tasseNel 1647 l’aumento della tassazione sui beni di prima necessità, come il grano, venne contestato con una rivolta che porta il nome di colui che l’ha guidata: Masaniello. In quegli anni la dominazione spagnola usufruiva dei possedimenti nel Regno Di Napoli per poter finanziare tutte le campagne militari; nello specifico, in quel periodo bisognava reperire un milione di ducati per finanziare la guerra contro la Francia. Sebbene il peso delle tasse diminuì lievemente sotto il viceré Juan Alfonso Enríquez de Cabrera, che revocò alcune imposte, al momento della sua sostituzione con Rodrigo Ponce de León, duca d’Arcos, descritto dai contemporanei come un uomo dedito alla vita mondana, frivolo e senza esperienza di governo, venne reintrodotta, nel 1646, una gravosa gabella sulla frutta, all’epoca l’alimento più consumato dai ceti umili. Lo stesso provvedimento nel 1620 aveva già scatenato gravi tumulti in città. Il 6 giugno 1647, dunque, alcuni popolani guidati da Masaniello e dal fratello Giovanni bruciarono i banchi del dazio a piazza del Mercato, ottenendo così l’abolizione di tutte le gabelle.
Arriviamo al 2015
Addizionali locali salatissime per coprire o a fronte di servizi spesso decisamente sotto lo standard nazionale e finanche meridionale, per i lavoratori dipendenti campani con un reddito pro capite decisamente basso. “Circa 41 milioni di contribuenti italiani hanno assolto, nel 2014, direttamente l’obbligo dichiarativo attraverso la presentazione dei modelli Unico e 730, ovvero indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770). Di questi, più di tre milioni, 3.143.209, per l’esattezza, sono cittadini campani” – attesta il Dipartimento delle Finanze. La Campania, con un reddito medio di 16.580 euro annui si colloca nelle retrovie, al sedicesimo posto sulle 21 regioni dello stivale, seguita solo da Sicilia, Puglia, Molise, Basilicata e Calabria. I lavoratori dipendenti guadagnano più della media. Per capirci, 18.790 euro annui medi, lasciando intendere che ci sia una fervida attività imprenditoriale. L’Irpef, in Italia, ammonta per il 2013 a circa 11,2 miliardi di euro e all’incirca 890 milioni arrivano proprio dai contribuenti Campani (lo 0,44%, ben oltre il dato Italia fermo allo 0,37%).
L’importo medio delle addizionali varia da regione in regione: mediamente ammonta a 370 euro, ma nel Lazio si arriva ai 470 euro e in Campania ai 440 euro, “in relazione agli automatismi fiscali previsti in caso di deficit sanitario e attivi in entrambe le regioni” (secondo il Mef); la quota più bassa si registra in Basilicata e ammonta a 250 euro.
Per quanto riguarda le comunali, in aumento dell’8,9% rispetto al 2012, l’importo medio equivale a 170 euro, nel Lazio slitta a 220 e nella provincia autonoma di Bolzano arriva addirittura a 60 euro. I campani contribuiscono, in questo caso, con lo 0,16%, cioè con oltre 278 milioni di euro.
tasse
La regione, inoltre, stando allo studio pubblicato dalla Cgia di Mestre a livello nazionale sulle regioni che hanno pubblicato il più alto numero di modelli 730, si posiziona al settimo posto con 1.183.194 modelli registrati. “Il successo maturato in questi ultimi 15 anni – segnala il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – va ricercato nei tempi relativamente brevi con i quali il fisco riesce ora a rimborsare i contribuenti italiani, nel costo tutto sommato contenuto per chi si rivolge ad un Caf o a un professionista e nella relativa semplicità di compilazione per coloro che hanno deciso di redigere in proprio il 730.”
Stando ai dati, la situazione sembra regolare. Che avrebbe fatto Masaniello?

Sara C. Santoriello

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