Nelle ultime settimane la capitale dell’Afghanistan, Kabul, è tornata al centro delle cronache per i violenti attacchi terroristici che stanno destabilizzando il già fragile governo centrale. Questa nuova ondata di attacchi lascia la capitale a fare i conti con un bilancio pesante di vittime tra i civili che ha visto nella sola giornata del 27 gennaio la morte di 103 persone in quello che può essere considerato uno dei più sanguinosi attentati della storia del Paese.

Il susseguirsi degli attentati dell’ultimo mese non può non far pensare a quello che sembra il risultato di un’intensa rivalità tra i due principali gruppi antigovernativi che operano a Kabul e nel Paese: i talebani e la branca regionale dell’ISIS in Afghanistan (Islamic State Khorasan Province ISKP).

I primi sono ritenuti responsabili della strage del 27 gennaio e dell’attacco della settimana precedente all’hotel Intercontinental, la più grande struttura ricettiva di Kabul e punto di riferimento di molti degli stranieri presenti nel Paese, mentre i secondi hanno rivendicato l’attacco contro l’accademia militare presente nella città dove hanno perso la vita cinque militari nonché l’attacco del 24 gennaio contro la sede di Save the Children nella città di Jalalabad nella provincia di Nangarhar, area in cui è concentrato il maggior numero di terroristi affiliati all’ISIS.

Il nazionalismo talebano, l’internazionalismo dell’ISIS e la lotta per la conquista del territorio

Nella feroce lotta per la leadership nel Paese vengono contrapposte due diverse prospettive per il futuro dell’Afghanistan: mentre i talebani mirano a rafforzare il proprio controllo sul Paese e concentrano i propri sforzi sopratutto in azioni volte alla destabilizzazione del governo centrale, il fine ultimo dell’ISIS è quello di ricostruire “il Califfato” utilizzando frequentemente attacchi diretti alla popolazione e in particolare alle minoranze sciite.

La presenza dell’ISIS in Afghanistan è ancora piuttosto limitata e concentrata lungo il confine con il Pakistan e nella capitale Kabul. Nonostante la sua limitata radicalizzazione sul territorio il gruppo armato è riuscito a mettere a segno sanguinosi attentati sfruttando soprattutto le sue cellule urbane.

La presenza e la forza dei Talebani sul territorio è di tutta altra entità. Infatti, secondo uno studio della BBC, attualmente 15 milioni di persone, ovvero la metà della popolazione, vivono in aree dove i talebani esercitano una forte influenza e ben 14 distretti (il 4% del territorio dell’Afghanistan) sono sotto il controllo totale e diretto del gruppo armato.

La realtà dei talebani è inoltre molto eterogenea e comprende frange più moderate che cercano una legittimazione istituzionale che potrebbe passare per un avvicinamento nei confronti del governo anche in chiave anti ISIS e gruppi più intransigenti non disposti a compressi. Gli attentati delle ultime settimane rientrano probabilmente nella strategia di questi ultimi gruppi.

Prove di forza e lo “spettacolo” del terrore

Ma quindi se la forza e le risorse dell’ISKP sono così limitate perché la competizione con i talebani sembra essere un nodo vitale per il futuro dell’Afghanistan?

Una prima riflessione da fare riguarda sicuramente la scelta degli obiettivi degli attentati. Gli attacchi dei due gruppi assumono sempre più una dimensione urbana, concentrandosi infatti nella capitale, e coinvolgono sempre più obiettivi civili. Ciò può essere letto anche come un tentativo di concentrare gli sforzi in un’area limitata del Paese ottimizzando così le forze, che nel caso dell’ISIS in Afghanistan sono decisamente limitate, e massimizzando la copertura mediatica. La maggior parte dei cittadini stranieri e dei giornalisti è concentrata infatti a Kabul.

Non è di certo la prima volta che l’Afghanistan diventa il palcoscenico dove mostrare al mondo la propria forza. Basta ricordare lo sgancio della “Madre di tutte le bombe”, la bomba sganciata dalle forze aeree americane per distruggere un complesso di tunnel utilizzati dall’ISIS avvenuto il 12 aprile 2017. Un atto di forza che ha stupito il mondo intero senza però porre realmente fine al terrore in Afghanistan.

Influenze esterne che infiammano il Paese

Ma sarebbe riduttivo pensare che l’escalation di violenza a Kabul sia soltanto il risultato della competizione tra i due gruppi antagonisti che cercano di destabilizzare un governo fin troppo debole.

Obiettivo degli attacchi dei talebani è infatti da sempre la presenza dei contingenti stranieri e delle forze americane. Nonostante un iniziale disinteresse di Trump verso la questione Afghanistan il presidente americano ha deciso di rinnovare l’impegno militare nel Paese. Inoltre, la decisione di tagliare gli aiuti al Pakistan, colpevole di non contribuire in maniera significativa alla lotta al terrorismo, potrebbe aver contribuito a fomentare talebani e ISKP aiutati, forse, da parte dei servizi segreti pakistani.

Marcella Esposito

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