‘Parole e idee possono cambiare il mondo’ era la frase di un famoso film ‘L’attimo fuggente’. Credevamo, e in realtà speriamo ancora, che le parole e le idee di Paolo Borsellino, ucciso brutalmente dalla mafia il 19 Luglio 1992 nella strage di Via D’Amelio, avessero segnato nel cuore di ogni italiano un cambiamento: una presa di coscienza più forte che mai, il bisogno di  lottare contro qualcosa di tanto forte quanto malvagio, combattere per le proprie idee anche a costo della vita, per migliorare il proprio paese.

A pochi giorni dalla commemorazione della strage dove morirono Paolo Borsellino e i suoi 5 agenti di scorta e a cui i figli non parteciperanno per opporsi a quella definita “antimafia di facciata“, non ci sono più dubbi sul fatto che l’indifferenza, il doppiogioco di tanti politici, imprenditori e l’ignoranza delle persone, continuano a macchiare le idee, le parole e il  coraggio di quelli che dovrebbero essere per tutti esempi di vita.

Va fermata, fatta fuori. Come suo padre” questa l’inquietante frase intercettata in una conversazione tra Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia arrestato giorni fa per truffa, peculato e falso, con Rosario Crocetta, governatore della Sicilia, contro Lucia Borsellino, che ha sconvolto l’Italia nella giornata di ieri. L’intercettazione contenuta in un dossier dell’Espresso ha provocato un susseguirsi di smentite, conferme, dichiarazioni e lacrime. Nonché un senso di profondo disgusto.

La prima smentita arriva nel pomeriggio dalla procura di Palermo che in una ventina di righe, sottoscritte dal capo della Procura, Francesco Lo Voi, dopo una giornata passata al Palazzo di Giustizia in cerca della vergognosa frase, annuncia che “agli atti di questo ufficio ed in particolare nell’ambito del procedimento nel quale è stata emessa ordinanza di arresti domiciliari nei confronti del Tutino non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino ed il Crocetta del tenore sopra indicato“. Ma L’Espresso contrattacca e in una nota precisa che “La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino, risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”.

La questione resta quindi aperta. E le ferite aperte, si sa, fanno sempre più male. Soprattutto se si tratta di un colpo sferrato non al singolo, ma a quella parte di Italia onesta che ripone ancora fiducia nelle istituzioni, le stesse che devono proteggere e che spesso sono le prime a uccidere, e nella cui memoria sono impresse i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, da sempre simboli della lotta contro la mafia.

Il governatore Crocetta si autosospende dalla carica e commenta la vicenda in lacrime, che si spera non siano di coccodrillo, facendo appoggio sulla nota della Procura di Palermo e dicendo “Oggi è stato un immenso dolore e una sofferenza inaudita. Non c’è dubbio. C’è stata un’azione di dossieraggio contro di me. Mi hanno distrutto, ucciso, perché è questo che volevano: farmi fuori, eliminarmi. Ci stavano riuscendo – ha concluso – ma tutto sta diventando chiaro e lo diventerà ancora di più”.

Il commento schietto e preciso non può che arrivare anche dalla parte realmente lesa, Lucia Borsellino, dimessasi dal suo ruolo di assessore alla Salute il giorno dopo l’arresto di Tutino: “Mi sento intimamente offesa e provo un senso di vergogna per loro; ho fatto quello che potevo in un contesto, evidentemente, poco edificante.”

La vicinanza delle istituzioni e di ogni schieramento politico alla Borsellino si fa sentire: telefonate di Matteo Renzi e del capo dello Stato Mattarella e solidarietà dal presidente del Senato Pietro Grasso che definisce “parole schifose” quelle pronunciate da Tutino e dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Rita Borsellino, sorella del magistrato, in un discorso tenuto nella giornata di ieri nello stesso luogo in cui Paolo Borsellino tenne il suo ultimo intervento pubblico, ricorda una frase pronunciata con voce rotta dal fratello, poco prima della sua morte in cui parlava di “qualche giuda” che lo aveva tradito. Ed è questo il sentimento che emerge in questo giorno triste per la nostra storia, l’Italia migliore che per l’ennesima volta viene tradita da chi dovrebbe guidarla e accompagnarla nella lotta alla legalità.

Alessandra Vardaro

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