Negli ultimi giorni e in prossimità delle regionali del 31 maggio 2015, si torna a parlare di rischio Vesuvio, e 18 su 25 dei comuni della zona rossa si stanno interessando di possibili piani d’emergenza, e in particolare delle vie di fuga, delle regioni gemellate e delle aree d’incontro, quelle dove i cittadini dovranno attendere i bus che li porteranno alla salvezza. Saranno i comuni, dunque, a coordinare i piani di protezione e salvataggio della popolazione e si prospettano già caos e panico.

Il nostro Vesuvio è un vulcano molto pericoloso e perciò costantemente monitorato dall’Osservatorio Vesuviano. La sua ultima eruzione è avvenuta nel 1944 e ancora si ricorda il disastro di Pompei ed Ercolano nel 79 d.C. Il rischio vulcanico in tutta l’area è elevatissimo e la previsione del modo in cui avverrà l’eruzione è un’incertezza. E, mentre in realtà sarebbe necessario un valido intervento d’informazione ed educazione al rischio, l’unica cosa davvero evidente nel territorio vesuviano è stato il monitoraggio continuo e il divieto assoluto di costruire altre abitazioni attorno al Vesuvio.

vesuvioIn Italia sarebbero almeno 10 i vulcani attivi che si sono “smossi” almeno una volta negli ultimi diecimila anni: parliamo dell’Etna, dello Stromboli, del Vesuvio, di Ischia, di Lipari, di Vulcano, di Pantelleria, dei Colli Albani, dei Campi Flegrei e dell’Isola Ferdinandea. Gli unici due che per il momento danno eruzioni continue, separate da brevi intervalli, sono l’Etna e lo Stromboli. Tutti gli altri (dalla cartina se ne possono contare altri 13 presenti nel Tirreno, attualmente studiati e monitorati) sono definiti silenti, fanno registrare eruzioni avvenute anche migliaia di anni fa, ma non per questo possono essere considerati inattivi o spenti, anche perché in alcuni casi, come accade per Ischia o i Campi Flegrei, fanno registrare comunque una loro attività sotterranea, come attraverso gas e vapori solforosi.

Che siano tutti collegati, non è dimostrabile: fatto vero è che l’Italia si trova lungo la linea di convergenza tra la zolla crostale africana e quella euroasiatica, e oltre ad avere una ricca presenza di vulcani ancora attivi, è anche una regione altamente sismica.

Nel 1920 Luigi Ferdinando Marsili fece una scoperta che lasciò tutti a bocca aperta: nel cuore del Tirreno meridionale, si estenderebbe il più grande vulcano sotterraneo d’Europa, e se per gli antichi romani,  ignari di tutto, l’area era considerata come l’ingresso al mondo dei morti, un’eruzione di questo supervulcano potrebbe distruggere l’intera Europa o aprire per il nostro continente un paio di stagioni di sempre inverno, accompagnate da buio e nuvole di cenere.

Insieme agli altri vulcani sommersi nel Tirreno meridionale, come i Magnaghi, il Vavilon e il Palinuro,  il Marsili è considerato fra i mostruosi vulcani sottomarini del mondo e, se l’ ultima eruzione tra questi è del Palinuro e risale a 39mila anni fa, minori attività si ebbero nel 1538, quando si formò il territorio collinare che oggi è la città di Sorrento.

Il rischio di una nuova Atlantide non si può escludere ma la popolazione può dormire sogni tranquilli : siamo monitorati! Il rischio vulcanico, cioè la probabilità che in una determinata zona si possa verificare un’eruzione in rapporto ai danni che essa può provocare, non si deve pensare legato a un evento eccezionale: può accadere che molti vulcani, anche se inattivi da decine o centinaia di anni, possono riprendere la loro attività, come si è già verificato in diversi casi, ma poiché la localizzazione dei vulcani è ben nota, gli interventi di previsione e di prevenzione possono essere più efficaci e più repentini che nel caso dei terremoti.

Anna Lisa Lo Sapio

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