Di camorra e di ricostruzione sociale si discorre nel libro di Gianni Solino “Il Cratere. Che fine fanno i ragazzi di camorra”, la cui presentazione è avvenuta a Casa don Diana presso Casal di Principe.

La presentazione ha luogo in uno spazio confiscato alla camorra, dedicato a Don Diana, una delle tante vittime della camorra: parroco ucciso nella sua Chiesa nel 1994, emblema di resistenza, così come emblematico resta il suo motto eterno: «Per amore del mio popolo non tacerò».

Anni di depredazione camorristica, in territori come Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna (luoghi in cui è ambientato il libro, ma che per analogia si estende ovunque), sono percepibili in colate di cemento e nella considerevole quantità di beni confiscati in ogni angolo del paese, che ben rendono l’idea di un territorio profanato dalla guerra di una camorra sanguisuga ma non invincibile.

Nel 2010 il Processo Spartacus ha sviscerato il monopolio dei clan in tali zone, battezzando una nuova fase: la normalità non è più avere camorristi nella porta a fianco, non è più convivere con l’omertà e gradualmente la realtà sta cambiando. Inchieste e sentenze hanno estirpato solo le cime di un male sociale, quale la camorra, che affonda silenziosamente le proprie radici in ogni aspetto del vivere quotidiano: dal cibo all’abbigliamento, dall’educazione dei ragazzi all’aria che respiriamo, ma «il lavoro della magistratura non è finito, anzi è appena iniziato» (G. Solino).

Da dove ha origine il fenomeno mafioso? La camorra approfitta del vuoto dello Stato, in alcuni casi sostituisce l’attività statale, in altri casi vi collabora, ma dall’estirpazione nasce un altro vuoto: un vuoto di principi, di regole che dovrebbero colmare le istituzioni. Da qui la domanda “Che fine fanno i ragazzi di camorra? I ragazzi nati in regime camorristico e ora orfani di esso?”. Solino ripone fiducia nel sistema scolastico: «Bisogna ripartire dalle scuole» continua «Se non si recuperano i ragazzi, dopo una piccola parentesi di tranquillità (data appunto dagli arresti dei capi mafiosi) saranno loro che torneranno a dominare, a colonizzare». È soprattutto una questione di rieducazione: rieducarli ai principi umanitari di giustizia sociale e astrarli dal desiderio di rivalsa e di sopraffazione dello spietato mondo camorristico.

Casa Don Diana

Solino delinea scenari di un possibile sviluppo sociale che parta anche dalla valorizzazione dei beni confiscati: lungi dall’assistenzialismo egli ipotizza uno sviluppo autonomo.

Tra gli ospiti interviene il già Procuratore antimafia Franco Roberti testimoniando la sua esperienza da magistrato e affermando: «Le mafie non hanno vinto, ma non ha ancora vinto nemmeno lo Stato». La vera forza delle mafie è la corruzione e la vulnerabilità amministrativa. Sconfitta la corruzione è la costruzione che preoccupa. Il rischio di una scorretta costruzione è la vanificazione della lotta alla mafia e un terreno fertile per il suo ritorno. «Dopo l’intervento repressivo ci dev’essere quello costruttivo, altrimenti ritorneranno le stesse situazioni, le stesse facce e non si sarà fatto niente. La novità è che c’è una consapevolezza dei principi ma non la forza per attuarli, manca un aggancio alla realtà. Nella carta di Milano si enumerano i passi avanti nella lotta alla camorra ma non c’è un rilancio di competenze(F. Roberti)

Roberti parla di un Piano Marshall non solo economico, ma anche dal punto di vista delle risorse umane: occorre non solo denaro ma “persone per bene” per affrontare l’area grigia, ovvero quell’area in cui s’intrecciano gli interessi mafiosi con quelli istituzionali.

Presentazione libro di Gianni Solino presso Casal di Principe

L’ultimo intervento è proprio del sindaco Renato Natale, sindaco di Casal di Principe anche durante il monopolio di Schiavone, che lamenta la scarsa attenzione e vicinanza dello Stato nei confronti dei Comuni soggetti a infiltrazioni mafiose. «Dallo spaccio di sigarette di contrabbando nella scuola elementare, ai colpi di pistola al panificio, i bilanci rilevano 2 milioni di euro bruciati in un anno a Casal di principe nei giochi d’azzardo» questi solo alcuni esempi addotti dal Sindaco per comprendere la difficoltà nell’amministrare tali territori.

Nell’immaginario collettivo pensiamo la camorra quale fenomeno esistente e rilevante, ma la portata della sua dannosità supera ogni livello di conoscenza. La paura è l’onda che cavalca la criminalità organizzata e costi quel che costi (Don Diana docet) bisogna lottare.

Melissa Bonafiglia

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