Uno studio dell’Università di Ferrara, realizzato con il contributo dell’Università di Sassari, del Parco Nazionale Gran Paradiso e del Parco Nazionale Svizzero, ha rilevato che gli stambecchi delle Alpi occidentali stanno modificando le proprie abitudini alimentari e di riposo a causa dei cambiamenti climatici. Di fatto, con l’aumento delle temperature, gli stambecchi sono costretti a cercare zone più elevate, dove i pascoli sono ancora presenti. Inoltre, il rischio di valanghe, già elevato in queste zone, potrebbe aumentare ulteriormente a causa del riscaldamento globale.
In risposta a questi cambiamenti, gli stambecchi stanno spostando le proprie aree di sosta e i loro percorsi migratori, spostandosi soprattutto verso nord, dove ci sono quote più elevate e meno accessibili agli escursionisti. Questa migrazione sta causando una diminuzione dell’avvistamento di stambecchi da parte degli escursionisti, che tradizionalmente si concentravano nelle zone pianeggianti e più frequentate.
Gli studiosi avvertono che tale cambiamento potrebbe avere conseguenze negative sulla conservazione degli stambecchi, in quanto potrebbe rendere più difficile monitorare e proteggere queste popolazioni. Inoltre, potrebbe comportare una riduzione dell’interesse turistico per queste zone montane, che beneficiano delle visite degli amanti della natura.
Ad ogni modo, il cambiamento delle abitudini degli stambecchi è solo una delle molte conseguenze dei cambiamenti climatici sulle Alpi, poiché la fauna e la flora stanno subendo profonde trasformazioni a causa del riscaldamento globale, e si prevede che questi cambiamenti avranno un impatto significativo sugli ecosistemi montani. Ne consegue che la ricerca scientifica è fondamentale per capire e monitorare gli effetti dei cambiamenti climatici e sviluppare strategie di adattamento e di protezione dell’ambiente montano.
I risultati di questo studio scientifico che ha analizzato il comportamento degli stambecchi delle Alpi in relazione al cambiamento climatico informano tutti noi che il riscaldamento globale sta spingendo gli stambecchi a diventare sempre più attivi di notte per evitare il caldo, nonostante il rischio di predazione da parte dei lupi. Questo impone alle aree protette di rivedere le attività di gestione della fauna e di affrontare in modo diverso i potenziali disturbi come turisti ed escursionisti.
Lo studio è stato condotto dal professor Stefano Grignolio dell’Università di Ferrara e ha coinvolto 47 stambecchi, maschi e femmine, nel periodo 2006-2019. I ricercatori hanno monitorato le attività degli stambecchi utilizzando radiocollari di ultima generazione. I risultati hanno mostrato che l’aumento dell’attività notturna degli stambecchi in relazione alle temperature è simile sia per i maschi che per le femmine, nonostante il maggiore rischio di predazione per quest’ultime.
Questa scoperta suggerisce che il bisogno degli stambecchi di vivere in condizioni termiche ideali è più importante del rischio di predazione. Ciò porta a ipotizzare che come sta già avvenendo per gli esseri umani, il cambiamento climatico potrebbe mettere a rischio anche altre specie di animali e costringerle di conseguenza a cambiare le loro caratteristiche per sopravvivere.
Come sottolineato attentamente dall’Ansa, questo studio indica anche due messaggi-chiave: in primo luogo, è necessario rivedere le attività di gestione della fauna, i cui comportamenti abituali sono stati alterati dai cambiamenti climatici. In secondo luogo, è fondamentale ridurre i fattori di stress verso gli animali, come per esempio, potrebbe essere la presenza di escursionisti o gli sorvoli degli elicotteri. Infine, il professor Grignolio, sottolinea che sarà importante comprendere se questi cambiamenti nel comportamento dei mammiferi potranno mettere a rischio la conservazione di queste specie.
di Sara Spiniello