Si sono aperti ieri a Roma i lavori della coalizione sociale proposta da Maurizio Landini: un soggetto che, per sua stessa ammissione, intende rappresentare un movimento al di fuori dei partiti, al di fuori della politica, che sia in grado di restituire rappresentatività e partecipazione ai cittadini, attraverso forme di esercizio diretto della democrazia.

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Autrice: Laura Arena

La coalizione sociale, per sua stessa natura, attinge ad una fonte ideologica che sgorga molto vicina alla sinistra prosciugata dalle ultime elezioni. E tuttavia, Landini è chiaro nel ribadire che le contaminazioni politiche non lo interessano in alcun modo.

Sembra, insomma, che il segretario FIOM stia cercando di inserirsi in uno spazio amplissimo, quale quello lasciato libero dalla malapolitica e dall’astensionismo. Del resto, alla qualità scadente della classe politica attuale fanno da contraltare la rabbia e l’indignazione di un popolo che non vuole davvero saperne più nulla e che, al limite, vota per protesta e senza una reale cognizione di causa.

Niente politica, dunque; ma una certa confusione sembra pervadere gli stessi ambienti della coalizione sociale, una vaga indefinitezza poco leopardiana e molto beckettiana, come se in realtà si stesse perseguendo un’utopia già di per se stessa irrealizzabile.

Cosa diventerà la coalizione sociale? Sarà davvero alternativa alla sinistra che Nichi Vendola, Pippo Civati e Paolo Ferrero sembrano pronti a ricostruire in modo unitario nel prossimo autunno? E quali sono le prospettive che in senso programmatico essa si pone?

Qualcosa è già trapelato, e non dispiace. Le battaglie sul reddito di cittadinanza (già avviate dal Movimento 5 Stelle e da Libera, nda), nonché sulle modifiche alla legge elettorale, sul ripristino di un modello di scuola canonico, possono di certo essere terreno solido di confronto con quella sinistra da cui Landini tiene a prendere le distanze e, perché no, altre forze parlamentari.

L’idea di fondo sembra, insomma, quella di convogliare in un calderone partecipativo i temi centrali del riscatto sociale, ovvero il Lavoro, l’Ambiente, i Diritti, i Saperi, la Legalità, e così via. Un’ambizione nobilissima e sublimata dalla presenza di associazioni che da anni compiono un medesimo sforzo, come ad esempio Libera Contro le Mafie, Emergency, Legambiente e varie altre.

Se davvero Landini riuscirà a strutturare una rete sociale vivificata dalle energie positive di queste esperienze, si potrà realmente pensare di influire in maniera concreta sugli sviluppi politici del Paese. Un’esperienza che, del resto, diede già risultati lusinghieri in occasione del referendum sul nucleare e sull’acqua pubblica.

Vendola Civati FerreroMa il compito non sarà facile, e non sarà, a mio avviso, facilitato dalla mancanza di un soggetto politico a sinistra coeso e coerente: una prerogativa che Landini, per quanto possa nutrire legittime ambizioni al segretariato generale della CGIL, non dovrebbe lasciare in esclusiva al trio Vendola-Civati-Ferrero, che per quanto possano essere mossi da una sincera bontà d’intenti, non sono in grado di rappresentare, a giudizio di chi scrive, quella svolta politica attesa dal popolo di sinistra, quella novità in grado di fertilizzare le macerie della sconfitta e germogliare rigogliosa negli animi e negli entusiasmi degli italiani. Il rischio, manco a dirlo, è di lasciare per l’ennesima volta campo libero al populismo e all’antagonismo, riducendo l’azione della sinistra ad un’estemporanea minoritaria ed ininfluente.

Solo il tempo potrà dire se ci sarà modo di riconquistare un elettorato disperso (perché, c’è poco da fare, senza il supporto del popolo non si va da nessuna parte) o se, invece, a sinistra stavamo soltanto aspettando Landot.

Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli

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