A un anno di distanza dall’offensiva israeliana dell’8 luglio 2014, Gaza è ancora una città in preda alla disperazione, da ricostruire quasi completamente a causa dei numerosi bombardamenti.

L’esercito dei senzatetto ha raggiunto quota 100.000, persone private della propria dignità e del più basico dei diritti. 100.000 uomini, per intenderci, è poco meno dell’intera popolazione della Valle d’Aosta, con la differenza che la regione italiana si estende per un’area dieci volte più grande dell’infernale lembo di terra palestinese.
Ovviamente anche l’occupazione raggiunge livelli irrisori, in un paese dove la maggior parte delle infrastrutture (vedi strutture sanitarie, rete idrica, scuole) sono ad oggi macerie.

Alle emergenze di ordine pubblico si aggiungono poi le critiche condizioni psicologiche dei sopravvissuti, tra i quali come ci si può ben aspettare pagano il conto più grande i bambini. Quei bambini che hanno rappresentato un terzo delle vittime tra i civili, stroncati senza pietà dalle bombe israeliane, numeri di una guerra terroristica ancor prima che strategica.
Save the Children ha stimato in un rapporto che 3 bambini su 4 bagnano il letto regolarmente, 7 su 10 soffrono di incubi notturni, il 90% dei genitori dichiara che i loro figli sono terrorizzati, e il 70% dei bambini dice di temere una nuova guerra.

Nell’ottobre del 2014, durante la conferenza al Cairo, erano stati promessi degli aiuti da parte dei donatori internazionali per finanziare la ricostruzione, ma questi arrivano a stento e non bastano comunque a colmare l’altro grande vuoto lasciato da tre guerre in sei anni: quello politico.
Hamas di fatto controlla la zona con metodologia militare, e non ha trovato ancora l’auspicato accordo con gli avversari di Al Fatah. La guerriglia tra le due fazioni causa ancora spargimenti di sangue, ed il ritrovato vigore delle organizzazioni salafite (i sunniti più radicali) promette nuovi orrori.

C’è poi il capitolo Stato Islamico, che ha minacciato a più riprese un’invasione della striscia di Gaza. L’organizzazione terroristica ha già accusato Hamas di non interpretare rigidamente la legge islamica e non è stata gradita la repressione dei salafiti. Insomma, un tentativo di occupazione non è da escludere.
Potrebbe però, paradossalmente, essere questa eventualità un motivo di conciliazione tra Israele e Palestina, e sembra che in maniera non ufficiale il dialogo tra i due paesi stia muovendo i primi passi.

 

Valerio Santori

(nell’immagine, un’opera del writer inglese Banksy realizzata proprio sulle macerie di Gaza)

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