Anne Icart con il suo primo romanzo “La stanza di mio fratello” riesce a creare una sorta di piccolo manuale che ripercorre l’abc di quel rapporto di affetto, di odio\amore, fedeltà e sicurezza che solo con un fratello di può creare.
La vicenda è narrata in prima persona da Anne, che sembra quasi si rivolga al lettore come se fosse un suo vecchio amico, come se avesse lasciato di proposito aperto il suo diario aspettando che qualcuno senza scrupoli lo apra e lo legga. La familiarità creata da questa situazione si ritorce contro il lettore stesso che pagina dopo pagina sembra non riconoscere più nella protagonista una simpatica interlocutrice. Man mano che si avvicina la fine la finzione scenica si svela, Anne si toglie la maschera e al suo posto subentra la Icart felice di averti donato un pezzettino di sé, una lezione di vita che si spera abbia assunto un’importante funzione catartica.
Il tema del romanzo è quello della diversità affrontato nelle varie età di una donna, come se la protagonista fosse rinchiusa nel celebre quadro di Klimt, ma costretta ad affrontare sempre e solo lo stesso problema che a tratti sembra non contare, per poi ritornare tagliente e mordace.
“Suo fratello maggiore Philippe è diverso”.
Così le ripeteva la mamma da piccola, quando lei pretendeva quelle attenzioni che potevano essere rivolte solo al primo figlio. Anne non capiva il significato di quelle parole, adorava il fratello, giocare insieme a lui, sentirsi protetta e felice. Ma poi tutto cambia perché Philippe deve andare in un istituto, mentre la vita di Anne va avanti. A scuola capisce che “diverso” per alcuni significa “pericoloso” e che l’ombra del fratello sarà un macigno che dovrà caricarsi sulle sue piccole spalle.
Quando era piccola Philippe era il suo eroe, il suo scudiero, il fratello grande che la proteggeva e la faceva sentire al sicuro nel buio della notte, con la sua tranquillità, la sua allegria, i suoi gesti affettuosi, ma tutto sarebbe cambiato: lei l’avrebbe protetto in futuro, non poteva permettersi di essere la sorella minore.
Anne nutre quindi un sentimento ambivalente, dilaniato dal desiderio di vivere una vita normale senza pesi né difficoltà e l’infinito amore che prova per il fratello.
Vorrebbe più volte ritornare a quella felice infanzia, rinchiudersi nella camera da letto di Philo e inventare avventure e mondi immaginari. Ma la porta di quella stanza si è aperta da quando è subentrata la consapevolezza e la realtà, cruda e dura che li ha spinti fuori, spogliati delle loro sicurezze, vestiti da adulti e scaraventati in quel mondo in cui bisogna saper tirar fuori la tenacia per camminare a testa alta.
Crescendo si matura e la protagonosta capisce che per Philippe alla morte dei genitori diverrà sorella, madre e padre. Non vuole costruirsi una famiglia, ha già abbastanza amore ed un ruolo non semplice a cui adempire.
“…ho te.” Afferma in conclusione.

“Grazie a te mi sento utile. Grazie a te so cosa vuol dire amare come una madre. La miavita ha un senso. Veglio su di te. Da molto tempo ti accetto come sei. Anche se
non è sempre facile. Non ce l’ho mai avuta con te per questo. Oppure solo un po’.
Non è con te che me la prendo, so bene che non è colpa tua se hai le ali
spezzate. So che avresti preferito volare. Sei mio fratello. Non esiste nessun
altro uguale a te. Sei unico. E io ho smesso di cercarne altri. Non sono sicura
che ti avrei preferito diverso, normale. Grazie, Jesus Christ. Ho imparato ad
amare la parola handicappato…io sono come sono. Tu sei quel che sei. Non serve
a niente voler essere diversi. Lo siamo già…non ti lascerò mai solo. Rimetteremo
i letti in diagonale”.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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