Pietro Grasso: dalla lotta ambientale alla lotta alla mafia
fonte: linkiesta.it

Lotta ambientale, movimenti ambientalisti, manifestazioni per la salvaguardia dell’ambiente avvolgono il globo e chiedono maggior rispetto per il pianeta, devastato da un sistema eccessivamente consumistico e non proporzionato rispetto a ciò che la Terra è effettivamente in grado di sopportare e rigenerare. Progresso, globalizzazione e capitalismo hanno prodotto, da un lato, servizi, tecnologie avanzate, progresso; dall’altro regresso della capacità di autocontrollo degli uomini che si può osservare nei mari di plastica, negli incendi boschivi, nella scomparsa di foreste, nello scioglimento dei ghiacciai, nelle nubi nere di sostanze nocive che sbucano dalle centrali, dalle grandi industrie e dai roghi tossici con la complicità della mafia.

Se scienziati, geoingegneri, ingegneri climatici (che già anni fa ci avevano avvertito sui rischi cui stavamo andando incontro) stanno accelerando lo studio di soluzioni sperimentali per contenere l’inquinamento (stoccando la CO2, investendo sull’idrogeno, favorendo il passaggio dal carbone al gas naturale, etc.), i potenti della Terra il cui supporto sarebbe necessario, come Trump, giocano a guerre commerciali e minacce di guerre nucleari.

Nel frattempo c’è chi senza minacce, ma tramite attuazione diretta, ha dichiarato guerra aperta all’ambiente: la mafia. Una guerra, o uno stillicidio di piccole morti iniettate nel sottosuolo gradualmente e costantemente negli anni. Dallo smaltimento illecito di rifiuti tossici all’inquinamento agroalimentare all’abusivismo edilizio, la mafia ha devastato intere aree, ha fatto sì che oggi il sottosuolo che calpestiamo sia colmo di sostanze nocive, così come sostanze nocive respiriamo, mangiamo, beviamo.

Scrive Roberto Saviano: «Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati, diverrebbero una montagna di 15.600 metri di altezza, con una base di tre ettari, quasi il doppio dell’Everest». Insieme ai rifiuti, l’altra infiltrazione prediletta dai sodalizi criminali è quella nella filiera agroalimentare, attraverso l’esportazione e l’importazione di prodotti falsamente venduti come prodotti nazionali, immettendo in commercio anche quelli coltivati nei campi di rifiuti tombati. I controlli e gli investimenti nel mercato agroalimentare sono usati dalle mafie come canale di riciclaggio dei capitali illeciti (il cosiddetto money laundering) e hanno il vulnus nell’avvelenamento di una clientela ormai internazionale.

Rifiuti e soldi, morte e soldi: questo il motto della criminalità organizzata che, dispensando profitti per arruolare nuove leve nel sistema criminale e ottenendo profitti miliardari per sé, è riuscita ad infiltrarsi in ogni cucitura sociale inquinando tutto ciò che c’era da inquinare.

Che la mafia e la camorra infestino solo il Sud Italia nella Terra dei fuochi è una banalità trita e ritrita, perché l’inquinamento di stampo mafioso, l’ecomafia riguarda il Nord Italia, la Cina, l’America, e se la lotta ambientale non viene nell’immaginario comune assorbita totalmente nella lotta contro le mafie (una delle priorità assolute), a breve riguarderà anche il giardino di casa vostra, ovunque voi abitiate.

Come si legge nel Rapporto Ecomafia di Legambiente, «L’aggressione alle risorse ambientali in Italia si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro»; e ancora: «Tra il 2002 e il 2019 sono state denunciate 9027 persone e arrestate 20123 per organizzazione di traffico illecito di rifiuti, coinvolgendo 1195 aziende e 46 Stati esteri» . Quarantasei Stati su centonovantasei, ovvero il 25% del mondo è sfruttato dalla mafia per fare soldi illeciti e questi sono quelli finora certi, ma le inchieste della magistratura sono infinite.

La lotta ambientale, dunque, s’intreccia strettamente con la lotta alle mafie.

