All’incirca 5000 (o forse addirittura 25000 anni fa), in quella che chiamiamo Vecchia Europa, la prima civiltà europea, esistevano divinità solo femminili: una religione matrifocale che adorava la Grande dea. Questa Dea era venerata come forza vitale femminile, collegata alla natura, alla fertilità, responsabile della creazione quanto della distruzione della vita. Suoi simboli erano il serpente, la colomba, la luna. Considerata immortale, immutabile e onnipotente, grazie a lei la donna ereditava una grande importanza e, se aveva amanti, non era per dare un padre ai suoi figli ma per proprio piacere. Questa religione permane come unica religione concepita fino all’invasione dei popoli indo-europei che, con una cultura e una religione patriarcale, introdussero le prime divinità maschili. A quel punto, la Grande Dea venne smembrata in tante altre divinità femminili che vivevano e agivano con gli dei.

Perchè facciamo riferimento a tutto questo? Lo studioso Jung traccia una matrice psichica comune che definisce inconscio collettivoformato da storie e miti antichi che sono arrivati fino ad ora. Dall’inconscio collettivo la nostra psiche prende gli archetipiidee che fanno da filtro a ciò che noi esperiamo del mondo e da cui vengono scelti i comportamenti da attuare. Quindi per comprendere ogni donna e affinchè ogni donna si comprenda, deve essere nota la divinità e i miti ad essa collegati che guidano i suoi comportamenti.

Le divinità femminili sono sette, divise in tre categorie: le dee vergini, le dee vulnerabili, le dee alchemiche.  Le dee vergini sono: Artemide, Atena ed Estia. Artemide dea della caccia e della luna, protettrice dei piccoli di ogni essere vivente; Atena dea della saggezza e dei misteri, stratega in battaglia; Estia dea del focolare. Le dee vergini simboleggiano la qualità femminile dell’indipendenza e dell’autosufficienza. A differenza delle altre divinità dell’Olimpo non erano inclini ad innamorarsi, le relazioni non le distoglievano da ciò che reputavano importante. Non si facevano facevano vittimizzare e non soffrivano. Come archetipi esprimono il bisogno di indipendenza della donna, la sua capacità di concentrarsi su quanto è significativo per lei come personalità autonoma. Artemide e Atena rappresentano la logica e la concentrazione sulla meta, ció fa di loro gli archetipi della realizzazione. Estia è l’archetipo della concentrazione sull’interno, chiaro emblema della spiritualità.

Nel secondo gruppo, le dee della vulnerabilità quali Era, Demetra, Persefone. Era dea del matrimonio, consorte di Zeus; Demetra dea delle messiPersefone sua figlia è la dea fanciulla. Le tre dee rappresentano i ruoli tradizionali di mogliemadrefiglia. Sono archetipi orientati al rapporto, dee la cui identità e benessere dipendono dalla presenza, nella loro vita, di un rapporto significativo; esprimono il bisogno di appartenenza e di legame tipico delle donne, sono sintonizzate sugli altri e vulnerabili. Vennero violentate, rapite e sottomesse da divinità maschili. Quando i loro legami si spezzavano, soffrivano e manifestavano sintomi simili alla malattia psichica. Tuttavia subivano anche un’evoluzione che può aiutare una donna a capire la natura e la giusta modalità di reazione alla perdita, la possibilità di crescita attraverso la sofferenza, proprie, appunto, di queste divinità.

Afrodite appartiene ad un gruppo a se, che è quello alchemico. Dea dell’amore, della bellezza, sensualità e sessualità. Stringeva rapporti a suo piacimento e non fu mai vittimizzata. Mantenne la sua autonomia come dea vergine e visse i rapporti come dea vulnerabile. L’archetipo Afrodite spinge la donna a cercare nei rapporti intensità e stabilità, a tenere attiva la creatività e l’apertura al cambiamento.

Leggendo la descrizione di queste divinità femminili ogni donna si sarà sentita descritta da una o dall’altra divinità. Conoscere a fondo i miti legati ad ogni divinità può essere utile alla lettura dei propri comportamenti e delle proprie inclinazioni. E tu, quale dea sei?

Buon 8 marzo donna. Alla scoperta (o riscoperta) della dea dentro di te.

Valentina Di Fonzo

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