Che la situazione degli ospedali a Napoli non sia delle migliori è indubbio. Tutti i napoletani lo sanno e non solo loro. C’è chi ha deciso di lottare ogni giorno per cambiare questo stato di cose.

In particolare, qui parleremo delle persone della Rete regionale per il diritto alla Salute e del presidio permanente contro la chiusura dell’Ospedale San Gennaro.

La Rete regionale per il diritto alla Salute

presidio
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La Rete per il diritto alla salute si occupa di organizzare e coordinare le lotte per la difesa e lo sviluppo della sanità pubblica a Napoli, ma soprattutto in Campania in generale. L’associazione, quindi, vuole operare come “circuito unico” per le diverse vertenze nate dopo la chiusura e lo smantellamento dei vari ospedali cittadini, per evitare che siano affrontate singolarmente dalle istituzioni.

Anche se questa appare l’attività che di più impiega i ragazzi dell’associazione, essa non è lo scopo per cui la rete è nata.

“Il vero messaggio della rete – ci ha detto Luca – è un concetto diverso di salute e quindi di sanità. La sanità è un concetto ristretto di salute perché implica che tu sia già malato e debba essere curato. Salute invece è un concetto più vasto: implica le cause della malattia come le condizioni di lavoro o le condizioni ambientali.

Il vero problema quindi è che all’origine viene diviso il concetto di salute, per esempio in cura ambientale, della bonifica dei territori, della condizione d’inquinamento, staccata dalla sanità.

Un’inversione di rotta è quella che la rete sta cercando di portare.”

Il lavoro che l’associazione vuole tentare di svolgere è dunque a 360°, contro tutto ciò che mette a rischio la salute e i diritti degli uomini: contro le grandi opere, come quelle di Bagnoli e Val di Susa; contro il modello alimentare delle multinazionali; per il diritto inalienabile delle donne ad abortire senza obiezioni di coscienza; contro la chiusura di presidi territoriali di salute mentale.

Decreto 49 del 27/9/2010: la nuova rete ospedaliera per Napoli e Campania

Prima di continuare e di parlare del presidio per il San Gennaro, è meglio fare un passo indietro e capire cosa stia accadendo alle strutture ospedaliere cittadine e il perché. Nel decreto 49 del 27 settembre del 2010, si legge:

“la revisione della rete ospedaliera si pone l’obiettivo di assicurare complessivamente un’offerta più adeguata ai bisogni dei cittadini, attraverso sia la riduzione delle attività ritenute inappropriate, con la conseguente riduzione di posti letto, sia la riorganizzazione funzionale ed operativa delle strutture ospedaliere. Altro elemento caratterizzante della revisione della rete ospedaliera, data la contiguità territoriale di alcune strutture pubbliche di ricovero con presidi di maggiori dimensioni (…) è l’integrazione in un unico presidio di più strutture sanitarie (…).

(…) In via programmatica, sulla base dei criteri enunciati, si prevede:

  • (..) i presidi ospedalieri Ascalesi, Loreto MareSan Gennaro ed Incurabili, confluiranno nella struttura ospedaliera Ospedale del Mare in corso di realizzazione e costituiranno la nuova Azienda Ospedaliera denominata Ospedale del Mare (…)”.

Detta in soldoni, il decreto stabilisce di migliorare la funzionalità dei presidi ospedalieri, alcuni ritenuti troppo vicini gli uni con gli altri, tramite una specializzazione di alcuni e secondo “un nuovo modello di stabilimento accorpato ad un presidio principale”.

#OperazioneSanGennaro: il presidio permanente contro la chiusura del San Gennaro

presidio
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Una delle peculiarità della Rete è il voler agire cercando di rendere le persone protagoniste. Ciò è quello che è decisamente successo col presidio permanente nato per evitare la chiusura dell’Ospedale San Gennaro di Napoli, sito nel rione Sanità.

Dire che la nascita del presidio sia dovuta in toto alla Rete sarebbe ingiusto. Esso nasce, infatti, con l’occupazione dell’ospedale, il 17 ottobre 2016. Quel giorno era previsto l’arrivo di camion e addetti per lo smantellamento dell’ospedale. Alcune persone, esasperate dopo numerosissime infruttuose manifestazioni, si erano precipitate all’interno dell’edificio e ne avevano impedito la chiusura.

Rosaria, membro attivo e iconico del presidio ha descritto l’inizio della loro battaglia così:

“una volta saputa la notizia ‘voce e popolo voce, ‘e Dio’: la notizia si spande, ci si chiede se si può fare qualche cosa, se ci si vuole organizzare. I primi sono stati i ragazzi che fuori all’ospedale vivono alla giornata. Hanno fatto passaparola. Poi ci sono le associazioni che aiutano in questo senso, come i ragazzi di Insurgencia, dell’OPG. Ci siamo messi in contatto grazie alla tecnologia e ci siamo organizzati”.

