Viviamo in un periodo delicato, di divisioni politiche, sociali e di pensiero che sfociano spesso in vere e proprie guerre, spesso occulte, consumate nel silenzio di chi si affida ai canali di comunicazione ufficiali o, alla meglio, al sedicente politico urlante che fornisce sempre una versione parziale nonché inevitabilmente faziosa dei fatti.

Guerre particolaristiche e delocalizzate. Ma ce n’è una, forse quella più subdola, patetica e universale fra tutte: quella che vede i ricchi contro i poveri, tra chi può pensare al domani con una certa serenità e chi no. Una dialettica antica quanto il mondo, direbbe Marx. Il problema è che questi ricchi, oggi, non sono più definibili ricchi, e i poveri, sono sempre più poveri, con la conseguenza che queste tensioni si acuiscono sempre più aumentando la distanza che passa tra noi e loro (utilizzo il termine “noi” in quanto siamo evidentemente i fortunati, quelli nati nella parte opulenta del mondo). E quando le divisioni non sono marcate abbastanza dalla discriminazione, dalla segregazione e dalla chiusura mentale, ecco ergersi l’ultimo vergognoso baluardo materiale e tangibile della differenza: i muri. O barriere, se preferite.

Per proteggersi dai migranti, solo in Europa, negli ultimi cinque anni, si sono eretti dei muri monumentali, come quello di Calais nel nord francese, il muro tra Ungheria e Serbia, quello tra Turchia e Bulgaria per scoraggiare i flussi migratori provenienti da est e quello al confine con il Brennero tra Austria e Italia, che non è di cemento né di filo spinato, ma consiste in duemiladuecento soldati spiegati a difendere i confini austriaci dall’assalto dei migranti di passaggio in Italia.

Altro che Sette Regni e Trono di Spade, qui: i domini degli uomini sono protetti molto meglio. Senza neanche scomodare i Guardiani della Notte. Peccato che la Barriera serva ad allontanare gli Estranei, ovvero dei mostri immortali dal cuore di ghiaccio, mentre noi, nella piatta realtà, ci ripariamo da… altri uomini.

Siamo di fronte al fallimento dell’umanità su vastissima scala? Alla carta straccia dei principi democratici? Alla vanificazione di secoli di passi avanti in termini di diritti umani? Non vogliamo spingerci così oltre, ma è evidente che le politiche dei nostri paesi, contrariamente a quella di Game of Thrones, si muovano a passo di gambero.

Qualcuno potrà obiettare: e il Popolo Libero? Sì, la Barriera serve anche esecrabilmente a separare i civili dai selvaggi, con la differenza che i Bruti (così chiamati nei Sette Regni) accettano passivamente questa divisione, in quanto, in origine, refrattari nell’inginocchiarsi al cospetto di questo o quell’altro Re. Non amano le gerarchie, inseguono la libertà del corpo e della mente. E qualche scorreria oltre la Barriera è giustificata dalla penuria di beni di prima necessità o dall’inedia. Insomma, alla base della separazione dal Trono di Spade, c’è (o sarebbe meglio dire, c’era) un accordo tacito, negozionale, tra le due parti. Una pace apparente mantenuta e fatta ripettare dai Guardiani della Notte. Cosa molto diversa dal nostro mondo, dove l’oppressione e l’ingordigia verso i beni materiali la fanno da padrona.

Come si è giunti a queste Barriere? Usiamo il plurale, perché nel mondo di GoT come nel nostro, le contingenze scatenanti sono simili. Ad un fisiologico e ineliminabile (ma non per questo meno biasimabile) razzismo differenzialista, un fattore determinante è stata sicuramente la crisi economica. Il XXI secolo è stato contrassegnato da una lenta ma dolorosa depressione che ha coinvolto tutti i paesi tecnologizzati, cosa che ha inasprito i requisiti d’accesso alle frontiere così come ha alimentato l’ostruzionismo dell’opinione pubblica nei confronti dei fisiologici flussi migratori. Da migranti, essi sono diventati i colpevoli, il capro espiatorio delle recessione, perché si sa, la pancia degli uomini ignoranti è sempre piena di chiacchiere, e quando scevra di spiegazione o argomenti, si rifugia sempre nella spiegazione più semplice ed evidente.

Nel mondo di GoT, di contro, non si può parlare propriamente di crisi, in quanto l’ambientazione medievale suggerisce carestie, povertà dilagante e disuguaglianze all’ordine del giorno. Ma la scarsità di beni di prima necessità è sicuramente un fattore determinante dell’idiosincrasia tra il popolo e i bruti.

Ma l’elemento che più ha legittimato la costruzione delle Barriere, fittizie quanto reali, è la paura. Non esiste emozione più atrofizzante per la coscienza umana, anche per la mente dei più saggi e avveduti. In GoT il timore verso i Bruti, ma soprattutto per gli Estranei, spingeva Bowen Marsh e Alliser Thorne a negare l’accesso a chiunque fosse oltre la scintillante lastra di ghiaccio. Arrivarono addirittura a cospirare contro Jon Snow, reo di aver avanzato la malsana proposta di aprire le porte a quella gente in pericolo, in cerca di rifugio. Non dalla guerra o dagli stenti, ma dai morti viventi.

Marsh, Thorne e compagnia, lo ammettiate o no, sono la rappresentazione romanzata e turpe dello zeitgest del nostro tempo in fatto di migranti e accoglienza.

Nel nostro meno oscuro, ma non per questo migliore, mondo, la necessità di queste barriere è da attribuire, invece, all’emergere di un nemico invisibile che si cela sotto in funesto acronimo ISIS, seminando terrore nella parte pacifica e democratica (sempre sulla carta) del mondo. Da qui la cieca esigenza di maggiore sicurezza. Una pretesa legittima ma non sottoposta ad analisi né a confutazione critica.

C’è la paura, e tanto basta per assecondare ogni azione, ogni provvedimento egoistico volto a salvaguardare sé stessi piuttosto che gli altri. La società che torna ad assumere i connotati di una giungla hobbesiana, di animali contro altri animali. Poco importa se tra quelli rifiutati o tra coloro lasciati marcire in mare ci siano persone che ne hanno vista di ogni, in fuga da ingiustizie ed efferatezze che per noi è difficile solo immaginare.

È innegabile che la questione migratoria sia molto più intricata di quanto qui si abbozzi. Essa è una zona grigia dove confluiscono interessi opposti, dove di umano, spesso, c’è ben poco. Basti pensare alla questione ONG e allo scandalo della tedesca Iuventa di pochi giorni fa, per non parlare della retorica politica spicciola, nella ricerca sempiterna di legittimazione e mai spinta da un sincero slancio umanitario.

C’è forse bisogno di un Jon Snow nel nostro mondo, primo lord comandante a unire Guardiani della Notte e Popolo Libero. O forse, di una minaccia più grande, in grado di derubricare tutte le questioni mediocri e vituperate e spingere verso una necessaria, ma autentica, solidarietà tra i popoli. Fra uomini e altri uomini.

Ma forse sta proprio qui l’errore. Nell’idealizzare il concetto di umano, rendendolo quasi un qualcosa di metafisico, trascendente.  Ideale ed evanescente, rispetto alla realtà dei fatti. Forse, tra di noi, siamo semplicemente Estranei.

Enrico Ciccarelli

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