È arrivata ieri l’assoluzione in appello, dopo tante battaglie mediatiche condotte dal partito del quale l’imputato è il leader, per Silvio Berlusconi riguardo al tanto discusso caso Ruby. Infatti l’ex Presidente e ex Cavaliere Berlusconi, secondo i giudici, non era al corrente della minore età di Ruby e non obbligò i funzionari della Questura a rilasciarla.
I giudici della seconda sezione d’appello del Tribunale di Milano, nelle oltre trecento pagine delle motivazioni della sentenza, spiegano: “Deve in conclusione convenirsi con il Tribunale sul fatto che sia stata acquisita prova certa dell’esercizio di attività prostitutiva ad Arcore in occasione delle serate cui partecipò Karima El Mahroug in occasione delle quali la giovane marocchina si fermò a dormire almeno due volte presso la residenza del presidente del consiglio” confermando, quindi, il fatto che Ruby si prostituì tra le mura di Villa San Martino, considerando anche i soldi che l’ex Cav elargì alla ragazza.
Riguardo all’accusa di concussione, i giudici di primo grado sostenevano che Pietro Ostuni, capo di gabinetto della Questura di Milano, fosse stato “costretto” a rilasciare Ruby nelle mani di Nicole Minetti. Al contrario, i giudici della Corte d’Appello hanno ritenuto che “non sussiste prova degli elementi costitutivi del reato di concussione […] non vi è prova in particolare della ascrivibilità a Silvio Berlusconi di una condotta costrittiva nei confronti del dottor Ostuni mediante minaccia di un danno ’contra ius'”. Ostuni avrebbe dunque agito spontaneamente, dicono le motivazioni, forse in una sorta di timore reverenziale nei confronti dell’allora Presidente del Consiglio.
Quasi a conferma della teoria complottista da sempre sostenuta da Berlusconi, si è dimesso il Presidente del collegio d’Appello Enrico Tranfa subito dopo aver firmato le motivazioni della sentenza. Il giudice si sarebbe dimesso, dopo 39 anni di servizio e 15 mesi di pensione, in dissenso con la sentenza presa a maggioranza con il sì degli altri due giudici.
Federico Rossi