Per Mauro, invece, l’origine di questa battaglia è ancora precedente:

“la lotta è partita 7 anni fa, con la chiusura di ostetricia, mai avvenuta perché l’abbiamo bloccata, con una manifestazione, vari cortei, blocchi. Creammo qualcosa di forte e da lì cercammo di portare l’attenzione a tutto il problema a livello cittadino, perché il decreto 49 prevedeva la chiusura dei plessi dell’area centrale, che servono circa 700.000 persone.

Il decreto, però, andava avanti. Chiudono il pronto soccorso. Facciamo delle lotte, ma non riusciamo a bloccarlo. Intanto avevano chiuso i vari pronto soccorso del centro città.

Richiamiamo un’adunata, con le persone del quartiere e anche i membri dei vari centri sociali, ma deve essere fondamentale la voce delle persone del quartiere perché, non si può dire di conoscere il territorio se non si conosce in primis chi vi soffre”.

Dall’ospedale, comunque, non sono andati più via. Oggi sono costantemente fuori il San Gennaro, con un gazebo, a presidiare l’edificio e a lottare ancora per esso, con assemblee, tutti i giorni alle 18, aperte a chiunque volesse parteciparvi.

Cosa hanno fatto, cosa fanno, cosa faranno

L’azione del presidio non si è fermata alla sola occupazione, né si limita alle assemblee o alle manifestazioni.

Una delle iniziative più originali e apprezzate è stata forse quella del blocco dei ticket. A parlarcene è stato ancora Mauro:

“il blocco dei ticket è stato un po’ uno sciopero alla rovescia. Quel giorno abbiamo bloccato i ticket e i medici hanno fatto prestazioni gratuite a tutti i cittadini che si sono presentati per assistenza. Quello è stato un atto concreto con cui noi cittadini abbiamo fatto in modo che venisse garantito il diritto alla salute”.

Una delle tappe fondamentali è stata di certo quella del 28 novembre scorso. Tale data era stata molto attesa da tutto il quartiere in quanto, il 2 novembre, durante una riunione a palazzo Santa Lucia, il governatore De Luca aveva promesso per quella data la riapertura del PSAUT (Servizio di Assistenza e Urgenza Territoriale) h24 e non solo.

Alla presenza del direttore generale dell’Asl Napoli 1 Elia Abbondante, del Presidente della Municipalità Ivo Poggiani e una delegazione di cittadini del quartiere, si era stabilito il sorgere anche di un poliambulatorio polispecialistico, del Day Service, di un Ospedale di Comunità (struttura di ricovero gestita dagli infermieri dell’Asl e dai medici di Medicina generale, per patologie non richiedono il ricovero ospedaliero) ed altro ancora.

Il 28 novembre stesso, invece, è stata poi annunciata l’apertura dello PSAUT per sole 12 ore al giorno. Il presidio, sconvolto, non ha potuto fare altro che impedirne l’inaugurazione, evitando “l’ennesima passerella del governatore”.

Una delle attività più importanti portata avanti dal presidio è quella del “controllo popolare”: controlli a fascia larga negli ospedali, basati su tutti i dati degli PSAUT.

Sulla pagina Facebook del presidio, per esempio, al primo dicembre si legge:

“Anche oggi il presidio permanente ha effettuato il controllo popolare: informiamo tutti che oggi nonostante il primo soccorso chiuda alle 20 (battaglia che stiamo facendo per farlo diventare h24) ha fatto 14 interventi, tra cui un investimento di un pedone cui poi è stata riscontrata frattura alla gamba, stabilizzato e trasferito poi al Cardarelli. I medici e gli infermieri sono disponibili al confronto e alla collaborazione e soprattutto effettuano in maniera eccellente il servizio. Ma all’interno del presidio manca ancora la strumentazione per le analisi di laboratorio emergenziali (emocromo, emogas, ecc) previsto dalla legge. CONTINUEREMO A VIGILARE PERCHÉ IL NUOVO MODO DI FARE POLITICA È ESSERE PARTE ATTIVA DEI PROCESSI DECISIONALI E ORGANIZZATIVI. FINALMENTE LAVORATORI E CITTADINI COLLABORANO PER APPLICARE L’articolo 32 Della costituzione a tutela del diritto alla salute per tutti”.

Per quanto riguarda il futuro prossimo, l’associazione attende un incontro con De Luca, richiesto con una lettera il 5 dicembre e atteso presto, terminato il caos del referendum.

Sia Rosaria, che Mauro, che Luca e tutti gli altri membri del presidio, concordano su un punto fondamentale: la lotta deve continuare.

“Ci hanno strappato proprio l’anima togliendoci il San Gennaro. La cosa deve andare avanti perché il quartiere deve rivivere. Non ce la sentiamo di farlo morire così”.

“Noi dobbiamo continuare”.

C’è solo un modo però per far sì che la lotta continui e funzioni:

“La vittoria è possibile se a partecipare sarà tutto il quartiere Sanità”.

Sono due mesi che queste persone lottano e credono in un nuovo San Gennaro, sì, ma al servizio delle persone. Sono disposte a continuare, sanno che sarà necessario farlo, ma si sono resi conto, vivendola questa battaglia, che senza le persone del rione Sanità non molto altro sarà raggiungibile.

Desire Rosaria Nacarlo

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