Sembrano lontani, anzi lontanissimi, i tempi in cui Tsipras annunciava di opporsi alle privatizzazioni dei beni pubblici della Grecia. Nella notte tra martedì 27 e mercoledì 28 settembre, infatti, il governo Tsipras ha firmato un nuovo pacchetto di riforme, dopo quattro giorni di discussioni in parlamento. I 152 voti favorevoli, contro i 141 contrari, hanno reso le privatizzazioni una realtà di fatto. Acqua e gas non sono più un bene pubblico.
Le misure che il governo greco si accinge a mettere in atto riguardano acqua e gas in primis, ma anche l’elettricità. Le aziende greche che gestivano queste risorse da pubbliche diventeranno private e passeranno sotto il controllo di un fondo controllato dalla Troika BCE-FMI-UE. Più nello specifico, a supervisionare il nuovo organismo sarà Jacques Le Pape, già collaboratore di Christine Lagarde per il Ministero delle Finanze francesi. In cambio, la Grecia otterrà una nuova tranche di aiuti consistente in 2.8 miliardi di euro.
Mentre la riforma veniva discussa in parlamento, il popolo greco non è rimasto inerme. Centinaia di persone si sono riunite in piazza Syntagma, dimostrando il loro dissenso: «Ora venderete anche l’Acropoli!». Ma la loro protesta non è servita a fermare l’azione governativa. In più, si è protestato anche contro gli ulteriori tagli alle pensioni, concepiti sempre in un’ottica di riduzione e controllo del debito pubblico.
Per il governo Tsipras, che aveva basato la sua campagna elettorale proprio sul “no alle privatizzazioni”, la firma di questa riforma è un grosso passo indietro, eppure inevitabile. Quando il presidente greco accettò di firmare il terzo memorandum, infatti, non solo fece ammenda delle proprie velleità anti-troika, ma si rassegnò a che le privatizzazioni avessero strada libera.
La notizia della privatizzazione dell’acqua, dunque, giunge improvvisa, ma non inaspettata. I cittadini greci, infatti, sapevano che prima o poi sarebbe successo: «La triste verità è che noi ci aspettiamo qualunque cosa da adesso in poi», afferma Xrysa, studentessa ateniese. «Abbiamo capito che l’Europa sta semplicemente cercando di riprendersi i “suoi” soldi e, a quanto pare, farà qualunque cosa per riuscirci».
La misura è appena stata applicata e, per questo, ancora non vi sono effetti sui prezzi e per i cittadini ellenici poco o nulla è cambiato da martedì scorso. Tuttavia, il peggio deve ancora arrivare: «Mi sento vulnerabile sapendo che alcuni dei miei beni sono nelle mani di compagnie private che cercheranno di farne profitto», afferma Evi, studentessa di Salonicco, una delle città che più si è distinta nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Paura, insicurezza e delusione pervadono i cittadini greci e soprattutto i giovani, che vedono restringersi sempre di più le possibilità di coltivare il proprio futuro in terra ellenica.
Ciò che traspare, poi, parlando con queste ed altre giovani ragazze greche, è la delusione nei confronti del governo Tsipras. Più di una, infatti, afferma di aver creduto in lui prima di rimanere delusa da quello che sembra un vero e proprio tradimento del popolo greco. Tradimento vissuto con ancora più vigore dal momento che Alexis Tsipras si era presentato proprio come colui che voleva salvare i greci dalle pretese dei creditori e che, alla fine, non ha fatto altro che accendere inutili speranze.
Eppure, c’è anche qualcos’altro nei discorsi di questi giovani greci. «Credo che il popolo greco combatterà di nuovo» dice Alexandra, studentessa anche lei, nata e vissuta ad Atene. E così anche Evi: «Credo che lotteremo di nuovo come si è fatto in passato. Anche se rimane delusa, credo che, in fondo, la gente nelle strade sia l’unica speranza per il cambiamento». Qualche scintilla sotto la cenere, allora, ancora resiste. A quanto pare, il “tradimento” di Tsipras, il terzo memorandum e una disoccupazione al 25.6% non ce l’hanno fatta a spegnere lo spirito ribelle che brilla negli occhi dei giovani greci.
Elisabetta Elia