Libia
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Lo scorso 5 luglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato accolto all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron. “Francia e Italia condividono un legame comune e unico. Questa nostra partnership è essenziale, per l’Unione europea e per la comunità internazionale”, ha commentato Mattarella nelle dichiarazioni alla stampa dopo l’incontro a porte chiuse. Anche il capo dell’Eliseo ha usato parole di amicizia nel descrivere i rapporti tra i due Paesi: “La Francia accoglie un amico”. E sul tema caldo della Libia ha aggiunto: “Ci sono state frizioni che penso facciano parte del passato. Italia e Francia lavorano in modo stretto e ci sono risultati”, riferendosi alla cooperazione durante la Conferenza di Berlino e all’imminente presidenza francese del Consiglio di Sicurezza.

Francia e Italia in passato su posizioni diverse: ora la cooperazione è possibile, ne va del futuro della Libia

Dall’Eliseo arriva dunque un segnale positivo: i distesi rapporti tra Francia e Italia lasciano supporre che i due Paesi siano ora pronti a lavorare insieme sulla Libia. In passato non è stato così, con due politiche estere indirizzate verso direzioni opposte. L’Italia non ha mancato di appoggiare il governo provvisorio di Tripoli – forse ispirata da preoccupazioni di tipo commerciale ed economico. Mario Draghi ha teso la mano senza indugi al premier ad interim del GNU Dbeibeh – la sua prima visita all’estero dopo aver ricevuto l’incarico di governo è stata a Tripoli, mentre risale appena al 31 di maggio l’ultimo incontro a Roma con Dbeibeh. La comunione di intenti con i vertici libici faciliterebbe l’accesso alle riserve di petrolio della Libia – le più grandi conosciute in Africa – e all’ottemperanza degli importanti contratti di (ri)costruzione che ciò comporta (Dbeibeh ha dichiarato di voler destinare 4,9 miliardi di dollari del bilancio del governo a progetti di sviluppo). Da considerare anche che La Libia – con una popolazione relativamente modesta di sette milioni di persone – ha uno dei più alti PIL nominali pro capite del continente. Non solo Draghi, ma anche i rappresentanti del suo governo si sono apertamente mostrati interessati alle ricchezze energetiche del Paese – come il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che lo scorso 3 luglio, in occasione dell’evento di Alis, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile, a Sorrento, ha definito la Libia una “risorsa”.

La Francia invece ha adottato un approccio più pragmatico, riconoscendo la transitorietà del GNU e dando il suo sostegno al Khalifa Haftar, leader orientale a capo dell’esercito nazionale libico (LNA) chi gode del sostegno della maggioranza dei libici e che di fatto controlla la maggior parte del territorio libico. Il generale, considerato un baluardo contro le forse islamiste che destabilizzano il Paese, è l’altro potere forte della Libia: sin dalla caduta nel 2011 di Gheddafi ha tentato a più riprese di prendere il controllo della zona ovest del Paese (l’ultima operazione è del 2019, fallita nel momento in cui la Turchia ha intensificato il suo sostegno militare al governo di Tripoli inviando soldati e mercenari siriani). Proprio nel 2019, in un’intervista pubblicata su Le Figaro, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian dichiarava “crediamo che egli sia parte della soluzione”, aggiungendo: “Haftar ha combattuto contro il terrorismo a Bengasi e nel sud della Libia e questo era nel nostro interesse, quello dei paesi del Sahel e quello dei vicini della Libia”.

Mentre Francia e Italia ritrovano un’intesa sulla Libia fallisce il Forum di Ginevra mediato dall’ONU

La notizia della volontà di cooperare emersa dall’incontro bilaterale tra Francia e Italia arriva in un momento cruciale per il Paese nordafricano, che rischia di arenarsi pericolosamente in una situazione di caos, con in bilico le elezioni legislative e presidenziali previste per il 24 di dicembre. Pare infatti che in molti stiano tramando per far slittare la chiamata alle urne – ultimo episodio che conferma questa ipotesi è il fallimento dei colloqui mediati dall’ONU, che si sono svolti dal 28 giugno al 1° luglio a Ginevra. I 75 membri libici del “Forum di dialogo politico libico” (Lpdf) – questo il nome ufficiale dell’incontro – dovevano accordarsi su due nodi fondamentali in vista delle elezioni: la definizione di una legge costituzionale e di una legge elettorale per portare la Libia al voto. Il tutto si è concluso con un nulla di fatto: nonostante l’esortazione a raggiungere un compromesso da parte di Jan Kubis (Rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Libia), un blocco di partecipanti al forum ha paralizzato la situazione, con i Fratelli Musulmani che hanno osteggiato qualsiasi proposta relativa all’adozione di una costituzione, seppur provvisoria.

Elezioni in Libia necessarie, d’accordo i deputati europei. Ma l’UE si impegni per mantenere invariata la data

Il pericolo che le elezioni vengano rimandate deve essere sventato dall’azione congiunta delle forze europee. Lo credono gli stessi parlamentari europei, che in un sondaggio di OpinionWay commissionato da CEPS sono stati chiamati ad esprimere il loro parere sull’evoluzione della situazione politica e di sicurezza in Libia, nonché sullo stato attuale delle forze in gioco. È emersa l’idea che la normalizzazione istituzionale e politica in Libia verrà solo da un’incarnazione e personificazione del potere tramite elezioni democratiche – necessarie, benché difficili da organizzare. Il 72% dei deputati ritiene che l’Unione Europea dovrebbe avere un ruolo attivo nell’organizzazione delle elezioni in Libia. Positivo il giudizio dei parlamentari sull’impegno dell’Italia e della Francia: la maggioranza ritiene abbiano svolto un ruolo proficuo per il miglioramento della situazione nel Paese – a differenza di Turchia.

Ma forse è giunto il momento di un cambio di rotta, con Italia e Francia che sembrano finalmente intenzionate a lavorare insieme, trascinando anche l’UE in una politica più attiva e risolutiva in Libia. Urge la definizione di una tabella di marcia politica solida per lo svolgimento di elezioni democratiche. Si mettano dunque da parte gli interessi singolari e si pensi al futuro della Libia, desiderosa di prendere in mano la propria agenda.

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