Ripercorriamo i dati sulla disoccupazione giovanile del passato quinquennio, per comprendere quanto la situazione non sia più sottovalutabile.

Mentre la maggior parte dei paesi europei è uscita dalla crisi economica globale, l’Italia pare incapace di superarla, e i dati più allarmanti arrivano dalla stagnante disoccupazione giovanile, che dal 2012 a questa parte è addirittura aumentata. La situazione è allarmante, per rendercene conto è sufficiente documentarsi sulle fonti statistiche ufficiali.

Il 1° marzo 2013 l’ISTAT pubblicava sul suo sito internet i rilevamenti medi sull’occupazione dell’anno precedente, il 2012. Le cifre erano già preoccupanti, in quanto il tasso di disoccupazione giovanile (che comprende gli individui tra i 15 e i 24 anni d’età) raggiungeva il 35,3%, crescendo di più di 6 punti percentuali rispetto all’anno precedente e raggiungendo picchi del 49,9% per le giovani donne nel Mezzogiorno.

Le stesse cifre venivano tirate in ballo dal Fatto Quotidiano, in un articolo in cui non solo si denunciavano le condizioni precarie dei giovani italiani, ma soprattutto venivano analizzati gli anni precedenti al 2012. La crescita della percentuale dei giovani disoccupati era stata incredibilmente alta, basti pensare che nel 2010 la stessa analisi statistica dell’ISTAT documentava un tasso di disoccupazione giovanile pari al 27,8%. In due anni sarebbe quindi cresciuta in modo inaspettato e preoccupante, di quasi cinque punti percentuali.

L’anno successivo, il 2013, la realtà occupazionale giovanile peggiorava ancora. La media percentuale tarata sull’intero periodo annuale rimaneva più o meno inalterata, ma in determinati mesi si raggiungevano cifre allarmanti. Degna di nota la situazione, riportata dall’ISTAT e dal Corriere della Sera, inerente al tasso di disoccupazione giovanile di agosto 2013, che per la prima volta dal 2004 superava i 40 punti percentuali.

In Europa, solo la Spagna faceva peggio, con il 56% di giovani disoccupati, mentre la media dell’Eurozona si assestava intorno al 23%.

Nel 2014 il tasso di disoccupazione giovanile non dava cenni di miglioramento. A febbraio il dato dell’ISTAT denunciava percentuali proibitive, la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca era pari al 42,3%. Nel corso dell’anno, nonostante sensazioni positive sui dati occupazionali generali, la disoccupazione giovanile non accennava a diminuire. Nel settembre 2014 la percentuale di individui disoccupati tra 15 e 24 anni raggiungeva il 44,2%, cifra record sulle analisi trimestrali dal 1977. Il commento in merito del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) diventava lapidario: «Impossibile tornare ai livelli di occupazione pre-crisi».

Tra 2014 e 2015 in Italia abbiamo assistito all’introduzione del Jobs Act, mai come in questo momento sotto esame, ma già nel 2015 le nuove normative proposte dal Governo Renzi non sembravano essere in grado di risollevare una situazione occupazionale giovanile più che drammatica, ma che apparentemente non è mai stata arginata con determinazione. A metà 2015, tra giugno e luglio, le percentuali rimanevano invariate rispetto all’anno precedente, con un tasso di disoccupazione giovanile che oscillava oltre il 40%, raggiungendo il 44,2% all’inizio dell’estate.

Dati certamente positivi riguardavano la crescita di contratti a tempo indeterminato, ma non coinvolgevano la realtà giovanile italiana.

Il 2016 appena concluso sembrava poter garantire un miglioramento della condizione occupazionale giovanile, specie facendo affidamento sui dati ISTAT di ottobre, che certificavano come il tasso di disoccupazione fosse ampiamente calato rispetto ai mesi e agli precedenti, assestandosi sul 36,4%, come non accadeva dal 2012.

L’ottimismo di questa lenta ma costante diminuzione di giovani disoccupati è stato tuttavia definitivamente smorzato dai rilevamenti di questo inizio 2017, a riguardo degli ultimi mesi dell’anno passato.
Se settembre e ottobre 2016 avevano dato qualche garanzia per il futuro, a novembre e dicembre abbiamo assistito a un notevole peggioramento della situazione occupazionale. I dati ISTAT parlano chiaro: la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca si assesta sul 39,4%, segnando un disastroso regresso che ci riporta indietro di due anni circa. L’unico rilevamento occupazionale positivo riguarda infatti gli over 50, ma per ciò che concerne gli under 25 il futuro lavorativo sembra più che mai plumbeo.

Andrea Massera

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