federalismo) riesca ad essere trasformata in una catastrofe che pesa su chi lavora e favorisce un sistema politico inadeguato ed irresponsabile.

Le regioni in questi 14 anni di piena attività hanno dimostrato la loro inutilità e l’incapacità di raggiungere l’obiettivo di avvicinare i centri decisionali ai cittadini. Sperare in una rivisitazione che permetta di riprendere il cammino originale sarebbe pura utopia come inutile, anzi ancor più dannoso, è la via tracciata da Matteo Renzi che punta a mantenere  in piedi un sistema capace di generare consenso, attraverso il clientelismo di prossimità, imponendo un maggior centralismo.

Così come per il Senato anche per le regioni l’unica soluzione adeguata è dunque la loro abolizione.

 

Corrado Rabbia

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