Oggi si celebra l’anniversario della morte di Enrico Berlinguer, un esempio di impegno, passione, riflessione, cultura e integrità morale, scomparso troppo presto. Non me ne vorrà il grande segretario comunista se utilizzo lui e i suoi insegnamenti per esporre qualche breve riflessione su quanto sta accadendo, in particolare in queste ore.

Piovono incessantemente sui social citazioni, virgolettati, addirittura qualcuno che si cimenta ad interpretare il senso profondo del pensiero berlingueriano. Torna, inevitabilmente, il tema della “questione morale” e lo fa, il più delle volte, con l’ipocrisia di chi vuol far credere che basti un messaggio benefico e profondo per occultare la realtà pratica di comportamenti ed azioni. Celebre e particolarmente popolare in questa giornata di commemorazione è la frase che Berlinguer pronunciò in un’intervista di Eugenio Scalfari e che diceva: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di clientela e potere. Parole forti e senza dubbio attuali che però meriterebbero qualche riflessione in più”.

Mi fa specie, ad esempio, che ci si scandalizzi del fatto che le cene di sottoscrizione vedano protagoniste persone che poi rimbalzano alla cronaca per episodi di corruzione o di altro genere. Perché qualcuno dovrebbe finanziare con migliaia di euro una campagna elettorale o un partito politico se non per il fatto di ritenerlo un valido “investimento”? Perché ci scandalizziamo se affidiamo la selezione della classe dirigente al primo che passa davanti ad un gazebo o peggio ancora a chi lo porta a quel gazebo, magari in cambio di denaro? Ragionamento analogo potremmo fare per i pacchetti di tessere, di cui siamo bene a conoscenza.

Se i partiti di oggi sono quello che descriveva anni fa Enrico Berlinguer la colpa è soprattutto nostra, di chi ha preferito dare risposte di pancia senza affrontare nel merito il tema della democrazia e della rappresentanza, della costruzione del consenso e della proposta. Qualcuno, poi, ste cose le aveva pure dette, perdendo i congressi, anzi, peggio ancora, venendo etichettati come quelli ostili alla modernità.

Ora la “modernità” la teniamo sotto gli occhi, nell’Italia corrotta, priva di dignità, che lucra sulla disperazione di chi viene dall’altra parte del mondo, che brucia nelle discariche abusive dei campi rom e via dicendo. E allora, come scriveva Isaia Sales ieri, sarebbe molto più utile a cento convegni contro la mafia e la corruzione avere il coraggio di guardare in faccia noi stessi, i nostri compagni di viaggio e le storture che abbiamo creato in questi anni. Per quanto mi riguarda rimango fedele alla mia convinzione che prima della magistratura esiste la politica che conosce, vede, e si assume la responsabilità e che quando non lo fa, è colpevole.

Antonella Pepe

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