Al Queen Elizabeth Stadium di Londra si infrange contro l’Irlanda il cammino azzurro ai campionati mondiali di rugby. Nonostante la grande prova d’orgoglio, gli azzurri nulla hanno potuto contro una delle più compagini rugbistiche dell’emisfero nord; basti pensare che negli ultimi due anni non solo si sono aggiudicati il prestigioso Trofeo Sei Nazioni ma hanno perso solo in tre occasioni. Il risultato finale di 16 a 9 testimonia che gli azzurri hanno dato filo da torcere ai loro avversari. Una grande prova di maturità anche se, con un pizzico di esperienza e di cattiveria in più, si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore e sicuramente più concreto ai fini di un campionato mondiale di rugby più longevo per gli azzurri.

Cultura del rugby sul modello nipponico

A differenza dei due incontri precedenti, la Nazionale italiana ha dimostrato di potersela giocare alla pari con qualsiasi avversario, mettendo in campo buone doti tecnico-tattiche ed una grande forza di impatto/sacrificio tali da ostacolare anche i più forti. Questo potrebbe essere un buon punto di partenza per dare continuità a prestazioni di gioco sempre migliori e, perché no, anche per provare a creare un movimento culturale nei confronti di questo sport sul modello nipponico. La nazionale giapponese infatti si è presentata a questo mondiale con lo spirito giusto, tanto da risultare vittoriosa con un’eclatante risultato contro il Sudafrica, una delle formazioni di rugby più forti a livello mondiale che avrebbe potuto ambire al titolo.

L’italia esce dalla competizione a testa alta, mostrando finalmente carattere ed un piano di gioco efficace, restando pur sempre in partita contro i verdi Irlandesi che nelle fasi finali hanno temuto il ritorno degli azzurri patendo anche l’uomo in meno. Questo match è stato un po’ come Davide contro Golia, ma come spesso accade non sempre la storia concede replay.

Fonte immagine in evidenza: giornalesm.com

Eugenio Fiorentino

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