Chiara Canzian, i pensieri all'origine della realtà
Fonte: http://www.chiaracanzian.com/

Chiara Canzian, classe 1989. Due dischi all’attivo, il primo “Prova a dire il mio nome”, esce nel 2009 ed è scritto in collaborazione di Giuliano Sangiorgi (cantante, autore e compositore della band pugliese Negramaro). Il secondo, “Il Mio Sangue”, uscito nel 2011, riflette la crescita sia autorale che di vita della cantautrice trevigiana.

Decisa di carattere e autentica nelle parole, Chiara Canzian nei suoi brani sceglie di mettere a nudo la sua raffinata identità poetica, ingurgitando sensazioni e percezioni, dissotterrando le oscurità sentimentali, con la tempra attinta dal desiderio di misurarsi con la passione che scompiglia come vento i capelli.

Durante la nostra chiacchierata, abbiamo avuto modo di ascoltare la giovane artista dialogare con un linguaggio raro ed intenso. Il segreto? “Siamo noi stessi a plasmare la nostra vita”.

Come è cambiato il modo di scrivere di Chiara Canzian in “Il Mio Sangue”, rispetto al debutto “Prova a dire il mio nome”? Qual è l’aspetto più evidente della tua crescita di artista?

«Sicuramente c’è un cambiamento proprio nella linea artistica. Il mio secondo lavoro arriva dopo due anni di stop mediatico, dove ho cercato sia a livello compositivo, musicalmente e come testi, sia vocalmente, di trovare il percorso da seguire, in una crescita continua, individuandone la direzione. Quindi, c’è proprio un cambio musicale: sono molto meno pop, l’armonia dei brani è più ricercata. Ho iniziato anche a scrivere i testi, cosa che prima non facevo. Ho seguito tutti gli arrangiamenti insieme alla mia band: è un disco che sento appartenermi di più rispetto al primo.»

Qual è per Chiara Canzian il momento migliore per scrivere? Quando sei triste o quando sei felice? Di getto o lentamente?

«Onestamente, scrivendo per necessità e non per obbligo, riesco molto meglio quando non sono al massimo della gioia! La composizione è anche un modo per sfogarmi, per esprimermi ed esorcizzare un eventuale dolore. Nel momento in cui ho subito, vissuto o provocato un trauma emotivo, mi viene più facile scrivere. Quando sono felice sono felice; non sento il bisogno di esprimerlo al mondo. Forse è un po’ egoistico o vittimistico, è un qualcosa sul quale sto cercando di lavorare. Alla fine dei miei concerti, scherzosamente, chiedo al pubblico se vogliono un cappio. Vorrei scrivere qualcosa di più gioioso, con i nuovi pezzi sto cercando di arrivarci: la ricerca continua, sempre.»

Arte e musica sono mestieri come l’artigiano?

«Inizialmente tendevo a comporre solo quando ne sentivo l’esigenza. Quando, invece, ti metti nell’ordine di idee di fare un disco, magari hai dieci pezzi e cerchi di farne altrettanti per capire quali selezionare, quali sono i migliori. Anche se un giorno non sono particolarmente ispirata, mi metto in cerca di qualcosa di bello. Per quanto mi riguarda, l’artigianato della musica dà maggiori frutti in fase di scadenza dell’uscita di un disco da parte di un artista.»

Che rapporto hanno parole e musica? Quando, secondo l’opinione di Chiara Canzian, si può parlare di cantautorato?

«Si parla di cantautorato ogni qualvolta un qualcuno scrive un qualcosa. In quell’istante si è autori, cantando quello che si è scritto cantautori. A questo termine è stata data, oggi, una valenza prestigiosa: se pensiamo ai cantautori italiani vengono in mente De André, Battiato, De Gregori, Guccini, tutti grandi che hanno fatto la storia. È un termine che andrebbe aperto anche alle giovani generazioni di cantautori e cantautrici: il mondo va avanti, è pieno di nuove leve pronte a dire la propria, a riempire i palazzetti.»

Quanto è importante per Chiara Canzian, per gli artisti in generale, per chi ha la possibilità di lanciare un messaggio, essere di buon esempio?

«Mi piace essere partecipe quando si tratta di cause valide in cui credo fermamente. Non si tratta di politica o schieramenti, si tratta di dare un piccolo supporto, per quanto possa fare, con la mia voce, con la mia musica per determinate iniziative. Se posso farlo, lo faccio volentieri. Fino ad ora, ho sempre partecipato a raccolte di beneficenza organizzate da altri, in cui offrivo la mia performance come aiuto. Non avrò un bacino di utenza elevato, ma poco importa: è il principio di reciprocità quel che conta!»

Vincenzo Nicoletti

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