Riprendiamo il nostro percorso, con la rubrica Napoli: Miti e Leggende, alla riscoperta di Chico il mago e i maccheroni: una storia in cui realtà e fantasia hanno dato vita ad una delle più affascinanti leggende culinarie. Come sono nati i maccheroni? Per chi non avesse letto la prima e la seconda parte de La leggenda dei maccheroni, di seguito il link diretto alle relative pagine: La leggenda dei maccheroni (parte prima) – La leggenda dei maccheroni (parte seconda).

Al re sembrò di non aver mai assaggiato nulla di più buono:

“Delizioso, squisito, divino!”

Incisione raffigurante un venditore di maccheroni per le strade del regno
Incisione raffigurante un venditore di maccheroni per le strade del regno

Così, riferirono i camerieri in cucina, Federico aveva definito il nuovo piatto, e alla fortunata Giovannella fu ordinato di recarsi a corte il giorno dopo. La donna si presentò al cospetto del re con un vistoso abito rosso e un’elaborata acconciatura, e nonostante le buone maniere non fossero il suo forte, fece un profondo inchino al sovrano. Il re si congratulò con lei per la sua abilità di cuoca e volle sapere come le fosse venuta l’ispirazione di creare quei piccoli cilindri di pasta conditi con una salsa così saporita:

“Maestà, un angelo mi è apparso in sogno e me ne ha svelato il segreto per prepararli”

rispose Giovannella tenendo gli occhi bassi perché non si vedesse lo sguardo di trionfo.

“E ti ha anche detto come chiamare questo piatto?”

“Mi ha detto che Vostra Maestà gli avrebbe trovato un nome”

La risposta divertì il re, che decise di stare al gioco:

“Ci vorrebbe un nome capace di evocare la loro origine sovrannaturale e la gioia che danno a mangiarli. Per esempio con derivazione dal greco macar-macaros che significa felice, beato”

“Come maccheroni?”, suggerì prontamente Giovannella

“E maccheroni siano”

approvò il re dando alla donna un sacchetto di monete d’oro come ricompensa:

“E ora va’ dal mio capocuoco e spiegagli per filo e per segno la ricetta”

A corte i maccheroni divennero una vera e propria moda. Nobili e dignitari di tutto il regno mandarono i loro cuochi a imparare la ricetta da Giovannella che, ormai di casa nel retrocucina del palazzo reale dove teneva le sue lezioni, divenne presto ricca poiché tutti la ricompensavano largamente. A Napoli tutti conobbero il nuovo piatto e non ci fu casa, sia ricca che povera, nella quale la domenica non si sentisse profumo di pasta al ragù.

Nel frattempo il povero mago, messi a punto finalmente i suoi maccheroni, se ne stava chiuso in casa a sperimentare i suoi sughi. Inventò tantissimi tipi di salse diverse: con pomodoro, aglio e basilico, quella cacio e uova, aglio olio e peperoncino, che praticamente sono i sughi con i quali i napoletani condiscono tutt’ora i mille tipi di pasta che da quei maccheroni originari derivano (tranne quella con le olive e i capperi che avrebbe inventato secoli dopo Totò); ma per quanto avesse perfezionato i suoi sughi, Chico non riuscì mai ad arrivare al sapore del ragù di Giovannella.

Maccheroni: una pasta reale per il popolo

Una mattina Chico uscì a prendere una boccata d’aria ma, giunto vicino al porto, sentì provenire da una basso un odore familiare, ma al contempo molto più ricco e armonioso di tutti quelli che conosceva: era proprio il profumo che avrebbe voluto sentire per i suoi maccheroni.

La Taverna a Santa Chiara per il Fesival delle paste "Come il maggio sui maccheroni"
La Taverna a Santa Chiara per il Fesival delle paste “Come il maggio sui maccheroni”

Al vecchio Chico sembrò di svenire, sperò che fosse un’allucinazione ma colto dall’ansia scostò la tenda ed entrò nella casetta:

“Che state cucinando?”, chiese alla donna che versava salsa nella zuppiera

“Maccheroni”

Chico continuò: “E chi ti ha insegnati a cucinarli?”

“Giovannella Di Canzio”

“E a lei?”

“Un angelo, dicono. Li ha preparati per il re e ora tutta Napoli li mangia. Vuoi assaggiarli?”

Chico rifiutò e per tutto il giorno sentì per la città sempre la stessa storia, anche al palazzo reale ebbe conferma del furto della sua invenzione. La sera il vecchio mago tornò nella sua stanzetta e bruciò tutte le pergamene, distrusse mobili, pentole e stoviglie, per poi partire senza lasciar traccia. La gente disse che se l’era portato via il diavolo ma Giovannella, in punto di morte, rivelò di aver rubato il segreto a Chico, anche se ormai troppo tardi perché gli fosse resa giustizia.

La notizia fece scalpore, anche se non stupì gli abitanti di vicolo dei Cortellari che, conoscendo Giovannella, non avevano mai creduto all’origine angelica dei maccheroni e trovarono molto più logica quella diabolica. In ogni caso, i maccheroni continuarono ad essere mangiati con lo stesso gusto di prima e la strana vicenda restò viva nella tradizione popolare, che nel frattempo ne diede vita ad una versione aggiornata: nelle notti di sabato, nella stanzetta al quarto piano, la stessa di Chico, il mago taglia ancora i suoi maccheroni, Giovannella prepara il ragù e il diavolo con una mano gratta il formaggio e con l’altra attizza il fuoco sotto la caldaia.

Fonte immagine in evidenza: google.it

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Fabio Palliola

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