Zio Paperone, sì, avete capito bene: è proprio del celebre personaggio Disney che parliamo. Dalla Collina Ammazzamotori di Paperopoli alle colline di Monteburrone, a Livorno, in poche ore il web si è entusiasmato dinanzi alla provocazione del fumettista livornese Daniele Caluri, che con un semplice fotoritocco ha trasformato il Mausoleo del fascista Costanzo Ciano nel deposito di Zio Paperone. Un atto dissacratorio di un simbolo del nostro passato fascista.
In esclusiva per Libero Pensiero News abbiamo intervistato Daniele, che ci ha spiegato come è maturata questa idea, mista a sarcasmo e vena creativa. 

Chiacchierando con lui, la domanda spontanea è come sia nata questa idea del deposito di Zio Paperone.

«Sai, in questa città, lo spirito dissacratorio e ironico è il tratto identitario più forte, fra quelli che la caratterizzano. Io ne sono figlio, e per me, come per tanti altri, è normale pensare questo genere di sortite, se servono per dare sfogo a una risata, spesso feroce, come lo è il nostro tipo di umorismo. Ma a volte ci sono intuizioni che possono varcare i limiti cittadini e trovare terreno fertile anche presso un pubblico molto più ampio ed eterogeneo. Come nel caso di questa mia provocazione, e cioè recuperare i resti di quello che doveva essere, secondo i progetti originari, un gigantesco mausoleo di Costanzo Ciano, raffigurante il gerarca fascista con una statua alta 12 metri e, alle spalle, un faro a forma di fascio littorio alto 50 metri. Il faro venne abbattuto dai tedeschi e le statue (dovevano essercene altre, a corredo) sono rimaste incompiute, quella di Ciano in Sardegna, le altre in Versilia. Credo non fossero neanche state pagate, alla fine. E quindi è rimasto solo un triste basamento, da sempre inutilizzato se non per appartarsi e liberare gli ardori (ci sono più preservativi usati che fogliame, lì intorno). Sicuramente qui gioca la memoria collettiva, e il desiderio di dissacrare quello che in fondo è un ignobile cubo di cemento, che deturpa la macchia mediterranea senza che abbia mai avuto un reale significato, proprio perché non si tratta neanche di una rovina, o di una tomba, ma di un’opera strozzata sul nascere. E visto che la struttura c’è ed è in totale abbandono e disfacimento, perché non utilizzarla per farne qualcosa di caratteristico, oltre che, ovviamente, di dissacratorio? Ecco l’idea di farci il deposito di Zio Paperone.»

Certo, al di là della provocazione è in ballo il rilancio ambientale di un luogo che versa in uno stato di totale abbandono da anni, traccia di un passato che non vorremmo, ma che in sostanza è il simbolo di un’opera mai compiuta. A tal proposito il fumettista ci ha disaminato lo stato del luogo e una possibile idea sulla valorizzazione, di quello che ormai è un cubo che deturpa solo l’ambiente e cosa ha in mente.

«Anche nulla, per quanto mi riguarda. Il luogo non è adatto a visite ravvicinate: vi si accede per un sentiero sterrato e in mezzo alla boscaglia, tant’è che per decenni è stato la “camporella” per antonomasia. A quel punto sarebbe bello immaginare un possibile utilizzo, sempre che l’amministrazione comunale volesse costruire una strada per accedervi senza essere esperti di “survivor”, così s’apre il dibattito. Io comunque al sindaco gliene ho parlato.»

Lanciando questa provocazione, lui per primo non immaginava l’impatto che avrebbe avuto, ha scosso le coscienze e c’è chi subito ha parlato di un crowdfunding, che date le migliaia di condivisioni sul social network, potrebbe arrivare ad una donazione stratosferica. Ma questo non basta, servono le istituzioni.
Ma quanto c’è di fumettista in questa idea? E soprattutto cosa ne pensa la Disney?

«Di fumettista c’è tanto. La creatività, il senso dell’immagine, i fumetti letti, da bimbo e non. È un minestrone che dà evidentemente i suoi frutti.
Quanto alla Disney, la sede italiana è d’accordo di sicuro: è controllata da PaniniComics, per cui ho lavorato negli ultimi anni e me lo hanno confermato. Resta quella statunitense.»

Gli abbiamo anche chiesto se in fondo si sente un po’ l’eroe di chi sogna ancora di veder realizzato il vero covo di Zio Paperone, e che puntare su questo immaginario gli abbia anche dato carica.

«No, per nulla. Figurati, a me i fumetti o i cartoni Disney non sono nemmeno mai piaciuti. Ma qui si tratta di un’altra cosa, che attiene più alla dissacrazione di un simbolo e di un modo di pensare
Allora perché proprio Zio Paperone? La domanda è d’obbligo.

«Per la forma del basamento; lo ricorda naturalmente. Il contrasto fra la solennità cercata durante il Ventennio e la riduzione a una risata da fumetto genera comicità (e fa incazzare chi del Ventennio prova nostalgia).»

Rossella Mercurio

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