In queste settimane sono accadute diverse cose: esponenti del PD che non votano la fiducia al proprio governo che a sua volta pone la fiducia su una prerogativa del Parlamento (la legge elettorale); lo sciopero del mondo della scuola più grande che io ricordi; l’emorragia continua di iscritti più o meno eccellenti (pensiamo a Civati). Certo le beghe nostrane ci hanno tenuto distratti, ma il dibattito di questi giorni merita qualche riflessione, al netto della campagna elettorale.

Tra le dichiarazioni che ho trovato più discutibili c’è senza dubbio quella del segretario/premier che ha parlato di una sinistra capace di vincere ed una sinistra che vuole perdere. Il premier su questo ha ragione, sebbene vorrei ricordare che chi vince e chi perde lo decidono, fortunatamente, le urne e i cittadini. Le mie riflessioni non hanno nulla a che vedere con il dibattito tra minoranza e maggioranza nel PD, non mi interessa e credo appassioni poco se non qualche addetto ai lavori. Ciò che mi appassiona, invece, è poter semplicemente utilizzare la parola Sinistra senza aggettivi o locuzioni.

La sinistra di questi anni è stata sicuramente, ha ragione il premier, una sinistra che ha perso. Pur avendo collezionato vittorie importanti negli anni, ha perso la sfida più grande, allargare i diritti e abbattere le disuguaglianze: la precarietà di intere generazioni, uno Stato incapace di garantire servizi e spesso ostile, un Paese incapace di guardare al proprio futuro, non sono responsabilità da cui una certa parte della classe dirigente di questi anni può esimersi. Eppure c’è anche dell’altro: la sinistra italiana degli ultimi vent’anni si è percepita più nella contrapposizione a Silvio Berlusconi (senza mai riuscire a mandarlo a casa definitivamente) che nella propria visione del e per il Paese. Proprio nel momento in cui si doveva dimostrare di essere pronti a prendere per mano l’Italia e cambiarla, la sinistra italiana si è tirata indietro appoggiando il governo tecnico di Mario Monti. I risultati di tutto questo si sono visti a febbraio 2013.

Ora quello che però io proprio non ho capito, sarà per le mie doti mediocri, è quale sia la sinistra che invece vuole e sa vincere e, ahimè, a me che tendo anche a leggere un po’ i numeri sfuggono questi risultati entusiasmanti. Premetto fin da subito che le primarie del PD, non me voglia qualche ministro, non sono le elezioni e che essere eletto segretario del partito è una cosa diversa dal sottoporsi al giudizio degli elettori. Gli ultimi due anni hanno visto un vuoto politico senza precedenti: il centrodestra è totalmente imploso e il M5S (che oggi torna a crescere) ha perso l’occasione agli occhi dei molti di poter dare un contributo reale di cambiamento. Nonostante l’unico partito rimasto sia il Partito democratico, non riusciamo e non abbiamo conquistato un solo voto in più – basti guardare ai voti assoluti e non alle percentuali che il più delle volte sono ingannevoli.

Altre elezioni non mi pare ce ne siano state. Certo il PD va bene in diverse amministrative, ma essere buoni amministratori è qualcosa che i nostri elettori hanno sempre riconosciuto. Si, è vero, prendiamo un po’ di voti al centro e a destra, ma fino a quando quello schieramento non si riorganizzerà o un modello elettorale ce lo permetterà (la storia dovrebbe insegnarcelo).

Quindi la domanda iniziale, ossia qual è la sinistra che vince, o meglio, quale sia la sinistra, non mi sembra sia la principale preoccupazione di chi si fa artefice di certe esternazioni. La sinistra esiste, fortunatamente, a prescindere dai partiti che intendono rappresentarla: esiste nelle strade di periferia, nelle fabbriche, nelle scuole, nei luoghi del disagio, nei luoghi della produzione materiale ed intellettuale, nelle speranze di migliorare la propria terra, qualunque essa sia, esiste nei diritti violati o negati. La sinistra è cambiamento, è progresso, è visione, è giustizia sociale, è coesione. La sinistra che vince è quella capace di farsi carico degli ultimi, quella che non esclude, quella che aggrega bisogni ed interessi legittimi. La sinistra che vince è quella che non fa i conti in tasca quando c’è da salvare vite umane; è quella che contrasta la povertà, a prescindere dal “merito”. La sinistra che vince, secondo me, è ancora quella che prova disprezzo per un mondo nel quale il 10% della popolazione detiene la maggioranza dei mezzi e delle risorse economiche.

Insomma, mi piacerebbe che la vittoria della sinistra la si misurasse meno in qualche tornata elettorale e più nella realtà e nella capacità di cambiarla radicalmente e, per quanto la mia opinione conti molto poco, ne siamo ancora molto molto lontani.

Antonella Pepe

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