Uno studio della Società italiana di scienza dell’alimentazione certifica i legami fra il caffè e gli effetti benefici. Non per questo, ovviamente, è il caso di esagerare

Il caffè rappresenta un tema di notevole interesse per le sue molteplici virtù e perché è la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua. Un nuovo studio osservazionale pubblicato sugli “Archives of Internal Medicine” evidenzia che le donne che ne bevono due o più tazze al giorno sembrerebbero avere minori probabilità di andare incontro a fenomeni di depressione.caffe-depressione-suicidio-anteprima-600x337-932290

L’indagine è avvenuta su una popolazione di oltre 50.000 infermiere americane di circa 63 anni, che al momento dell’avvio della ricerca non presentavano sintomi legati a depressione, clinicamente diagnosticata.
Le donne sono state seguite in modo prospettico fino al giugno 2006, attraverso questionari centrati sul personale consumo di caffè e bevande contenenti caffeina nel periodo tra il 1980 e il 2004. In particolare è stato chiesto quanto spesso erano stati consumati, nel corso dei 12 mesi antecedenti la compilazione di ogni questionario, caffè con o senza caffeina, tè, bevande analcoliche con caffeina (zuccherate o a basso contenuto calorico) o senza caffeina, cioccolato.

Dallo studio sono emersi alcuni dati interessanti: le donne che avevano consumato due o tre tazze di caffè al giorno avrebbero evidenziato una minore probabilità (15%) di sviluppare problemi depressivi rispetto a coloro che avevano bevuto al massimo una tazza di caffè a settimana; le donne che ne avevano bevuto almeno quattro al giorno avrebbero mostrato un rischio inferiore del 20%.

ansia-e-depressioneLo studio conferma quanto già da tempo la Società italiana di scienza dell’alimentazione (Sisa) – evidenzia la stessa società scientifica – aveva affermato circa l’effetto del caffè. Pertanto, dopo avere recepito gli importanti effetti positivi del caffè sulla concentrazione, l’attenzione e la prontezza di riflessi, ora con questo studio si entra in un campo molto più ampio, ricco di possibilità, che riguarda la prevenzione delle malattie relative al mondo psichico, dalla depressione ad altri disturbi sia pur lievi della sfera psichica.
D’altra parte, è noto da anni che la caffeina interagisce positivamente con diversi recettori, favorendo una situazione di benessere. Su questa base l’assunzione di caffè può assicurare qualche beneficio dal punto di vista psicologico anche al paziente depresso, al quale l’uso del caffè non è mai stato vietato o sconsigliato, a patto naturalmente che non interferisca con l’assunzione di farmaci antidepressivi.
Sempre a questo riguardo può essere interessante ricordare che nel 2014 sul World journal of biological psychiatry sono stati elaborati i dati provenienti da tre vastissimi studi di follow-up durati 20, 16 e 14 anni e riguardanti nel complesso circa 200mila fra uomini e donne, circa i rapporti fra consumo di caffè e caffeina e il rischio di autolesionismo.

Le conclusioni, che hanno permesso di stabilire che il consumo di caffeina è associato chiaramente a un diminuito rischio di autolesionismo, meritano di essere ricordate in questa sede in considerazione delle riconosciute connessioni esistenti fra sindromi depressive e tendenza a tali comportamenti.

Da questo studio si evince che lo stile alimentare gioca un ruolo importante e addirittura, talvolta decisivo per ottenere una risposta fisica sempre positiva, il caffè e dunque la cafeina non è certamente il solo imputabile nell’azione contro gli stati depressivi ma c’è da valutare un mix di fattori coaudiuvanti.

Dal punto di vista generale,infatti, i sintomi tipici della depressione legati alla dieta sono: alterazioni dell’appetito e calo ponderale (-5% al mese) e, meno frequentemente, il netto aumento dell’appetito con conseguente incremento del peso corporeo.

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Le diete ipocaloriche costituiscono un fattore di rischio importante per l’insorgenza della depressione, soprattutto in seguito all’assunzione di farmaci anoressizzanti; ciò comporta effetti negativi sulle emozioni e sul comportamento. Alcuni di questi principi farmacologici inducono anche un senso di euforia che lascia il posto ad una più o meno grave depressione all’interruzione della terapia. Altri farmaci associati alle diete dimagranti favoriscono la comparsa di malumore, stanchezza e sedazione; è assolutamente controindicata l’associazione di queste molecole con gli antidepressivi.

 Un buon apporto di acidi grassi essenziali omega 3 garantisce l’integrità e l’ottimizzazione dei rivestimenti mileinici dei neuroni (costituenti la materia bianca cerebrale) a giovamento degli impulsi nervosi; al contrario, una dieta ricca di colesterolo, con un apporto eccessivo di acido arachidonico ed un rapporto inadeguato omega3/omega6 sembra avere un effetto negativo sull’apprendimento, sulla memoria e, a causa del deficit di trasmissione nervosa, sul tono dell’umore (già alterato nella depressione). Ovviamente, una dieta ricca di omega 3 si distingue per l’effetto terapeutico specularmente opposto.

Sebbene abbia poco a che fare con la dieta nella depressione, ricordiamo che l’attività fisica rappresenta il maggior coadiuvante alle terapie farmacologiche per la lotta agli scompensi endocrini tipici di questa patologia; essa induce uno stimolo noradrenergico ed un rilascio endorfinico tali da favorire il miglioramento (più o meno importante a seconda della gravità della malattia) dei sintomi della depressione.

Si potrebe dunque ipotizzare una dieta che possa prevenire la depressione :

• La dieta dovrebbe essere Normocalorica o comunque poco aggressiva e monitorata da uno specialista
• Priva di farmaci anoressizzanti
Moderata in caffeina
• Priva di alcol
• Poverissima di istamina, glutamina e tiramina
• Correttamente ripartita in macronutrienti
• Ricca di acidi grassi essenziali omega3 e povera di colesterolo ed acidi grassi saturi
• Coadiuvata all’attività fisica svolta con regolarità.

Fonti: Agroalimenti e Dintorni

Marcello Cepollaro

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