Domenica 19 giugno, dalle 7.00 alle 23.00, si svolgerà il ballottaggio elettorale nei comuni italiani con più di 15.000 residenti che non hanno eletto al primo turno proprio sindaco. Tra questi Roma, Milano e Torino, forse le città più importanti d’Italia per storia e contributo all’economia nazionale.

Individuiamo brevemente i punti focali intorno ai quali si sviluppano le campagne elettorali dei candidati, gli endorsement delle fazioni rimaste fuori dal ballottaggio e le previsioni dei sondaggi.

ROMA

A Roma si è verificato senza dubbio il risultato più clamoroso dell’intera tornata elettorale, il M5S di Virginia Raggi si è infatti imposto come primo partito ottenendo il 35% dei consensi, mentre Roberto Giachetti, sostenuto dal centro-sinistra, si è fermato intorno al 25%.
Percentuali clamorose se si pensa al risultato del M5S alle passate elezioni comunali del 2013, nelle quali aveva collezionato il solo 12,82% dei voti.

Tra i fattori che hanno invece maggiormente limitato il consenso per Giachetti è impossibile non citare lo scandalo di Mafia Capitale nella quale il Partito Democratico è stato in parte coinvolto, oltre alla controversa caduta dell’ex-sindaco Marino.
La decadenza della capitale d’Italia è sotto gli occhi di tutti, e la narrazione mediatica che di questa viene fatta è forse eccessiva: chi vive a Roma sa che muoversi con i mezzi pubblici è piuttosto dispendioso, ma sa anche di non essere sommerso dai topi.
Tutta la mini-campagna elettorale tra il primo turno e il ballottaggio sembra avere però come unico tema le problematiche future, anziché quelle attuali e concrete della città. In particolare la candidatura olimpica di Roma per il 2024.
Raggi si era detta contraria alle Olimpiadi, specie durante la sua esperienza in consiglio comunale ai tempi dell’amministrazione Marino, mentre attualmente ritratta considerando le Olimpiadi un’opportunità, pur non percependo l’evento come una priorità per i cittadini romani. Giachetti è invece sostenitore delle Olimpiadi dalla prima ora e, specie ora che il PD è riuscito a spostare la campagna elettorale su questo tema, lo ostenta con fierezza.

La posizione dei due candidati sulle Olimpiadi è lo specchio della loro visione su come riportare Roma agli antichi fasti: Giachetti promette ulteriori investimenti, come l’aumento della spesa per la manutenzione stradale da 50 a 150 milioni l’anno e la riqualificazione della ferrovia Roma-Lido, anche accettando di aumentare il debito della città. Raggi invece punta a ridurre le spese tramite una lotta alla corruzione e quindi trasparenza negli appalti e nelle partecipate, guardando anche con attenzione al rapporto cemento-verde di Roma.
Come fatto notare argutamente da Bechis su Libero, però, la battaglia per le Olimpiadi intrapresa in particolare dal PD, dal suo giornale di partito e da Il Messaggero (il giornale del costruttore romano Caltagirone) rischia di mancare di mordente. Virginia Raggi non era favorevole alle Olimpiadi già prima della votazione del 5 giugno, e il 35% dei votanti romani l’ha comunque scelta come sindaco. Insomma, la questione potrebbe non essere così sentita dalla pancia dell’elettorato.

Secondo le previsioni di affaritaliani.it e Carlo Mennheimer, la Raggi al ballottaggio dovrebbe ottenere tra il 51% e il 60% dei consensi, mentre Giachetti tra il 40% e il 49%.

MILANO

Nel capoluogo lombardo il ballottaggio avrà invece come protagonisti Giuseppe Sala e Stefano Parisi, rappresentanti della coalizione di centro-sinistra e centro-destra.
Pochi voti separano i due candidati, Sala ha ottenuto il 41,6% dei voti, mentre Parisi il 40,7%.

Il Partito Democratico e tutti i sostenitori di Sala, durante la campagna elettorale, sembrano porsi come il fronte dei moderati che si oppone con forza alla minaccia nazista e xenofoba che risiederebbe tra gli alleati del pur moderato Parisi. Seguendo la vincente esperienza francese, il centro-sinistra sta provando a farsi portavoce di un fronte anti-lepenista chiamato a combattere però, anziché la Le Pen, Salvini e Il Giornale.
In particolare, è entrata con forza nella campagna elettorale la notizia della decisione del quotidiano diretto da Sallusti di distribuire col giornale una copia del Mein Kampf di Hitler. Sembra difficile però che gli elettori milanesi possano associare Parisi a una corrente neonazista, anche perché il diretto interessato si è espresso da subito contrario all’iniziativa de Il Giornale, accusando la sua controparte politica di strumentalizzare l’accaduto.

«Una iniziativa inutile e inopportuna che offende le migliaia di famiglie milanesi e italiane che sono state vittime del nazismo. In questo momento in cui in tutte le grandi città europee c’è un grande rischio di antisemitismo qualsiasi ambiguità da questo punto di vista è grave»
(Stefano Parisi)

Quanto alle proposte, entrambi i candidati puntano su una sempre maggiore collaborazione tra pubblico e privato, con Sala che si distingue per il progetto di riapertura dei Navigli e per la continuità con la giunta Pisapia, mentre Parisi per la promessa di un taglio delle tasse (addizionale IRPEF e canone di occupazione del suolo pubblico), oltre che per un investimento più forte nelle nuove tecnologie a vantaggio sia della sicurezza che della pubblica amministrazione.

Le previsioni di affaritaliani.it citate in precedenza danno Parisi favorito con una forbice di consenso che va dal 49% al 55%, mentre Sala lo sfiorerebbe soltanto, ottenendo tra il 45% e il 51% dei voti.

TORINO

Come a Roma, anche a Torino i risultati del primo turno elettorale sono stati inaspettati: il M5S si è imposto anche qui come primo partito, con circa il 31% dei voti, mentre il PD gli si è fermato a un palmo, con circa il 30% dei consensi.
Nonostante ciò, il candidato sindaco supportato dal PD, Piero Fassino, mantiene comunque un largo vantaggio sulla candidata del M5S Chiara Appendino. La coalizione di centro-sinistra è stata infatti preferita in totale da quasi il 42% dei votanti torinesi.
Il M5S ha spostato la campagna elettorale sul tema della lotta alla disuguaglianza, che a livello nazionale vorrebbe essere combattuta con la proposta del reddito di cittadinanza.
Mentre Fassino vanta a ragione i propri successi come sindaco uscente, come la riduzione del debito della città da 3,4 a 2,8 miliardi, la Appendino lo incalza ponendo l’accento sul tasso di disoccupazione di Torino, il più alto tra le più grandi città del Nord, e sulla presenza in città di almeno 100.000 persone in condizioni di povertà.
La sensazione è che nessuna delle proposte dei due candidati possa attirare in maniera importante i votanti, e che quindi, se rimonta dovesse essere, la Appendino dovrebbe ringraziare soprattutto i votanti dei partiti rimasti fuori dal ballottaggio, in primis della Lega Nord, i quali esponenti hanno più volte invitato i propri elettori a votarla.
L’elettorato della Appendino si presenta infatti come incredibilmente variegato: tra centri sociali, che appoggiano la sua posizione contraria alla TAV Torino-Lione, ed elettorato di centro-destra, che vede di buon grado la chiusura dei campi rom ipotizzata dalla candidata.

Affaritaliani.it dà Fassino leggermente favorito, tra il 49% e il 55%, mentre la Appendino dovrebbe fermarsi tra il 45% e il 51%.

Valerio Santori
(twitter: @santo_santori)

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