Gaetano Filangieri e il diritto alla felicità: Napoli celebra il giurista

In occasione del 220esimo anniversario dei moti rivoluzionari del 1799, si è scelto di dedicare la XXV edizione del Maggio dei Monumenti a Gaetano Filangieri. Il giurista napoletano è massimo esponente di un concetto di legislazione e diritto, che ha come fine ultimo la felicità nazionale.

Il Settecento, l’anno in cui si mosse il Filangieri, è stato in tutta Europa un grande laboratorio di stimoli e idee, momento ideale in cui coltivare il concetto di ragione in chiave assoluta. È l’anno di un evento cardine della storia dell’Europa: la Rivoluzione Francese.

La Napoli di Filangieri mostrava come sempre il suo volto contraddittorio: particolarmente attiva intellettualmente, con Milano sarà la massima “capitale” del movimento illuminista, ma era anche luogo di diseguaglianze e squilibri dove regnava grande arretratezza sociale e culturale. Abbandono delle campagne e massicci spostamenti e trasferimenti verso la città avevano portato ad un sovraffollamento che non faceva altro che accentuare povertà e parassitismo.

L’illuminismo di Filangieri trova terreno fertile proprio nella Napoli settecentesca, quella dove a farla da padrone erano i privilegi della nobiltà e del clero, dove la massa contadina viveva nell’ignoranza, in balia dei prepotenti. Era il tessuto sociale che solo qualche decennio più tardi sarebbe stato definito “questione meridionale”: una situazione d’ingiustizia che non solo impediva il progresso, ma metteva a rischio la stessa esistenza di Napoli.

Con la sua opera più nota dal titolo La Scienza della Legislazione, Filangieri mette in atto un processo di “riscrittura” di tutto l’impianto alla base della legislazione; si tratta di un contributo fondamentale per la nascita del moderno diritto pubblico, un progetto enorme a cui fu messo un blocco dalla sua prematura morte.

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L’anno dopo la dipartita del sovversivo giurista, scoppia la Rivoluzione Francese. I Borbone iniziarono a rendersi conto sempre più che “La Scienza della legislazione” era un’opera rivoluzionaria: ma nonostante diverse opposizioni, quella del clero su tutte, il “progetto” di Filangieri continuava a diffondersi e le sue parole furono oggetto di diverse traduzioni. Ben presto si assiste ad una vera e propria identificazione tra i suoi seguaci e gli ideali rivoluzionari.  In Francia, il napoletano è considerato uno dei padri della Rivoluzione; quando, in seguito ai moti del ’99, la vedova di Filangieri è costretta alla fuga a Parigi viene accolta da Napoleone Bonaparte.

È stata già sottolineata l’opposizione della chiesa al giurista: egli non solo ne aveva criticato i privilegi, ma le sue proposte avevano un carattere fortemente progressista. Il potere ecclesiastico chiedeva, invece, il mantenimento dello status quo. La chiesa nel 1784 provvide a mettere l’opera all’indice.

Quello proposto da Filangieri era un modo del tutto nuovo di pensare al diritto; innanzitutto egli riteneva che la tradizione storica ereditata era un limite e un freno del progresso, accentuando le ingiustizie sociali e i soprusi. Per Filangieri il diritto è fondato su principi razionali e non su ciò che è posto, ossia su ciò che la storia ci lascia.

La legislazione per essere universale dev’essere basata sulla ragione, mettendo da parte tradizione e consuetudine. I lumi della ragione vanno opposti al diritto vigente.

Egli è in qualche modo “platonico”: c’è un piano delle idee, delle norme giuridiche basate sulla ragione e solo a questo bisogna rifarsi per mantenere i rapporti tra gli uomini.

La nuova legislazione rappresenta una promessa e premessa di felicità nazionale che deve basarsi su un sistema legislativo coerente. La regola per adempiere a tale scopo non può che essere regola di ragione. Proprio per la portata universale della ragione, i principi della legislazione possono e devono valere per tutti i popoli del mondo.

Per Filangieri gli stessi costumi del popolo non erano adeguati ai lumi della ragione; per questo bisognava fare “tutto per il popolo, ma niente attraverso il popolo”. La forma di governo voluta è una monarchia illuminata, in cui il sovrano guida una rivoluzione pacifica che parte dalla riforma della legislazione. Le sue proposte sono considerate sovversive per l’epoca: uguaglianza civile e ridistribuzione delle proprietà. È chiaro che i poteri forti non potevano vedere di buon occhio i suoi progetti.

Del resto, la Scienza della legislazione porta avanti un interessante discorso sulla meritocrazia: per Filangieri le diseguaglianze sono accettabili se, e solo se, dovute al merito. Per questo il feudalesimo è considerato barbarico perché si tratta di una forma di diseguaglianza ingiustificata.

Il piano politico a questo punto si va ad intrecciare e saldare con quello economico: l’abbattimento del sistema di proprietà feudale porta all’idea che l’uomo deve avere una piccola proprietà per mettere radici.

La società risulta, infatti divisa in due parti: proprietari e non proprietari, ossia i mercenari. Il proprietario cerca di comprare al mercenario al minor prezzo possibile, mentre il mercenario cerca di vendere al maggior prezzo. È ovvio che a soccombere sarà la classe più numerosa, ossia i mercenari: e dunque le infelicità private di tutti gli individui sono un limite alla felicità pubblica.

La Felicità nazionale dev’essere per Filangieri il fine ultimo di ogni buon governo, ottenibile grazie a un sistema di leggi giusto, in grado di assicurare ad ogni cittadino la sua quota di benessere.

Il perseguimento della felicità sarà uno dei principi più cari a Benjamin Franklin. I padri costituenti degli Stati Uniti d’America presero l’opera di Filangieri a modello e riferimento per la Costituzione Americana. Franklin prese più volte spunto dalle parole e idee del giurista, rimase colpito dal suo pensiero al punto da avviare addirittura una corrispondenza.

“Il diritto alla felicità. Filangieri e il ‘700 dei Lumi” è un modo per Napoli di celebrare l’uomo prima che il giurista, l’illuminista dallo spirito sovversivo che fu anticipatore di molte teorie rivoluzionarie, fautore di un concetto di felicità e diritto innovatore e progressista.

Vanessa Vaia

Vanessa Vaia
Vanessa Vaia nasce a Santa Maria Capua Vetere il 20/07/93. Dopo aver conseguito il diploma al Liceo Classico, si iscrive a "Scienze e Tecnologie della comunicazione" all'università la Sapienza di Roma. Si laurea con una tesi sulle nuove pratiche di narrazione e fruizione delle serie televisive "Game of Series".

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