A Polistena Emergency e Libera si battono insieme, per poter garantire un futuro migliore a molti di noi. 

Emergency e Libera si ritrovano insieme al Cafè Scriptorium di Milano, per raccontare senza filtri né maschere il loro prezioso lavoro di solidarietà e volontariato a Polistena. Letizia Pradella e Lucilla Andreucci per Libera e Angela di Maio per Emergency sensibilizzano il pubblico sul valore del diritto alla salute, in quanto universale, sul valore dell’altro, in quanto persona, e sul valore della preziosa sinergia tra le due associazioni.

Emergency e Libera a Polistena

Emergency e Libera sono due associazioni italiane indipendenti che nascono e crescono con un obiettivo comune: preservare, riconoscere e tutelare i diritti umani, indipendenti quali essi siano. Emergency, nata per volere di Gino Strada nel 1994, è un’associazione umanitaria che si occupa di fornire cure medico- chirurgiche gratuite alle vittime di guerra e di povertà, grazie all’aiuto di migliaia di volontari. Mentre Libera si batte per sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità organizzativa, favorendo la creazione di una comunità alternativa alle mafie stesse.

Nel 2013 a Polistena, città in provincia di Reggio Calabria, le strade di Emergency e Libera si incontrano. In un territorio segnato dalla ‘ndrangheta e dalla corruzione, in cui le condizioni di vita sono difficili ed estreme, il lavoro di Emergency e Libera è l’unico in grado di donare un bagliore di luce e speranza.

Emergency apre, grazie anche alla collaborazione di altre associazioni come la cooperativa Valle del Marro, la parrocchia S. Marina Vergine e Unicoop Firenze,un Poliambulatorio, nel quale medici e infermieri offrono cure gratuite alle persone indigenti e ai migranti. I migranti in questione, non sono né clandestini e né criminali, ma uomini impegnati come braccianti agricoli nella campagna della Piana di Gioia Tauro. Lo sfruttamento è all’ordine del giorno e le patologie derivanti sono tutte legate alle precarie condizioni di lavoro.

Oltre che a medici e volontari, anche il ruolo dei mediatori culturali è fondamentale. Il mediatore è la prima persona con cui si interfaccia il migrante, è colui che presta consulenze e orientamenti socio- sanitari. Oltre a ciò molti mediatori di Emergency si occupano delle pratiche per il rilascio del codice Stp (Straniero temporaneamente presente), utile per accedere al Servizio sanitario pubblico. Molto spesso i pazienti che necessitano di esami o visite presso le strutture pubbliche, vengono accompagnati dai volontari di Emergency, per assicurarsi un riscontro positivo. 

Il valore del bello

Dalle parole di chi si è interfacciato casualmente con questa dura realtà o ha deciso personalmente di viverla trapela una senso ed una esigenza forte di bellezza e dignità. Molto spesso in questi luoghi, segnati dall’orrore dell’ingiusto, è facile perdere di vista il valore del bello, che è qualcosa di cui noi tutti necessitiamo.

Come ricorda la mediatrice culturale di Emergency, le parole di Peppino Impastato ci devono essere da guida e di ispirazione: «Se si insegnasse la bellezza alla gente,la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà». 

Vivere in un posto “brutto” non deve farci perdere di viste le cose belle, come potrebbero esserlo i volontari di Libera che ogni giorno aiutano e convivono con chi ha bisogno di un supporto, i medici di Emergency che in prima linea forniscono cure ed assistenza o la semplice entrata della sala d’aspetto del Poliambulatorio, piena di libri e colori.  La bellezza è anche e soprattutto lì, in quegli scaffali, in quei libri, in quelle parole, che sono eco di rivincita.

Il lavoro delle associazioni come Libera e Emergency è proprio questo: occuparsi delle persone in quanto tali, ridare loro quella dignità che ogni giorno è difficile mantenere. Per sentirsi persone, e non macchine, per sentirsi a casa, e non in un luogo estraneo, per sentirsi tutti insieme, così semplicemente e banalmente, uomini.

La voce di Letizia 

Letizia Pradella, studentessa di Scienze Politiche presso l’Università Statale di Milano e referente di UniLibera Milano, a Polistena non c’è mai stata, ma vive ogni giorno, sul suo territorio e sulla sua pelle, la bellezza del volontariato. 

Di che cosa si occupa Unilibera Milano e qual è il suo collegamento con Libera? 

«UnilIbera Milano è innanzitutto uno dei tanti presidi che Libera ha sparsi in tutto il territorio italiano. Il mio ruolo all’interno dell’associazione è quello di coordinare e gestire un gruppo di quaranta volontari, tutti studenti universitari. Il nostro attivismo non concerne in un’azione di antimafia istituzionale, ma solo di tipo sociale.» 

Che cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo del volontariato? 

«Avvicinarsi al mondo del volontariato è una scelta che parte da storie e motivi differenti. C’è chi si è avvicinato a Libera perché toccato dalle storie di mafia, o chi per interesse generale.  Per me invece il tutto è partito dopo avere frequentato, durante gli anni del liceo, un campo estivo promosso dal progetto “Estate Liberi”.»

Che cosa significa oggi, per te, fare volontariato? 

«Per me oggi fare volontariato significa prendersi cura non solo del mio di futuro, ma di quello collettivo. È un prendersi cura del futuro delle persone, attuare una giustizia a livello sociale, con l’obiettivo ultimo di contrastare il fenomeno mafioso. Tutto quello che ho imparato facendo volontariato e vivendo le periferie mi ha arricchito a 360 gradi. Sono esperienze che non apprendi sui libri, ma solo al di fuori, per strada e a contatto con le persone.»  

Ti piacerebbe un giorno vivere la realtà di Polistena? 

«Mi piacerebbe davvero tanto vivere la realtà di Polistena, e conosco tanti volontari che già lo fanno. Polistena penso che sia uno dei migliori modi per riutilizzare un bene confiscato alla mafia e trasformalo in un luogo di arricchimento e aiuto sociale.» 

Un consiglio che daresti a chi vorrebbe prendere parte a queste associazioni, tenendo conto delle concrete difficoltà e soddisfazioni ? 

«Il consiglio che mi sento di dare è quello di buttarsi. Le difficoltà esistono e sono concrete. Battersi contro queste tematiche toste, a volte, sembra un confronto  troppo grande da sostenere. Ma con studio, passione e dedizione è possibile ottenere ottimi risultati. Le soddisfazioni sono altrettanto grandi e stimolanti. Nel mio caso, il fatto di coordinare un intero gruppo di volontari, a prescindere dai risultati, è già un grande passo. La cosa più bella è sicuramente il lavoro di squadra: tutto viene pensato e realizzato assieme, le soddisfazioni e i risultati non sono solo a livello individuale, ma dell’intero team»

Marta Barbera 

Classe 1997, nata e cresciuta a Monza, ma milanese per necessità. Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, attualmente studentessa del corso magistrale in Editoria, Culture della Comunicazione e della Moda presso l'Università degli Studi di Milano. Amante delle lingue, dell'arte e della letteratura. Correre è la mia valvola di sfogo, scrivere il luogo dove trovo pace.

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