Al riguardo abbiamo intervistato Pietro Grasso in occasione della Summer School Ucsi a Casal di Principe. Pietro Grasso: magistrato e politico italiano, procuratore antimafia in Sicilia negli anni dei maggiori spargimenti di sangue (dall’omicidio di Piersanti Mattarella all’assassinio di Pietro Scaglione) e giudice nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra.

In che misura la lotta ambientale si collega alla lotta contro la mafia?

«Il problema della criminalità organizzata è fare soldi e affari trascurando quello che è il rispetto dell’ambiente. Questo mette in atto un’economia criminale basata sul traffico illecito di rifiuti, sulla distruzione dell’ambiente che danneggia i cittadini e soprattutto il futuro delle nuove generazioni. La camorra dà un grande contributo all’inquinamento su scala nazionale e internazionale, ma la camorra offre un servizio alle imprese del Nord, per cui c’è una corresponsabilità. Quelle imprese del Nord produttivo che per eliminare le scorie si affidano appunto alla criminalità per risparmiare i costi. Le responsabilità sono molto più complesse, non solo della camorra, ma anche delle persone che stanno attorno questo fenomeno, come ad esempio gli esperti chimici che fanno da trasportatori e tutti coloro che rientrano nella filiera del traffico di rifiuti»

Cosa s’intende oggi per Ecomafie?

«Ecomafia significa l’infiltrazione della criminalità organizzata in tutto ciò che sia collegato con il territorio e con l’ambiente. Una bella definizione sintetica è criminalità ambientale

Oltre il lavoro d’inchiesta della magistratura, i cittadini come potrebbero contribuire alla lotta ambientale e dunque alla lotta contro la mafia?

«Intanto collaborando con la magistratura, denunciando e considerando il territorio come la propria casa. Tu vuoi che io passo sotto casa e ti butto un sacchetto di immondizia? Penso di no. Se consideri il tuo territorio come la tua casa, apri gli occhi e inizi a denunciare. In questo senso di denuncia si inserisce anche l’importanza del giornalismo d’inchiesta, che è stato fondamentale per la scoperta di tanti siti di rifiuti illegali, anche privati e per le reti di connessioni sul traffico di rifiuti

Un’altra dichiarazione arriva da Franco Roberti, politico e magistrato, anche lui intervistato in occasione della Summer School UCSI. Da coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli condusse determinanti indagini nell’area casertana e napoletana che portarono alla cattura di numerosi latitanti del clan dei casalesi. Attualmente europarlamentare.

In questo contesto di inquinamento ambientale, che dipende da tanti fattori, come si inserisce il fattore mafia?

«Il tema ambientale è il tema prioritario dell’azione di governo a livello europeo, l’ha detto con estrema chiarezza la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen e credo rimarrà prioritario ancora per molto. Le mafie hanno responsabilità enormi sulla devastazione ambientale, non solo in Italia ma anche in tutti i Paesi europei. Il contrasto efficace alla mafia a livello internazionale diventa automaticamente azione di sostegno al recupero ambientale

Le inchieste più importanti sul traffico illecito di rifiuti tra Paesi europei?

«Le inchieste fatte presso la Procura distrettuale di Napoli, di Brescia, in alcune Procure siciliane, vanno ricordate per la loro estensione. La funzione delle inchieste giudiziarie non è solo quella di punire i responsabili ma anche mettere in luce fenomeni criminosi e consentire al legislatore d’intervenire con norme più efficaci per contrastare sempre di più il fenomeno mafioso

Lotta ambientale non si traduce solo in una rimozione fisica dei rifiuti da terra: lotta ambientale è espressione della maturazione di una coscienza civica e politica che tutti dovremmo incamerare, affinché le speculazioni mafiose e camorristiche siano sotto i riflettori nel dibattito mediatico e l’inquinamento ambientale non sia percepito come un problema che gli scienziati devono risolvere, ma coincida con una lotta alla mafia che abbia come punto cardine l’eliminazione dell’omertà e la tutela di sé stessi e del territorio comune.

Melissa Bonafiglia

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