L’inquinamento acustico prodotto dalle attività umane influisce negativamente sulla salute dell’uomo e su quella della fauna selvatica. A sottolinearlo l’ultimo report dell’EEA, l’Agenzia europea dell’ambiente, secondo cui il rumore causato dal settore dei trasporti rappresenterebbe il secondo fattore inquinante più significativo dopo quello inerente il particolato atmosferico. Nel 2012 circa 100 milioni di persone sono state esposte a livelli di rumore maggiori di quelli previsti dall’END (Direttiva sul rumore ambientale – 2002/49/CE) con conseguenti ricadute sulla salute pubblica e sulla biodiversità.
Inquinamento acustico: l’impatto sulla salute
Con l’istituzione dell’END, un vero e proprio piano legislativo atto a monitorare l’inquinamento acustico in Europa, gli Stati membri hanno avviato la creazione di mappe acustiche, grazie alle quali è stato possibile determinare il tasso di esposizione al rumore ambientale dovuto, principalmente, al settore industriale e ai trasporti. Tale mappatura costituisce la base per azioni specifiche atte a combattere il suddetto inquinamento e a ridurre i rischi da esso derivanti. A tal proposito la Direttiva definisce alcuni indicatori di rumore da utilizzare nella realizzazione delle mappe acustiche:
- 55 dB Lden: l’indicatore di livello giorno, sera e notte progettato per valutare il fastidio;
- 50 dB Lnight: l’indicatore del livello notturno progettato per valutare i disturbi del sonno.
Dal report “Gestire l’esposizione al rumore in Europa” dell’EEA emerge che «Il rumore del traffico stradale, sia all’interno che all’esterno delle aree urbane, è ancora la fonte dominante che influenza l’esposizione umana al di sopra dei livelli di azione di 55 dB L den definiti dalla END. Circa 100 milioni di persone sono esposte al rumore del traffico stradale superiore a 55 dB L den nei Paesi membri del SEE-33. Di questi, 32 milioni sono esposti a livelli di rumore molto elevati superiori a 65 dB L den».
A otto anni dal sopracitato report la situazione non è certo migliorata. L’Agenzia europea ambientale ha infatti redatto un nuovo rapporto aggiornato, inerente il numero di persone esposte all’inquinamento acustico e ai relativi impatti sulla salute in Europa. Con la relazione n.22/2019 denominata “Environmental noise in Europe – 2020” è stato altresì possibile documentare e valutare le azioni intraprese dai Paesi membri in merito a tale problematica e analizzare l’impatto di questa sulla fauna selvatica.
Secondo le stime della sopracitata relazione, l’inquinamento acustico colpisce un cittadino europeo su cinque ed è causa di 12.000 morti premature e di 48.000 nuovi casi di cardiopatia ischemica ogni anno nell’intero territorio europeo. Questo fattore inquinante provoca elevati disturbi cronici che interessano 22 milioni di persone e gravi disturbi del sonno in 6,5 milioni di cittadini europei. Data l’inevitabile copertura incompleta del programma END, l’Agenzia europea per l’ambiente considera sottostimate tali cifre e sottolinea che i danni causati dall’inquinamento acustico colpiscono maggiormente le classi socialmente svantaggiate.
«Gli obiettivi della politica sul rumore ambientale non sono stati ancora raggiunti. Il numero di persone esposte ad alti livelli di rumore non è diminuito e milioni di persone rimangono esposte a livelli di rumore dannosi per la salute» denuncia l’EEA. In parole povere, sette anni di fallimenti politici. Nel 2013 infatti il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea adottarono il “7°PAA – Programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020“, con il quale gli Stati membri dell’UE avrebbero dovuto ridurre notevolmente il rumore ambientale, avvicinandosi ai limiti suggeriti dall’OMS. Così non è stato: la cifra delle persone esposte all’inquinamento acustico in Europa è rimasto pressoché inalterato dal 2012 e, come se non bastasse, i ricercatori prevedono che il numero di cittadini europei colpiti aumenterà con l’aumentare dell’urbanizzazione e della mobilità.
L’inquinamento acustico di origine antropogenica rappresenta una grave problematica da affrontare con urgenza che, oltre a danneggiare la salute dell’uomo, lede pesantemente anche la fauna selvatica. Dalla relazione dell’EEA si apprende infatti che «Il rumore antropogenico colpisce un’ampia varietà di specie selvatiche terrestri e marine provocando una serie di risposte fisiologiche e comportamentali. Questi possono ridurre il successo riproduttivo e aumentare la mortalità e l’emigrazione, con una conseguente riduzione della densità di popolazione». Si stima che almeno il 19% delle zone naturali protette da Natura 2000, lo strumento adottato dall’UE per la salvaguardia della biodiversità, rientri in aree in cui si registrano livelli di rumore ambientale superiori a quelli stabiliti dall’END.
Soluzioni per ridurre e gestire il rumore ambientale
Il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente non dà solo cattive notizie. Secondo l’EEA infatti sono molte le misure utili al controllo e alla mitigazione dell’inquinamento acustico. È possibile infatti agire sull’origine del problema, tramite azioni come la realizzazione di asfalto a bassa rumorosità, l’utilizzo di motori “silenziosi”, una migliore gestione del traffico che preveda delle limitazioni fattive per il traffico aeroportuale e dei mezzi pesanti o l’incentivazione di fonti silenziose. Ulteriori misure inerenti la propagazione del rumore possono prevedere la realizzazione di barriere anti-rumore oltre che interventi di isolamento degli edifici e di insonorizzazione delle finestre.
Occorre quindi una migliore applicazione dell’END, affinché i cittadini europei e la fauna selvatica possano essere protetti efficacemente dal rumore ambientale di origine antropogenica. Spetta ora agli Stati membri aggiornare le mappe acustiche e attuare piani adeguati contro l’inquinamento acustico e a favore della salute dell’uomo e della biodiversità.
Marco Pisano