Leon Faun, il paradosso della finzione che si fa realtà
Fonte: Thaurus Mngmnt

È “C’era una volta” il titolo del primo album ufficiale di Leon Faun in uscita per l’etichetta discografica Thaurus/Island Records/Universal Music Group.

Prodotto da Duffy, “C’era una volta” si compone di tredici freschissime tracce in un cui il rapper classe 2001 originario di fiumicino dà, ancora una volta, prova della sua abilità poetica e del suo modo del tutto originale di intendere la sua arte. Beat eterei, flow blando rispetto ai canoni tradizionali della vecchia scuola, arrangiamenti musicali ipnotici e ripetitivi che trasportano all’ascolto tutto d’un fiato in un’atmosfera, allo stesso tempo, malinconica e sognante sono le peculiarità di Leon Faun. Il merito dell’artista romano, apripista del nuovo filone del fantasy rap, è l’aver saputo guardare innanzi: questo disco oltrepassa i confini dell’hip hop classico donando al suo genere di riferimento un’attitudine alla quale non eravamo prima d’ora abituati.

Cambiare prospettiva e osservare la propria realtà in maniera differente suscita ai più un forte senso d’inadeguatezza. Navigare in acque note illude il singolo di possedere una maggiore capacità gestionale; compiere un percorso a ritroso, al contrario, lo fa sentire sulle spine ed inidoneo. Filtrare selettivamente ciò che si desidera conservare e sminuire aspetti non graditi della propria esistenza è alquanto improduttivo e nocivo. Come ci insegna Leon Faun in questa breve ma intensa raccolta di brani, il fil rouge della vita è da ricercare nel proprio passato. È nel tempo che fu che risiede il seme al cui termine di accrescimento, dall’apice del germoglio, si formerà il fusto saldo della nostra consapevolezza.

Per capire più a fondo la sua storia, la nostra redazione ha deciso di intervistare Leon Faun.

Benché la scelta del tuo moniker possa apparire ai più dettata dal tuo gusto personale, in verità non lo è propriamente: se Leon, il tuo prenome, può essere inteso come un richiamo alle tue radici e ti mantiene solidamente ancorato al terreno, Faun spinge la mente oltre la linea di confine che separa concreto e astratto. Ci spieghi la motivazione che ti ha portato a presentarti al pubblico come Leon Faun?

«Da bambino, volente o nolente, rimasi alquanto colpito da “Le cronache di Narnia”; in particolar modo la figura del Signor Tumnus, il primo personaggio fantastico incontrato dalla sorella minore della famiglia Pervensie a Narnia, mi si stampò in testa. Dato che, come credo abbiate compreso, sono amante di tutto ciò che ruota intorno al genere fantastico e portare alla luce la bellezza dell’essere sé stessi, nei propri pregi e nei propri difetti, in un immaginario, quello del rap italiano, fin troppo stereotipato e macho è la mia prerogativa, decisi di incarnare, musicalmente parlando, il personaggio del fauno.»

L’impatto visivo suscitato dall’immagine di copertina del tuo album d’esordio non lascia spazio all’immaginazione di quel che sarà il contenuto. Che storia vuoi raccontarci?

«La foto di copertina raffigura un Leon Faun con delle ramificazioni in petto al termine delle quali è posto un fiore. I rami secchi alle mie spalle rappresentano il marciume che mi lascio dietro, mentre il bocciolo che germoglia dal mio busto raffigura la rinascita, il desiderio di andare avanti sempre e comunque. Rimanendo fedele a tutto quanto c’è stato, l’ho “impacchettato” a mo’ di fantasy; dal punto di vista musicale, essendo un disco più intimo, si discosta dalle mie precedenti pubblicazioni.»

La copertina di “C’era una volta” , album d’esordio di Leon Faun

Mi pare di capire che quello di “C’era una volta” è, quindi, un Leon Faun fortemente radicato al suo passato, ma che guarda al futuro tralasciando le sovrastrutture, raccontandosi in modo diretto. Non c’è mai stato un momento in cui hai pensato che sarebbe stato meglio evitare, per non esporti troppo?

«Nei singoli che hanno preceduto la pubblicazione del disco tendevo a non andare sul palese, a creare immagini senza raccontare quella che è la mia persona nello specifico. In questa occasione, ho colto la palla che mi ha permesso di virare verso una svolta al balzo: il titolo “C’era una volta” riconduce sì al primo step di una successione logica e cronologica al fine di ottenere una storia coerente, ma quella storia, in questo, caso è la mia personale. Se la nostra capacità di percezione è in grado di comprendere ciò che ci circonda nel nostro sistema di vita, la realtà può addirittura superare la finzione cinematografica.»

Trovo che la frase “La solitudine farà di me una star ”, contenuta in “La follia non ha età”, al di là del descrivere a pieno regime l’anima di Leon Faun, dia prova della tua capacità di guardare oltre i concetti precostituiti. A tuo parere, in che modo un qualcosa che appare agli occhi di tutti come negativo può rivelarsi un punto di forza?

«Il malinteso dualistico, da cui bisognerebbe fuggire, opera all’interno di tutta la coscienza umana: esiste una sola forza, quella vitale, che infonde energia in ogni espressione della vita. La medesima, se non viene in alcun modo alterata, circola in maniera positiva ed assertiva; in caso contrario in un vortice distruttivo e negativo. Sta a noi mantenerla intatta nella sua forma originale

Vincenzo Nicoletti

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